Il sovrintendente Meyer presenta la nuova stagione
Oltralpe lo chiamano «profilo». Ed è il biglietto da visita, la carta di identità di un teatro. Quello che lo rende riconoscibile, nei dintorni, nel mondo. E quando dici «profilo», in Germania e in Austria e in Francia e nelle “case” liriche del Nord Europa, intendi titoli, registi – titoli e registi forse ancora più che direttori ed interpreti tanto che si lavora a lungo per avere una «posizione di profilo» esclusiva che può essere un titolo contemporaneo, un allestimento off topic, fuori dal teatro, che apra una nuova via interpretativa – intendi titoli e registi che identificano quel teatro. Il marchio di fabbrica che va al di là di chi lo propone, perché è legato a quel luogo, a quel modo di fare teatro, a quel taglio drammaturgico che si imprime alle riletture dei grandi classici del melodramma. In Italia il marchio di fabbrica, il «profilo» è legato ai sovrintendenti, tanto che i vari manager che si spostano da una fondazione all’altra – Lissner dalla Scala al San Carlo passando per Parigi, Pereira dalla Scala a Firenze (sappiamo poi, ahimè, come è andata) – si portano, prendere o lasciare, il loro pacchetto di direttori, cantanti, registi, scenografi, costumisti… e anche titoli (Pereira, ad esempio, ovunque vada fa Ariadne e ama mettere in cartellone Fledermaus).
Al Teatro alla Scala oggi la storia è un po’ diversa. Intanto perché il marchio di fabbrica, il profilo è il teatro stesso. «Il primo teatro lirico italiano che ha l’onore e l’onere di presentare il repertorio italiano, anche quello più complesso e rischioso da mettere in scena» dice il sovrintendente Dominuque Meyer, identificando bene l’altro «profilo» tutto milanese e scaligero, il repertorio italiano, appunto. Meyer che sì ha i suoi “tic” (se così possiamo chiamare i pacchetti che dicevamo prima, le squadre di direttori, cantanti, registi, scenografi, costumisti …) ma non più di tanto, non in modo così marcato come altri illustri colleghi – defenestrati dalla politica o prossimi al defenestramento visto il tetto di settant’anni che il governo vuole mettere anche per chi guida una fondazione lirico-sinfonica.
Tanto è vero che la stagione 2023/2024 del Piermarini, presentata da Meyer insieme al direttore musicale Riccardo Chailly e al sindaco di Milano, presidente del cda scaligero, Beppe Sala, non ha un «profilo» specifico. E non è necessariamente una connotazione negativa, intendiamoci. È una stagione dal marchio Scala, che prende il meglio dal panorama della lirica internazionale – certo, ci sono anche alcune scelte che lasciano perplessi, alcune scelte di prudenza con titoli affidati a interpreti che quei ruoli li hanno già debuttati altrove… ma la stagione perfetta non esiste se non nelle fantasie dei melomani che giocano alla fantalirica improvvisandosi sovrintendenti o direttori artistici perché, come al lunedì mattina al bar quando siamo tutti allenatori di calcio, hanno la certezza di sapere come organizzare al meglio un cartellone (e a volte pretendono di farlo anche buttando in faccia le loro idee ai vertici dei teatri o fischiando chi nella loro concezione non è adatto a quel ruolo – ma questa è un’altra storia).
Riccardo Chailly e Dominique Meyer foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala
Il 7 dicembre Don Carlo di Verdi con Anna Netrebko
Una stagione, si diceva, dall’inconfondibile marchio Scala. Molto incentrata sul repertorio italiano. La stagione «dei grandi direttori» come l’ha definita Meyer (ma anche i registi sono di tutto rispetto). Sarà il Don Carlo di Giuseppe Verdi ad inaugurare il prossimo 7 dicembre la nuova stagione del Teatro alla Scala. Sul podio, come ogni Sant’Ambrogio, il direttore musicale del Piermarini, Riccardo Chailly, che avrà sul leggio la versione in quattro atti del 1884, «quella che Verdi approntò proprio per Milano e che proporremo senza i tagli di tradizione» anticipa Chailly che in regia ritrova Lluis Pasqual «che insieme allo scenografo Daniel Bianco e alla costumista Franca Squarciapino, ha pensato a uno spettacolo nuovo, apparentemente forse semplice dal punto di vista dell’immagine, ma ricco di grande suggestione e coerenza». Cantano Francesco Meli, Anna Netrebko, Luca Salsi, Elīna Garanča, René Pape – tutti interpreti collaudati nei rispettivi ruoli. «Abbiamo pensato a lungo a Don Carlo, ma lo abbiamo programmato solo quando abbiamo avuto la certezza del cast, non prima. Perché il titolo verdiano non lo si può programmare a tavolino, si deve pensarlo solo in presenza di voci che possano affrontarlo». Quinta volta che Don Carlo inaugura la stagione, l’ultima volta nel 2008 con Daniele Gatti sul podio, prima nel 1992 con la bacchetta di Riccardo Muti e la voce di Luciano Pavarotti. «E io ero in sala sia nel 1968 che nel 1978 quando Claudio Abbado diresse il capolavoro verdiano» racconta Chailly che dopo il percorso sul primo Verdi, tra Giovanna d’Arco, Attila e Macbeth, affronta il capolavoro della maturità che ha già diretto ad Amsterdam.
