A Roma il direttore sul podio per il capolavoro di Donizetti proposto in versione integrale per riscoprirne la teatralità
Fosse una serie televisiva Riccardo Frizza sarebbe arrivato alla quarta stagione. Forse, però, la saga dei Tudor raccontata in musica da Gaetano Donizetti una serie lo è. Certo, d’altri tempi. E musicale. Perché nell’Ottocento (chiaramente) non c’era la televisione, ma la gente si appassionava alle storie di re e regine, specie della monarchia inglese. Un po’ come capita oggi con Harry e Megan, con William e Kate, con Carlo e Camilla. O con i vari Games of thrones. Le serie che appassionavano gli spettatori dell’Ottocento erano quelle dedicate a Enrico VIII e a tutte le sue mogli, a Roberto Devereux, a Maria Stuarda, ad Elisabetta I e alla mamma di lei Anna Bolena. Proprio con la regina, seconda moglie di Enrico VII – e da questo mandata al patibolo – Riccardo Frizza arriva alla quarta stagione della sua personale serie sui Tudor secondo Donizetti. «Dopo aver diretto Maria Stuarda, Roberto Devereux a San Francisco e lo scorso novembre al Donizetti opera festival di Bergamo il più raro Castello di Kenilworth ora chiudo il ciclo dirigendo per la prima volta in forma scenica Anna Bolena». Il direttore d’orchestra bresciano da mercoledì 20 febbraio (e sino al 1 marzo) è sul podio del Teatro dell’Opera di Roma per un nuovo allestimento del capolavoro del compositore bergamasco, andato in scena per la prima volta al Carcano di Milano nel 1830, firmato dal regista Andrea De Rosa. «Della vita di Anna vediamo solo la parte finale, il ripudio e il patibolo. De Rosa nel raccontare questo ha ben presente il valore storico del personaggio e lo mette in scena con un ottimo cast: Maria Agresta debutta nel ruolo di Bolena, Carmela Remigio in quello di Giovanna Seymour. Alex Esposito è Enrico VIII, René Barbera Riccardo Percy» racconta Frizza, donizettiano doc, direttore musicale del Donizetti opera festival di Bergamo «dove ogni anno proponiamo le edizioni critiche delle opere del compositore».
Come a Roma, maestro Frizza, dove ha sul leggio la versione integrale di Anna Bolena.
«Una scelta condivisa con il teatro e con tutto il cast. C’è una nuova generazione di artisti che capisce l’importanza di fare le opere riaprendo tutti i tagli che la prassi esecutiva ha imposto: riproporre le opere di Donizetti in versione integrale è doveroso e utile per apprezzare ancora di più la grandezza del teatro del musicista bergamasco. I tagli alleggerivano sì le parti vocali, ma escludevano i momenti più interessanti, dinamici e teatrali della partitura facendo perdere la visione d’insieme del racconto musicale: queste sforbiciate facevano sì che Anna Bolena sembrasse un’opera belliniana, definizione che in parte è vera, ma che non esaurisce il senso e la grandezza della partitura dove Donizetti sperimenta nuove strade per il melodramma. Come musicisti abbiamo il dovere di proporre tutto questo al pubblico».
Una riscoperta di Donizetti sul modello della Rossini renaissance lanciata da Pesaro?
«Il modello è sicuramente quello che dagli anni Ottanta ha visto la riscoperta e la rivalutazione di tutto il teatro musicale di Rossini, non solo le opere buffe, ma soprattutto i grandi capolavori seri. A Bergamo il percorso che abbiamo iniziato va in questa direzione: Donizetti è noto per il belcanto, ma penso si debba riscoprirne l’aspetto teatrale, la forza drammaturgica che metteva nei suoi racconti musicali: lo si fa mettendo sul leggio le edizioni critiche che permettono di ascoltare l’opera così come il compositore l’aveva immaginata. È stata riscoperta la teatralità di Maria Stuarda e quella del Roberto Devereux, a novembre abbiamo riportato alla luce Il castello di Kenilworth. Ora tocca ad Anna Bolena».
Titolo che, inevitabilmente, fa pensare alle grandi interpreti che in un passato remoto, ma anche recente hanno vestito i panni della sfortunata regina, un nome su tutti quello di Maria Callas.
