Il direttore inaugura la nuova stagione della Filarmonica proponendo le Sinfonie con i metronomi originali
L’impressione è quella di ascoltare un remix. Come quando un brano conosciutissimo viene riorchestrato o riarrangiato e suona in modo diversissimo da quello in cui eravamo abituati a sentirlo. Capace nella nuova veste di illuminarsi di particolari inediti. E illuminanti. Questa volta, però, A suonare in modo inedito non sono canzoni di musica leggera. Ma le Sinfonie di Ludwig van Beethoven suonate al ritmo imposto dai metronomi che lo stesso compositore tedesco aveva scritto in partitura da Riccardo Chailly sul podio della Filarmonica della Scala. Fedeltà al testo, come fa sempre il direttore d’orchestra milanese che va a caccia degli autografi e delle prime versioni delle partiture che mette sul leggio – come capiterà con la Tosca che inaugurerà il prossimo 7 dicembre la stagione del Piermarini. L’impressione, però, fedeltà al testo a parte, è quella di ascoltare un remix rispetto alle versioni che si sentono abitualmente della Sinfonia n.2 in re maggiore e, soprattutto, dell’Eroica, la Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore datata 1805, dedicata a Napoleone, dedica poi cancellata e sostituita con la dicitura «per il sovvenire di un grande uomo».
Suonano diverse, lo si percepisce subito. Più belle o più brutte, impossibile dirlo, questione di gusti. Certo fedeli al dettato originario del compositore. Sul quale, poi, la tradizione e l’interpretazione hanno costruito nel tempo un ventaglio di colori capaci tutti di restituire lo spirito rivoluzionario di Beethoven. Spirito che si percepisce chiaro dal concerto che lunedì 4 novembre ha inaugurato la nuova stagione sinfonica della Filarmonica, con la Seconda e la Terza ascoltate a breve distanza: nel tempo dei venti minuti di intervallo passano due anni, quelli tra il 1803 della Seconda e il 1805 dell’Eroica, ma è come se fosse passata un’era geologica perché Beethoven segna in questo passaggio la sua rivoluzione, abbandona il “manierismo” di un sinfonismo alla Mozart per dire la sua e gettare le basi sulle quali Brahms e Schumann, ma anche Mahler e Bruckner costruiranno i loro percorsi.
Chailly propone un ritorno alle origini con l’integrale delle Nove sinfonie che in questa stagione, in vista delle celebrazioni per i 250 anni dalla nascita del compositore di Bonn (ricorreranno il 16 dicembre 2020), affronta con la Filarmonica, con l’orchestra della Scala e con quella dell’Accademia. Lo aveva già fatto nel 2011 a Lipsia con il Gewandhaus (impresa di cui resta traccia nell’incisione per la Decca). Ora a Milano si cerca di capire l’effetto che fa. La Seconda suona sicuramente più mozartiana specie nello Scherzo e nell’Allegro molto che chiude la pagina, precipitosa nel voler quasi lasciarsi alle spalle quello che sino a lì si è ascoltato. Perché il nuovo, lo si sente in alcuni squarci che fanno presagire la Nona, vuole farsi strada.
Più straniante il remix dell’Eroica che, ascoltata così, tecnicamente funziona, serrata e proiettata nel futuro grazie alla tensione del ritmo imposto da Beethoven con i suoi metronomi: si sentono alla perfezione, grazie alla bella e intensa prova della Filarmonica, tutti i disegni armonici e di contrappunto che il compositore ricama sul pentagramma e in orchestra. È un Beethoven opulento e sontuoso quello che Chailly propone, con un’orchestra dove ci sono nove contrabbassi, lontano dalle esecuzioni seccamente filologiche che nel tempo si sono fatte strada. Non per questo meno originale. Quello che manca, però, è forse lo scavo intimo, l’aspetto emotivo dato da un cambio di passo, da un rallentare o da un correre in avanti: la geometrica compostezza, la linearità della perfezione formale che funziona alla perfezione nei tempi veloci, a volte la si vorrebbe sporcata di sentimento, specie nei tempi lenti, nel Larghetto della Seconda o nella Marcia funebre dell’Eroica dove il passo più spedito dettato dai metronomi va un po’ a discapito di quella tragicità solenne che la pagina sembra suggerire.
Nella foto @Hanninen Riccardo Chailly sul podio della Filarmonica della Scala