È diventato un caso politico – anzi no, perché già lo era diventato subito dopo il licenziamento dello scorso giugno – il reintegro di Stephane Lissner ai vertici del Teatro San Carlo di Napoli deciso dal giudice del lavoro di Napoli Clara Ruggiero, che ha accolto in via cautelare il ricorso dell’ex sovrintendente e direttore artistico del teatro partenopeo. Il manager francese ha impugnato l’interruzione del suo contratto, arrivata in anticipo di due anni rispetto alla scadenza prevista per il 2025, per effetto del decreto legge approvato dal governo Meloni lo scorso maggio. Un testo che estende anche ai manager stranieri il limite dei 70 anni, già in vigore per gli italiani, per i sovrintendenti delle fondazioni lirico-sinfoniche.
Esulta il Pd che l’indomani dell’approvazione del decreto aveva parlato di provvedimento ad personam voluto dal governo per mettere al vertice del San Carlo Carlo Fuortes, amministratore delegato della Rai, da sempre uomo di centrosinistra, in uscita dal servizio pubblico dopo la vittoria del centrodestra alle elezioni di ottobre 2022.
«Per le fondazioni lirico-sinfoniche, si prevede il divieto di ricevere incarichi, cariche e collaborazioni per coloro che hanno compiuto il settantesimo anno di età. Il Sovrintendente delle medesime fondazioni cessa in ogni caso dalla carica al settantesimo anno; i Sovrintendenti attualmente in carica, che hanno compiuto i 70 anni di età alla data di entrata in vigore del decreto, cessano l’incarico a decorrere dal 1 giugno 2023» il testo del comunicato del Consiglio dei ministri che varò il decreto. Il 1 giugno l’addio di Lissner a Napoli e ad agosto, in effetti, la nomina di Fuortes. Oggi Lissner, che dovette dire addio all’Opera di Parigi proprio per effetto di un analogo limite in vigore in Francia e fissato a 65 anni, parla di «atto di giustizia» e attende di essere reintegrato al San Carlo. Teatro dove arrivò nel 2020 (mantenendo per quasi un anno il doppio incarico con l’Opera di Parigi) chiamato dall’allora ministro della Cultura Franceschini che per averlo trovò un’eccezione (applicata anche all’austriaco Alexander Pereira al maggio musicale fiorentino) alla legge Madia che impediva a pensionati stranieri di ricoprire incarichi pubblici in Italia.
«Un atto di giustizia, dopo mesi trascorsi in un ‘limbo’ che non meritavo io, ma soprattutto non meritavano il Teatro San Carlo e la città di Napoli. Oggi, il Tribunale di Napoli ha dato il primo segnale, fondamentale, di come il mio licenziamento sia stato un atto illegittimo e ad personam, privo di quei contenuti di civiltà giuridica che devono guidare ogni ordinamento democratico» ha detto, non senza enfasi e richiami a un presunto vulnus democratico, subito dopo il pronunciamento Lissner che dal 2005 al 2015 aveva già guidato, sempre nel doppio ruolo di sovrintendente e direttore artistico, il Teatro alla Scala. «Vedo in questa decisione un legame inscindibile con la dimensione europea di cui l’Italia, Napoli e lo stesso Teatro San Carlo sono espressioni autentiche e costitutive. Ora, sono a disposizione per svolgere il mio incarico insieme alle straordinarie persone che lavorano nel teatro» conclude il manager francese che, in attesa di una decisione nel merito, risulterebbe dunque reintegrato nelle sue funzioni, attualmente ricoperte da Fuortes.
«La revoca ante tempus, rispetto alla naturale scadenza, del contratto di lavoro in corso di Stephane Lissner avente ad oggetto l’incarico di sovrintendente e direttore artistico del Teatro San Carlo deve ritenersi illegittima non rientrando il suo caso nello spettro di applicazione della norma» scrive il giudice nell’ordinanza di reintegro, aggiungendo che «qualora la disposizione fosse stata applicabile al sovrintendente sussistevano i requisiti per sollevare una questione di legittimità costituzionale del decreto legge del governo».
Per ora, in attesa di un chiarimento, al San Carlo restano due sovrintendenti, Fuortes e il reintegrato Lissner. E si guarda al Teatro alla Scala perché il sovrintendente Dominique Meyer compirà 70 anni nel 2025, quando scadrà il suo mandato al Piermarini. Il decreto del governo ne impedisce di fatto il rinnovo, ma Meyer, avverte: «La Scala ha uno statuto particolare. Non siamo una amministrazione pubblica. Bisogna studiare il testo per capire se si applica anche a noi».