«Negli anni, certo, ci sono stati grandi interpreti che hanno lasciato un segno indelebile. Voci che indubbiamente restano un punto di riferimento per come hanno restituito il belcanto. Ma penso che occorra anche affrancarsi dal passato, guardare avanti e insieme alla strada del belcanto percorrere quella della teatralità della musica di Donizetti. Come è stato fatto per Giuseppe Verdi. A Bergamo questo è uno dei nostri obiettivi. Per l’edizione 2019, in programma tra novembre e dicembre, proporremo l’edizione critica per Ricordi di Roger Parker della Lucrezia Borgia: il materiale è molto e stiamo lavorando per realizzare una drammaturgia che renda giustizia a tutte le scoperte fatte negli studi».
Sarà lei a dirigere la Borgia. E dovrebbe essere suo il podio anche per L’ange de Nisida, opera che si credeva perduta, ma poi ritrovata a Parigi.
«L’ha scoperta alla Bibliotheque national de France la musicologa Candida Mantica che ne ha curato poi l’edizione critica. È stata eseguita a Londra in forma di concerto, noi la faremo per la prima volta in versione scenica: la faremo al Teatro Donizetti che riaprirà appositamente per quest’occasione per poi richiudere per la fase finale dei restauri. L’ange de Nisida, datato 1840, non andò mai in scena: Donizetti prese le linee melodiche e le porto nella Favorita dove la storia diversa e dove c’è molto materiale musicale nuovo. Ho studiato L’ange a lungo, l’ho suonato interamente al pianoforte gustando la profondità e la maturità della partitura».
Altro titolo in cartellone a Bergamo Pietro il grande.
«È un’opera del 1819, una partitura giovanile, buffa sulla falsariga dell’Enrico di Borgogna che abbiamo proposto quest’anno. Anche in questo caso l’orchestra suonerà su strumenti d’epoca per far capire al pubblico le sonorità che si ascoltavano allora».
Dopo Bolena e prima dell’autunno donizettiano l’aspetta Giuseppe Verdi.
«Una primavera all’insegna della maturità verdiana con Falstaff negli Stati Uniti, a Dallas, e Aida a Venezia. In Laguna avrò Francesco Meli come Radames e Roberta Mantegna che debutta nel ruolo del titolo, voci più liriche che spinte come si sente spesso quando in cartellone c’è questo titolo. E la Fenice è la cornice ideale per ritrovare le sonorità cameristiche, le leggerezze e le trasparenze che Verdi ha messo nella sua partitura».
Inevitabile, per lei tifoso nerazzurro, la domanda sull’Inter. Come siamo messi?
«Sarei tentato di dire abbastanza male. Ma penso che questo periodo di difficoltà può decretare o la fine definitiva o la svolta della squadra. Le vittorie a Vienna e a San Siro contro la Sampdoria vanno in una direzione che mi fa ben sperare. Purtroppo la società del dopo Moratti ha sempre dimostrato di non avere in mano la situazione: ora Marotta è venuto per mettere ordine e questo è giusto e necessario. Se il pugno duro con Icardi è il prezzo da pagare per dimostrare al gruppo che occorre disciplina mi va bene che questo prezzo si paghi».
Agresta e Remigio regine rivali nella regia di Andrea De Rosa
Sei repliche, dal 20 febbraio al 1 marzo, per il nuovo allestimento di Anna Bolena di Gaetano Donzetti che va in scena al Teatro dell’Opera di Roma con Riccardo Frizza sul Podio e Andrea De Rosa in regia (dopo aver già realizzato per la Capitale Maria Stuarda. Scene di Luigi Ferrigno da un’idea di Sergio Tramonti, costumi di Ursula Patzak, luci di Enrico Bagnoli per uno spettacolo (coprodotto con l’Opera nazionale lituana) che porta il racconto in uno spazio vuoto, non descrittivo, ma evocativo della storia. Maria Agresta debutta nel ruolo di Bolena, Carmela Remigio in quello di Giovanna Seymour. Alex Esposito è Enrico VIII, René Barbera Riccardo Percy, Martina Belli Smeton. Nelle ultime due repliche in scena Francesca Dotto e Paola Gardina, Dario Russo e Giulio Pelligra.
Nelle foto @Yasuko Kageyama Opera di Roma Anna Bolena