Non ha nulla di trionfale la Nona di Beethoven diretta da Michele Mariotti al Teatro Regio di Parma. Verrebbe quasi da dire che non ha nemmeno uno sguardo di speranza e di incondizionata fiducia nel futuro, come spesso accade quando sul leggio c’è la grande pagina che chiude il percorso sinfonico del compositore sui versi di Schiller. La Nona sinfonia in re minore diretta da Mariotti sul podio della Filarmonica Arturo Toscanini (sistemata in platea) e del coro del Regio (distanziato sul palco) ha inaugurato, naturalmente in streaming e senza pubblico in sala, la stagione 2021 del Regio – stagione sinfonica, d’opera, di balletto? non si sa perché non si sa cosa si potrà fare in teatro e come lo si potrà fare in questo 2021 di pandemia e vaccini.
Tempi comodi, respiro ampio quello impresso da Mariotti alla Nona che, ascoltata così solenne, diventa una meditazione sul tempo che stiamo vivendo. Un ricordo di una felicità passata che emerge dalle pieghe della musica come in un sogno. Il terzo movimento, prima che agli strumenti si uniscano le voci, diventa quasi un balsamo per un dolore che non è forse così lancinante, ma che non molla, quasi un rumore di sottofondo di una vita che deve fare i conti con un cambio di programma inaspettato.
L’accordo del quarto movimento introduce le voci di Christiane Karg, Veta Pilipenko, Francesco Demuro, Michele Pertusi che ancora una volta evocano la fratellanza tra i popoli auspicata da Schiller. Ma per una volta lo sguardo non riesce ad alzarsi sopra le stelle, la felicità resta sfocata e inafferrabile, quella felicità di cui conosci il sapore, ma che da qualche tempo non riesci a richiamare alla mente. Ci vorrebbe solo il silenzio. Per meditare. Quel silenzio che abbiamo imparato ad ascoltare nei teatri senza pubblico. Silenzio che, però, a Parma è stato rotto dai saluti finali (perché?) del direttore generale del Regio Anna Maria Meo.
Nella foto @Roberto Ricci la Nona di Beethoven al Regio di Parma