Le migliori musiche da ascoltare in Quaresima Puntata 6

Il racconto della Passione

Al Qui Lazarum resuscitasti delle suore dei Dialogues des Carmelites idi Poulenc si potrebbe provare a far seguire un punto di domanda. Blanche e Constance affermano la loro fede nella vita oltre la morte evocando la resurrezione di Lazzaro. Nel Vangelo di Giovanni i Giudei accorsi a Betania si chiedono se è proprio Lazzaro quell’uomo che conversa seduto a tavola. Quel Lazzaro che Gesù ha richiamato in vita dopo che già da quattro giorni era nel sepolcro.

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. Gesù ha già lo sguardo rivolto a Gerusalemme. Ma trova ancora una volta del tempo da passare con gli amici. Con la famiglia di Lazzaro. Maria prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.

Johannes Brahms, Ein Deutsche Requiem, «Wie lieblich»

Quanto sono amabili le tue dimore Signore dell’universo!

Beato chi nella tua casa dimora: cantando le tue lodi in eterno

Lieve, come il profumo che invade la stanza di Betania ecco il Salmo 84, Quanto sono amabili le tue dimore. Lo canta il coro nel Requiem tedesco di Johannes Brahms. Pagina del 1868 non è nella forma canonica del Requiem, come in Mozart e Verdi: Brahms scrive una pagina in cui riflette sulla morte attraverso pagine della Bibbia, tratte dai Salmi e dai Vangeli.

A Betania Gesù vive un momento di intimità prima di morire per salvare l’uomo. In Brahms la scrittura racconta la morte, ma anche la fiducia nella Resurrezione. Lo stesso percorso che Gesù fa compiere ai suoi commensali. Perché quella cena non è per un effimero piacere, ma per anticipare qualcosa di quello che accadrà. Giovanni, nella pagina evangelica lo dice chiaro. L’unzione dei piedi, è vero, è un gesto di cortesia secondo la tradizione giudaica. Ma qui diventa profezia. Gesù sa che dovrà patire, che morirà, che sarà sepolto. E l’olio profumato di Betania prefigura gli unguenti che le donne il mattino di Pasqua porteranno al sepolcro, ma che lasceranno inutilizzati perché troveranno la tomba vuota.

Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Si allunga come un’ombra, ancora prima di andare al sinedrio a contrattare, ancora prima di intingere la mano insieme a Gesù nel piatto nel Cenacolo, ancora prima di dare quel bacio nell’Orto degli ulivi, segno inequivocabile concordato con le guardie. Si allunga sinistra la presenza di Giuda.

Giuseppe Verdi, Il trovatore, «Miserere»

Miserere d’un’alma già vicina  alla partenza che non ha ritomo!

Miserere di lei, bontà divina,  preda non sia dell’infernal soggiorno!

Eccola la morte che si insinua nel momento della festa. Ombre lunghe, come nella notte del Trovatore di Verdi, quando risuona lugubre il Miserere per un alma già vicina alla partenza che non ha ritorno come canta il coro che poi implora miserere di lei bontà divina, preda non sia dell’infernal soggiorno. Si dice che alla prima nel 1853 a Roma qualche signora del pubblico, sopraffatta dall’emozione che emanava dalla sinistra pagina, svenne.

Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». E quel Lascia fare sembra rivolto anche a chi vorrebbe fermare il male. A chi chiede cerca di fermare le guardie con la spada, a chi chiede a Gesù di scendere dalla croce, a chi non accetta e fugge. È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Lo dice Gesù poco più in là nel Vangelo. E anche Giuda fa parte di un disegno.

Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata? Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!

Siamo a sei giorni dalla Pasqua. Gesù lascia Betania e va a Gerusalemme. Il giorno seguente, la grande folla che era venuta per la festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a lui racconta Giovanni nel suo Vangelo. Si compie così quel lungo cammino che dal deserto delle tentazioni lo porta alla sua meta. Il percorso è stabilito. Sulla cartina sono cerchiati ed evidenziati gli scenari della Passione: il Cenacolo e il Getsemani, il Sinedrio e il Pretorio, il Calvario e il Sepolcro. E prima, una delle porte di Gerusalemme.

 Wolfgang Amadeus Mozart, Requiem in re minore, «Benedictus»

Davanti ad una di queste porte sembra di sentirlo avanzare, prima timido in mezzo alla folla, poi esplosione di gioia il grido: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!». Come nel Requiem in re minore di Wolfgang Amadeus Mozart. Prima nel Benedictus sussurrato dai solisti, poi nell’esplosione dell’Osanna del coro. Una pagina, il Requiem mozartiano, rimasta incompiuta per la morte, avvenuta il 5 dicembre 1791, del musicista di Salisburgo.

Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: Non temere, figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina. Oggi un re su un asinello, domani, incoronato di spine sulla croce. Ben presto l’acclamazione della folla si spegne. Della festa resta solo un eco lontana quando Gesù sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

Inizia la Passione.

Mentre cenavano si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli. Quando dunque ebbe lavato loro i piedi, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri.

Fin qui Giovanni. L’unico evangelista a raccontarci la lavanda dei piedi. Un momento che Gesù compie prima della cena per congedarsi dagli amici. Una cena che diventa la più grande eredità. La racconta Matteo: il suo Vangelo accompagna tutto il Triduo pasquale nel rito ambrosiano.

Mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati.

Olivier Messiaen, O sacrum convivium

 O sacrum convivium in quo Christus sumitur recolitur

memoria passionis eius mens impletur

gratia et futurae gloriae nobis pignus datur

Olivier Messiaen in questo O sacrum convivium, offertorio in forma di mottetto scritto nel 1937 per la chiesa della Trinità di Parigi, ne rievoca l’atmosfera, ma soprattutto rammenta come ogni volta che magniamo il pane e beviamo al calice facciamo memoria della Passione di Cristo.

