A Piacenza concerto a sostegno della Villa di Sant’Agata Appello del direttore: «L’Italia non dimentichi i giovani»
L’appello è quello accorato. Di Sempre, «Dico sempre le stesse cose perché siamo sempre nella stessa situazione» dice serio Riccardo Muti dal palco del Teatro Municipale di Piacenza. Un piede sul podio, un piede sul gradino. In mano il microfono. Serio, come sa farsi il maestro mettendo da parte per un attimo la sua napoletanità. «Lo dico ai politici di oggi, al ministro della Cultura Sangiuliano che è seduto qui. Diamo possibilità a questi ragazzi di far sì che loro possano attraverso la musica migliorare la qualità dei loro coetanei e delle prossime generazioni».
I ragazzi sono quelli dell’Orchestra giovanile Luigi Cherubini, seduti ai leggii dopo il trascinante concerto verdiano che ha chiuso Viva Verdi! il lungo cartellone messo in campo da febbraio dal governo per l’acquisizione e la valorizzazione della casa museo del compositore di Traviata e Nabucco, la villa di Sant’Agata di Villanova sull’Arda a rischio chiusura perché al centro di una contesa tra gli eredi. «Villa Verdi è un patrimonio che deve rimanere in mani pubbliche. Come ministero abbiamo accantonato la somma necessaria all’acquisto. Aspettiamo solo il via libera dei tribunali, pronti ad esercitare il diritto di prelazione» dice il ministro Sangiuliano, annunciando poi il varo «di un progetto in collaborazione con la Regione Emilia Romagna per creare una fondazione che gestirà un itinerario verdiano con al centro proprio Villa Verdi».
I ragazzi della Cherubini – che nel 2024 festeggerà i vent’anni di vita –, ma anche i ragazzi di tutti i Conservatori italiani. «In migliaia ogni anno studiano e si diplomano con tanti sacrifici, ma rischiano di dover appendere lo strumento al muro. E questo è un crimine» dice duro il maestro che ricorda che «mentre a Seoul ci sono ben diciotto orchestre, nella sola città di Seoul, non in tutta la Corea del Sud, in Italia ci sono ancora Regioni senza orchestre e senza teatri». Ecco l’appello di Muti perché «il nostro paese che come nessun altro ha fatto la storia della musica non si dimentichi i suoi giovani musicisti».
Giovani che suonano Verdi benissimo. Muti li trascina in un viaggio dalle opere giovanili del compositore delle Roncole – ci sono, immancabile, Nabucco con la Sinfonia e il Va’ pensiero scolpito nel canto dal coro del Municipale come il Patria oppressa del Macbeth e la febbricitante Sinfonia di Giovanna d’Arco – a quelle della maturità con la Sinfonia dei Vêpres sicilliennes e quella de La forza del destino alla quale si aggiunge la preghiera della Vergine degli angeli e l’intensa Ave Maria dell’Otello (e venerdì era l’8 settembre, la Natività della Vergine Maria) con le voci di Benedetta Torre e Riccardo Zanellato.
Il Verdi di Muti, che ieri sera lo ha portato al Teatro Donizetti di Bergamo nel calendario delle iniziative per Bergamo Brescia Capitale italiana della cultura 2023, ha un sapore antico e allo stesso tempo modernissimo, arriva con una immediatezza disarmante, lontano da qualsiasi retorica. «Verdi è il più seguito, il più amato, ma anche il più bistrattato dei compositori» dice amaro il direttore. Che, una volta posata la bacchetta, torna a definire un «crimine» la scarsità di orchestre in Italia. «Perché l’orchestra è un modello sociale, ci sono suoni diversi che poi si fondono in una sinfonia, come succede nella società dove ci sono idee diverse che si devono armonizzare per il bene comune». E allora l’educazione musicale «non è insegnare a suonare il flauto, ma è trasmettere attraverso la musica un modello di società».
Nelle foto @Edoardo Formaciari il concerto al Municipae di Piacenza
Articolo pubblicato su Avvenire del 10 settembre 2023