Kirill Petrenko foto @Wilfried Hösl
Rosenkavalier con Petrenko, nuovo Ring per Thielemann
Don Carlo primo di quattordici titoli d’opera della stagione 2023/2024 presentata, appunto, dal sovrintendente Meyer come la «stagione dei grandi direttori». Perché alla Scala arriverà (finalmente) Kirill Petrenko, «il direttore dei Berliner philharmoniker, che scende raramente in buca, dirigerà il Rosenkavalier di Strauss. E poi inizieremo un nuovo Anello del Nibelungo con la bacchetta di Christian Thielemann, il più grande direttore wagneriano di oggi, e la regia di David McVicar che completeremo nella primavera del 2026, presentando due cicli del Ring» annuncia Meyer. Due titoli che arriveranno a ottobre del 2024, in chiusura di stagione. Il 12 ottobre Rosenkavalier torna nell’allestimento in controluce del compianto Harry Kupfer. Krassimira Stoyanova e Günter Groissböch sono ancora una volta la Marescialla e il Barone Ochs, Kate Lyndsey è Octavian, Sabine Devieilhe Sophie mentre il Sänger è Piero Pretti. Il Ring inizia il 28 ottobre dal Prologo, il Rheingold con la bacchetta di Thielemann e le voci di Michael Volle (Wotan) Johannes Martin Kränzle (Alberich) Okka van der Damerau (Frika). McVikar firma anche le scene insieme a Hannah Postlethwaite mentre i costumi sono di Emma Kingsbury di tutti i quattro capitoli: Die Wälkure debutta il 5 febbraio 2025, Siegfried il 6 giugno dello stesso anno mentre Götterdämmerung va in scena il 1 febbraio 2026, prima di due cicli completi del Ring tra febbraio e marzo. Camilla Nylund sarà Brünhilde, Klaus Florian Vogt prima Siegmund e poi Siegfrid, Elza van den Heever Sieglinde, Nina Stemme Waltraute nel Crepuscolo.
Christian Thielemann foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala
Torna Muti con la Chicago, 14 opere e sessanta concerti
Non solo Petrenko e Thielemann. Il sindaco di Milano Sala, presidente del consiglio di amministrazione del Piermarini, saluta con soddisfazione «il ritorno di Riccardo Muti con la Chicago Symphony» che avverrà il 27 gennaio del 2024. E poi Michele Mariotti per il Guillaume Tell, versione (monumentale) francese del capolavoro di Gioachino Rossini, Alain Altinoglu il 10 giugno sul podio del Werther di Jules Massenet «che segna il debutto alla Scala del regista Christof Loy e l’arrivo del più grande Werther di oggi, Benjamin Bernheim» dice Meyer, e Daniel Harding per Turandot di Giacomo Puccini che il 28 giugno vedrà Anna Netrebko vestire anche alla Scala i panni della Principessa accanto a due Calaf, il marito Yusiv Eyvazov e Roberto Alagna – nuova regia di Davide Livermore.
E ancora Giovanni Antonini per L’Orontea di Cesti, in scena il 26 settembre 2024 con Stéphanie d’Oustrac, Carlo Vistoli e Sara Blanch, «nuovo capitolo del progetto dedicato al Barocco italiano affidato alla regia di Robert Carsen» dice Meyer. Thomas Guggies, pupillo di Daniel Barenboim, sale sul podio per Il ratto dal serraglio di Wolfgang Amadeus Mozart che dal 25 febbraio viene riproposto nella storica e poetica regia di Giorgio Strehler con Jessica Pratt nei panni di Konstanze. Sul fronte sinfonico ecco Ingo Metzmacher che il 22 gennaio dirige Como una ola de fuerza y luz di Luigi Nono, Daniele Gatti che il 22 aprile dirige la Filarmonica nella Nona di Mahler, Myung-Whun Chung che il 21 gennaio porta il Concertgebow, Esa-Pekka Salonen che il 9 novembre arriva con la Philarmonia di Londra.
Riccardo Muti e la Chicago symphony foto @Todd Rosenberg
Da Daniele Abbado a Chiara Muti, figli d’arte in regia
Grandi direttori sul podio e figli d’arte in regia. Daniele Abbado, figlio di Claudio, mette in scena il Simon Boccanegra verdiano, storico cavallo di battaglia del padre che, grazie ad un accordo con le Teche Rai, sarà presto disponibile on demand su LaScalaTv insieme all’Otello di Kleiber e Zeffirelli e al Macbeth di Abbado e Strehler. Debutto il 1 febbraio con Luca Salsi nei panni del protagonista, Eleonora Buratto che veste i panni di Amelia, Charles Castronovo quelli di Gabriele Adorno e Ain Anger quelli di Fiesco mentre Roberto De Candia canta Paolo albiani. Chiara Muti lavora al Tell rossiniano, titolo che alla Scala manca dal 1989 quando lo diresse proprio il padre Riaccado: prima il 20 marzo, Michele Pertusi è Guglielmo Tell, Dmitry Korchak Arnold e Marina Rebeka Mathilde. Irina Brook, figlia di Peter, firma un nuovo allestimento de La rondine. A dirigere il tiolo pucciniano sarà Chailly «Proporremo la prima versione del 1917, non però quella della prima di Monte Carlo, ma l’edizione critica approntata da Ricordi sul manoscritto trovato negli archivi di Torre del Lago. Cento battute mai ascoltate renderanno giustizia a questo capolavoro che non è affatto un’operetta. E Irina Brook toglie a Rondine quella patina oleografica che spesso la accompagna, rendendola un racconto molto moderno » dice il direttore. Cantano Mariangela Sicilia, Matteo Lippi e Rosalia Cid.
«Con Damiano Michieletto abbiamo un progetto a stagione per i prossimi anni» annuncia Meyer. Si incomincia il 14 gennaio con Médée di Luigi Cherubini, «versione francese del titolo che mancava dai tempi delle mitiche recite di Maria Callas» spiega Meyer che come protagonista ha voluto Sonya Yoncheva (il soprano bulgaro ha cantato il ruolo di recente a Berlino con Daniel Barenboim) accanto al Jason di Stanislas de Barbeyrac. Squadra dei fedelissimi di Michieletto, scene di Paolo Fantin, costumi di Carla Teti, luci di Alessandro Carletti. Sul podio, dove doveva esserci Antonello Manacorda, salirà invece Michele Gamba. Non mancano le riprese. L’abbinata Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni e Pagliacci di Ruggero Leoncavallo tona il 16 aprile nello spettacolo di Mario Martone con la bacchetta di Giampaolo Bisanti e le voci di Elīna Garanča e Brian Jadge, Irina Lungu e Fabio Sartori insieme a quella di Amartuvshin Enkhbat. L’11 giugno riappare il Don Pasquale di Gaetano Donizetti nell’allestimento di Livermore/Giò Forma/Gianluca Falaschi diretto da Elelino Pidò con ambrogio Maestri, andrea Carroll e Lawrence Brownlee. Ultimo titolo è quello dell’Accademia con i ragazzi che si cimentano con Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota diretto da Donato Renzetti.
Il ratto dal serraglio di Mozart foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala
Una nuova Coppelia di Ratmansky apre le danze
Oltre 250 alzate di sipario, nove serate di balletto: il cartellone del direttore del Corpo di ballo Manuel Legris parte il 17 dicembre con una nuova Coppelia di Alexey Ratmansky, ripropone dal 28 febbraio Madina di Fabio Vacchi e Mauro Bigonzetti con Roberto Bolle, programma per il 19 aprile la terza edizione del Gala Fracci, offre la possibilità di rivedere il 26 maggio La bayadère di Rudolf Nureyev, l’8 luglio L’histoire de Manon di Kenneth Mac Millan e il 25 settembre La dame aux camelias di John Neumeier. Due serate mix, il 7 febbraio con lavori di garrett Smith, Sol Leòn e Pail Lightfoot e Simone Valastro, l’8 novembre l’abbinata George Balanchine, con Theme and Variatons, e Jerome Robbins, con Dance at Gathering e The concert. Il 18 maggio spazio allo spettacolo della Scuola di ballo diretta da Frédéric Olivieri.