Anche i discepoli, nel cenacolo, cantano. Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse ai discepoli: Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare.

Ludwig van Beethoven, Christus am Ölberge, «Ouverture»

Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu! Il tormento. La paura di Cristo. Ludwig van Beethoven le racconta nel suo oratorio Christus am Ölberge, Cristo al monte degli ulivi. Un pagina che racconta in modo drammatico il Getsemani: scritta dal compositore tedesco nel 1801 venne eseguita per la prima volta a Vienna due anni dopo insieme alla Seconda sinfonia e al Terzo concerto per pianoforte e orchestra. La preghiera al Padre e l’accettazione del sacrificio per salvare l’umanità. Poi ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!».

 Giuseppe Verdi, Otello, «Credo»

Credo in un Dio crudel che m’ha creato simile a sé e che nell’ira io nomo.

E credo l’uom gioco d’iniqua sorte dal germe della culla al verme dell’avel.

Vien dopo tanta irrision la morte. E poi? La Morte è il nulla. È vecchia fola il Ciel

Jago nell’Otello di Giuseppe Verdi, capolavoro della maturità andato in scena nel 1887, butta in faccia al pubblico il suo Credo: Credo in un dio crudel. Son scellerato perché son uom. Credo l’uom gioco di iniqua sorte dal germe della culla al verme dell’avel. Un uomo chiuso alla speranza. Che tradisce la fiducia che in lui ha riposto un amico. Come Giuda. Al suo tradimento ne segue un altro. Quello di Pietro. Siamo nel palazzo del sommo sacerdote Caifa. Gesù è sotto processo. Pietro osserva da lontano, nascondendosi per paura di essere indicato come uno di quelli che stavano con Gesù.

Pietro se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

Giuseppe Verdi, La traviata, «Alfredo, Alfredo», atto II

Alfredo, Alfredo, di questo core non puoi comprendere tutto l’amore.

Tu non conosci che fino a prezzo del tuo disprezzo provato io l’ho!

Ma verrà giorno in che il saprai com’io t’amassi confesserai.

Dio dai rimorsi ti salvi allora: io spenta ancora pur t’amerò

Ma cosa c’entra La traviata di Giuseppe Verdi con il rinnegamento di Pietro? Potrebbe sembrare un triplo salto mortale. Siamo nel secondo atto del melodramma verdiano, Violetta che si è sacrificata per amore si vede oltraggiata da Alfredo. Alfredo ha pagato Violetta, svergognandola e offendendola, tradendola. Lei non impreca. Rilancia. Alfredo, di questo core non puoi comprendere tutto l’amore… Ma verrà giorno in che il saprai, com’io t’amassi confesserai. E il pianto di Pietro diventa il pianto di Alfredo e lo sguardo colmo di amore di Gesù diventa lo sguardo di Violetta. Un amore che la donna dice a parole, Gesù, fissando Pietro, con uno sguardo disarmante.

Il sole non vede mai le ombre. Il sole manifesta la nostra opacità, ma lo fa illuminandoci. Simone pensò allo sguardo di Gesù: mai Gesù lo aveva guardato mettendo in evidenza la sua miseria, neanche nel cortile del sommo sacerdote. Lo sguardo di Gesù illuminava sempre, illuminava tutti, persino Giuda, persino coloro che lo crocifiggevano e lo insultavano. Solo noi peccatori vediamo le ombre sul volto degli altri perché il nostro sguardo è privo di luce. Certo, Gesù conosce la nostra opacità, ma il suo cuore non può che amarla, cioè perdonarla, redimerla, salvarla, purificandola con la luce del suo sguardo.

Così Mauro Giuseppe Lepori, abate generale dell’ordine cistercense, racconta lo sguardo di Gesù in quel momento.

Un altro sguardo. E un altro volto. Quello insanguinato e coperto di sputi. Gesù è stato ridotto così dai soldati di Pilato. Così inizia il suo cammino verso il Calvario.

Johann Sebastian Bach, Matthäuspassion, «O Haupt voll Blut und Wunden»

O capo lacerato e ferito, pieno di dolore e derisione.

O capo avvolto per burla, da una corona di spine.

O capo una volta adornato, dei più alti onori e distinzioni

ora grandemente oltraggiato io ti saluto!

Gesù fissa il suo volto su chi incontra, sulle donne, su Simone di Cirene, sulla Veronica, su sua Madre. In questo corale della Matthäuspassion di Bach sembra di sentire lo sguardo pieno di amore di Cristo puntato su di noi. Il musicista tedesco compone la sua Matthäuspassion ripercorrendo il racconto evangelico della Passione e alternandolo con la riflessione dell’uomo di fronte alla sofferenza di Cristo. Come in questo Corale risuonato per la prima volta il Venerdì Santo del 1727 nella Chiesa di San Tommaso di Lipsia. Un Capo lacerato e ferito di fronte al quale vorresti chiudere gli occhi. Come vorresti chiuderli di fronte allo spettacolo della croce. Perché le tre croci del Calvario, che si stagliano in controluce sul cielo che si addensa di nubi, ti buttano in faccia la morte.

Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». E Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

Frazn Joseph Haydn, Le ultime sette parole del Nostro Redentore in Croce, «Terremoto»

Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono.

Il terremoto che sconvolse il mondo dopo la morte di Cristo Franz Joseph Haydn lo mette in chiusura delle sue Ultime sette parole del Nostro Redentore in Croce scritte per le celebrazioni del Venerdì Santo del 1785 della Cattedrale di Cadice.

Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro. Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria.