La fiaba di Cajkovskij nella versione del coreografo russo Protagonisti Polina Semionova e Timofej Andrijashenko insieme ai tanti talenti di primi ballerini e solisti scaligeri
La coincidenza non è (forse) voluta. Ma Rudolf Nureyev torna al Teatro alla Scala proprio mentre al cinema arriva The white crow, il film di Ralph Fiennes sulla vita del ballerino e coreografo russo. Torna alla grande, con la “sua” Bella addormentata nel bosco. Che, raccontato in termini temporali, è un «balletto wagneriano» perché inizia alle 20 e prima delle 23.30 i coriandoli dorati sulla festa di nozze di Aurora e Désiré non scendono. Certo, raccontato con la leggerezza, ma anche con quello scavo psicanalitico – d’altra parte si parla di una bella ragazza addormentata – quasi da interpretazione dei sogni che porta sempre con sé la musica di Petr Il’Ic Cajkovskij.
Visto dal punto di vista della confezione, invece, il pensiero va (meglio, torna) al cinema, perché quello di Nureyev è un «balletto kolossal»: scene di massa, storia avvincente, molti protagonisti richiesti tanto che il Corpo di ballo schiera primi ballerini, solisti, ma anche talenti che figurano ancora nelle file degli “aggiunti” (pur avendo carisma da principal dancer) per coprire tutti i ruoli in locandina. Ecco La bella addormentata nel bosco, ballettone di Cajkovskij, in scena al Teatro alla Scala nella (splendida) versione che Nureyev ideò (e danzò) proprio per Milano nel 1966, togliendo la polvere dall’originale del 1890 di Marius Petipa. Operazione lungimirante e ancora oggi attualissima, tanto più che l’ultima Bella addormentata vista alla Scala – era il 2015 – metteva in campo un’estetica esattamente opposta con Alexei Ratmansky che era tornato alla versione originale con più pantomima che danza.
Bentornato Nureyev, dunque. Al cinema. E nella sua “casa” italiana con «il balletto dei balletti». Dove la musica non può non ricordarti la colonna sonora del cartone animato della Disney – ti viene da canticchiare sulle note del valzer, rivedi Malefica che sale le scale della torre sul tema di Carabosse. Ricordi d’infanzia impastati di nostalgia. Visti come in un sogno. Che è poi la chiave di lettura della versione coreografica di Nureyev. Per stemperare i toni da fiaba, per guardare a una vicenda fantastica – una ragazza che si punge con un fuso e si addormenta, trascinando con sé nel torpore tutto il suo regno per cento anni, risvegliandosi poi grazie al bacio di un principe – come a un possibile insegnamento per la vita. Storia da rielaborare. Da decodificare. Come capita nei sogni, appunto. Che durino cento anni o una sola notte.
Così Aurora ha il desiderio di conoscere il mondo di un’adolescente di oggi, il principe Désiré è un ragazzo a cui va stretta la vita che ha. Carabosse non è una strega cattiva, ma una donna mossa dall’invidia, il Re che mette al bando fusi e arcolai un uomo che teme la tecnologia. Non lo vedi subito, forse, dietro i costumi sontuosi di Franca Squarciapino. Da fiaba, come le scene che, però, in dentro e fuori da teatro delle meraviglie settecentesco evitano un naturalismo da fondali dipinti e racchiudono l’azione in una stanza. Dentro una coreografia all’ennesima potenza, con la struttura originale che si arricchisce di passi e disegni che sono il marchio di fabbrica di Nureyev, la firma ancora oggi inconfondibile dell’artista scomparso nel 1993. Mancava dalla 2007 questa Bella addormentata. E un po’ si vede. Perché lo stile Nureyev deve essere frequentato (pressoché) quotidianamente, deve entrare nelle gambe dei ballerini per restituirlo al meglio, in piena libertà. Perché oltre la tecnica, difficilissima, chiede interpretazione, chiede la costruzione di un personaggio. Per passare dalle figurine a due dimensioni a una tridimensionalità che ti tira entro nella storia.
Cosa che riesce bene a Polina Semionova, capace di far evolvere la sua Aurora in poco tempo dalla spensieratezza adolescenziale alla paura della fine unendo all’interpretazione tecnica impeccabile e solida e linee armoniche esteticamente perfette. Il suo principe è Timofej Andrijashenko, primo ballerino scaligero in continua e costante crescita tanto sul fronte tecnico che su quello interpretativo, qui impegnato a far emergere il volto umano e tormentato di Désiré. Cast da kolossal, con in scena il meglio del Corpo di ballo della Scala di Frédéric Olivieri.
Parata di primi ballerini con il Re e la Regina di Alessandro Grillo e Marta Romagna, le fate di Martina Arduino e Nicoletta Manni, Virna Toppi come solista del Passo a cinque, Claudio Coviello Uccellino azzurro e Antonella Albano come Gatta bianca. Solisti schierati con Beatrice Carbone ed Emanuela Montanari Carabosse e Fata dei Lillà, Vittoria Valerio Principessa Fiorina, Federico Fresi Gatto con gli Stivali, Maria Celeste Losa e Alessandra Vassallo tra le Fate, Nicola Del Freo nel Passo a cinque e Marco Agostino tra i Principi. Sempre in evidenza Caterina Bianchi, prima Fata e poi solista del Passo a cinque, Gaia Andreanò e Mattia Semperboni, insieme alla presenza carismatica di Gabriele Corrado talento che la Scala ha il lusso di avere tra le fila del corpo di ballo.
Dal podio Felix Korobov sprona l’orchestra (che a tratti, però, si dimostra un po’ fiacca e imprecisa) nel restituire un Cajkovskij non appiattito sulle classiche interpretazioni da balletto, ma capace di evidenziare il peso prima di tutto sinfonico di una partitura che sa ancora raccontare qualcosa delle nostre inquietudini e delle nostre speranze rivestendole di sogni.
Nelle foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala La bella addormentata nel bosco