La straordinaria storia del musicista nato senza braccia che con l’Orchestra sinfonica di Milano in prima italiana esegue il Concerto per corno scritto per lui da Martinsson «Giro da solo, amo cucinare e giocare alla PlayStation»
«Se vedeste il mondo dal mio punto di vista non trovereste nulla di così strano». Una frase buttata lì durante la conversazione. Un sorriso, perché, forse, sa che nello sguardo di chi incontra la domanda può sorgere. E sorgere. «Come fa?». Lui non si scompone. «Sono nato senza braccia e ho imparato a vivere usando i piedi. Niente di più naturale, come imparare una lingua, come imparare a camminare, cose che non sappiamo fare quando nasciamo, ma che poi ci vengono naturali» racconta Felix Kriesler, cornista tra i più apprezzati al mondo. E per il mondo gira da solo, per i concerti, almeno una settantina, che tiene ogni anno. Valigia a tracolla, qualche vestito e l’inseparabile corno, insieme al piedistallo sul quale lo colloca quando suona in concerto. In borsa le partiture di Mozart, Haydn, Brahms, Strauss.
Nato senza braccia Klieser (e non puoi non pensare a Il mio piede sinistro, il film del 1989 di Jin Sheridan con un Daniel Day-Lewis da Oscar sulla storia dello scrittore e pittore irlandese Christy Browen), ma con la grande determinazione di «voler suonare il corno. Nessuna volontà di riscatto, mi piaceva quello strumento e volevo suonarlo» racconta il musicista tedesco, nato a Göttingen il 3 gennaio del 1991. «Il corno mi fa compagnia da sempre dato che la prima volta che l’ho suonato avevo solo quattro anni. Non so perché, in casa nessuno è musicista, i miei genitori sono avvocati. Devo averlo visto in tv e ho chiesto di suonarlo» dice il cornista che il 3 marzo a Milano esegue in prima italiana Soundscape. A Walk in Coloursn, concerto per corno e orchestra scritto per lui nel 2022 dal compositore svedese Rolf Martinsson. «La prima assoluta un anno fa a Saarbrücken, in Germania, con la Deutsche radio philharmonie Saarbrücken. Lo abbiamo anche registrato».
Ora la prima italiana all’Auditorium milanese di largo Mahler con l’Orchestra sinfonica di Milano diretta dal direttore principale della formazione milanese, Alondra de la Parra, musicista messicana con la quale Klieser, nei lunghi mesi della pandemia, ha dato vita al progetto The impossibile orchestra, formazione musicale con i migliori musicisti del mondo – insieme a Klieser il violinista Maxim Vengero, il violoncellista Jan Vogler, il flautista Emmanuel Pahud, l’oboista Albrecht Mayere il tenore messicano Rolando Villazon nelle insolite vesti di percussionista – riuniti a distanza nel nome della musica e della solidarietà, cosa non certo “impossibile”. «Abbiamo registrato a distanza, ognuno nell’isolamento della propria casa, uno dei brani più celebri della musica messicana, Danzon n.2 di Arturo Maruqez». Le varie tracce sono state mixate in un video con Elisa Carrillo che balla una coreografia di Christopher Wheeldon per raccogliere fondi da destinare a donne e bambini messicani colpiti dal Covid. «Ci ha unito la musica» racconta Klieser che a luglio ha fatto parte di un altro progetto di solidarietà, Le vie dell’amicizia di Ravenna festival che lo hanno portato a suonare Mozart, diretto da Riccardo Muti, sul sagrato dei santuari mariani di Lourdes e Loreto. «Un’esperienza unica, dal forte significato» racconta. Anche a Lourdes e a Loreto Klieser viaggiava da solo. Camicia nera, jeans, scarpe da ginnastica.
«Non alleno i miei piedi, non l’ho mai fatto. Per me usarli al posto delle mani è stato naturale. E servirmi dei piedi per fare tutto è parte del modo in cui io vivo. Ci sono altre cose invece per imparare le quali mi sono dovuto allenare e parecchio, ad esempio l’uso della lingua e delle labbra, fondamentali per chi suona il corno: se ti siedi al pianoforte basta schiacciare un tasto e il suono si produce automaticamente, ma per il corno non è così, devi lavorare sull’impostazione delle labbra, sul fiato e sulla sua emissione» spiega il musicista che ha iniziato prestissimo a suonare il corno. «Troppo presto a detta degli esperti, perché il corno è uno strumento che un ragazzo, proprio per le difficoltà tecniche, inizia a suonare intorno ai dieci anni. Io a quattro anni ero già determinato e quindi ho chiesto insistentemente ai miei di poterlo suonare. Ho iniziato con il produrre una nota, poi due… e così via. Durante i primi anni lo appoggiavo al pavimento e suonavo così, schiacciando i tasti con le dita dei piedi. Crescendo, poi, ho dovuto adattare il mio modo di suonare il corno al fatto che io crescevo e il mio corpo cambiava. Così è arrivato il piedistallo al quale appoggio lo strumento» racconta Klieser che sul suo profilo Instagram ha postato diverse foto di lui da bambino mentre gioca con il trenino, guida il triciclo o cucina. Sempre con i piedi.