La bayadere foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala
Ricco, anche in collaborazione con le scuole, il cartellone dei Grandi spettacoli per i piccoli, da Il piccolo principe di Pierangelo Valtinoni al Piccolo spazzacamino di Benjamin Britten alle sorelle Labèque che insieme ad Alessandro Baricco propongono Il carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns e Ma Mére l’Oye di Maurice Ravel. Oltre sessanta appuntamenti con i concerti tra sinfonica, musica da camera, recital di canto (tra gli altri Juan Diego Florez, Lisette Oropesa, Christian Gerhaher, Rosa Feola e Roberto Alagna), recital pianistici (immancabile Maurizio Pollini, torna Hélène Grimaud) e concerti straordinari: il Collegiun vocale Gent con Philippe Herreweghe il 25 marzo porta la Passione secondo Matteo di Bach, Les musiciens du Louvre diretti da Marc Minkowski propongono l’8 febbraio Alcina di Haendel, Les arts florissants e William Christie il 30 giugno la Fairy Queen di Purcell. Tre gli anniversari celebrati da Chailly che il 13 settembre chiude la stagione sinfonica con i Gurre-Lieder di Arnold Schömberg (complessi scaligeri e coro della Bayerischen runfunk): il 7 maggio 2024 i duecento anni della Nona di Beethoven, il 23 maggio per ricordare i centocinquant’anni dalla prima assoluta il direttore porterà in San Marco, dove risuonò per la prima volta, la Messa da Requiem di Verdi mentre il 29 novembre a cento anni dalla morte di Puccini dirigerà pagine del compositore con Anna Netrebko e Jonas Kaufmann impegnati nel quarto atto della Manon Lescaut (proprio mentre i due saranno in prova per il prossimo titolo inaugurale che dovrebbe essere La forza del destino di Verdi).
Riccardo Chailly foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala
Conti ok e rispamio energetico, Sala promuove Meyer
«Il teatro è ben gestito e i conti sono in ordine. Una cosa che non va data per scontata» dice il sindaco di Milano Sala rinnovando piena fiducia nei vertici del Teatro alla Scala. E stoppa le polemiche sul rinnovo del contratto sovrintendete Meyer dopo il 2025 per via del limite a settant’anni per i manager messo dal governo. «Il quadro legislativo è incerto. Il governo faccia chiarezza. Dunque per ora non si parla del nuovo sovrintendente, un tema che ho congelato anche il consiglio di amministrazione. Meyer ha il diritto e il dovere di lavorare e programmare anche oltre il 2025» taglia corto Sala ribadendo «la mia soddisfazione e quella di tutto il cda per un cartellone ricco, con tante novità e grandi interpreti». Tanto più che, dice il primo cittadino, «in un momento difficile si è continuato a guardare avanti e non ci si è accontentati di proporre buone stagioni sedendosi sui buoni risultati ottenuti». L’aspetto artistico, ma anche quello gestionale nell’orizzonte di Sala. «A breve completeremo lavori per palazzina di via Verdi significativa dal punto di vista tecnologico per il miglior funzionamento del teatro. E poi partiremo con il polo di Rubattino».
Prezzi invariati con l’accorgimento di eliminare il 20% di prevendita: una poltrona di platea per un’opera costa comunque sempre 300 euro, dunque una sorta di aumento in qualche modo c’è stato, mentre un ritocco all’insù è stato fatto per la sera di Sant’Ambrogio con il biglietto che passa da 3mila a 3mila e 200 euro. Gli abbonati continuano a non pagare la prelazione, una poltrona di platea in abbonamento, per le 14 prime liriche, costa 2940 euro, 2130, invece, quella per dieci titoli. Sette prime di balletto in platea costano 905 euro, cinque, invece, 670 euro. Biglietto più conveniente, un ingresso a 10 euro. «La salute del teatro è molto buona. Abbiamo ridotto i consumi del gas del 22% e di elettricità del 15%. Abbiamo pareggiato i conti durante gli anni del Covid e avuto un utile da 700mila euro. Poi c’è stata la guerra e abbiamo perso i turisti russi e quelli dell’Estremo Oriente. Nonostante questo il pubblico è tornato e numeroso: il 30% è di turisti stranieri, che non sono turisti per caso, ma prenotano per tempo sapendo bene cosa vogliono ascoltare» racconta Meyer spiegando poi che nel primo quadrimestre del 2023 si è raggiunta una saturazione media della sala di oltre il 90%, migliore del pre Covid. Una saturazione vera perché sono biglietti venditi al prezzo effettivo e non svenduti all’ultimo momento tanto che i biglietti last minute sono diminuiti del 46% rispetto alla stagione 2019 e i ricavi a recita sono aumentati del 25%». E se in cinque mesi sono già stati venduti un milione e 700 mila biglietti, il sovrintendente segnala con orgoglio che «uno spettatore su tre ha meno di 35 anni e abbiamo più spettatori con meno di 35 anni che spettatori che hanno superato i 55».