«La cucina è una delle mie grandi passioni, guardo molti video di cuochi su YouTube per imparare le basi, poi apro il frigorifero e cucino con quello che ho in casa. Non solo, mi piace il buon cibo e quando viaggio cerco sempre ristoranti tipici dei paesi che visito» racconta il musicista, appassionatissimo anche di videogame. «Durante la pandemia non dormivo la notte per giocare alla PlayStation» sorride. Poi torna alla sua infanzia. «Ho iniziato a suonare senza pensare che un giorno sarei diventato musicista professionista: per me suonare era una cosa divertente. Mi ha sempre affascinato il fatto che il corno ha la capacità di esprimere diversi colori e creare diverse atmosfere, tanto che per questo lo si usa spesso nelle colonne sonore dei film. Per me non c’è differenza tra professionismo e hobby, il vero punto è il desiderio di imparare a suonare uno strumento e farlo bene, l’importante è provare la gioia di suonare» racconta il musicista che poi spiega che «se devo pensare a me come professionista è intorno ai dieci anni che ho pensato che avrei potuto fare quello nella vita, quando ho ascoltato le incisioni dei Concerti di Mozart diretti da Pinchas Zukermann. Ascoltando quella musica mi ha colpito il fatto che ci potesse essere un dialogo tra il mio strumento e l’orchestra. A 17 anni i primi guadagni e da lì non mi sono più fermato». Sempre in compagnia di Alex, il suo corno. Che Klieser fa “parlare” sul suo profilo Instagram: due occhi sopra i tasti e, di volta in volta, un cappello da Babbo Natale, zucche di Halloween, partiture per augurare Buone feste o per annunciare un concerto imminente.
Alex, il corno di Felix Klieser, nei post di Instagram
Difficoltà, certo, non sono mancate. Non in casa. «I miei genitori non si sono mai opposti, ma nemmeno mi hanno spinto eccessivamente. Non vengo da una famiglia di musicisti a differenza di molti colleghi che scelgono la professione del musicista perché vengono da una famiglia già introdotta nel mondo musicale e la scelta, pur senza forzature, viene in qualche modo naturale e in automatico. La scelta per me è stata totalmente mia». Difficoltà e pregiudizi nel mondo. «A 14 anni sono andato a studiare ad Hannover, studente junior all’Università di musica e teatro, e un insegnante mi ha detto: “Non ci sono tanti suonatori di corno e forse non abbiamo bisogno di un cornista senza braccia. Puoi farlo forse per hobby, non come professione”. Penso che questo, più che un atteggiamento discriminatorio in sé sia un atteggiamento sbagliatissimo per un insegnante da insegnante che deve sempre incoraggiare i suoi allievi. Dal 2018 insegno in una piccola classe presso l’Università della musica di Münster e cerco di incoraggiare sempre i miei allievi». Non solo. «Quando non ero ancora conosciuto tutti mi dicevano: Ma perché ci provi? Poi a 21 anni ho inciso il mio primo disco, Reveries, che ha ottenuto un grande successo. E allora è stata una gara a dirmi quanto ero bravo. Questo mi lasciò perplesso e, ancora oggi, mi fa tenere un certo distacco da chi mi dice che sono un bravo musicista».
Una settantina di concerti l’anno per Klieser. «E quello del concerto è un momento in grado di ispirare a chi ascolta un’idea di umanità. In quel momento noi musicisti siamo chiamati a creare connessioni, a tessere reti. Tanto più che ci concentriamo di più su ciò che ci divide rispetto a ciò che ci unisce. La nostra umanità ci unisce, ciò che ci accomuna è il voler essere liberi, essere amati e avere una passione. Quando capiamo questo siamo spinti a lavorare per costruire una società migliore» spiega il musicista tedesco. Che poi conclude: «Credo nelle possibilità che ho… non in altro».
Nelle foto @Maike Helbig il cornista Felix Klieser