Il viaggio di Ravenna festival giunto al 25esimo anno arriva nei santuari mariani per invocare in musica la pace Vivaldi, Mozart e Verdi sull’esplanade e alla Santa Casa
Le vie dell’amicizia di Ravenna festival fanno tappa nei santuari mariani di Lourdes e Loreto. «Perché di fronte all’insensatezza della guerra l’unica cosa è rivolgersi a Maria. Affidarsi alla Madonna. Pregare, come ci chiede continuamente Papa Francesco». Con quel pragmatismo tutto suo, intriso di fede, popolare, autentica, quella fede che si traduce in un affidamento – a Maria, appunto – Cristina Mazzavillani spiega in due parole, semplici e immediate, il significato dell’edizione 2022 de Le vie dell’amicizia di Ravenna festival. Il ponte di fratellanza attraverso la musica, lanciato venticinque anni fa dalla rassegna romagnola (ideata proprio dalla signora Muti) per andare a toccare con mano e provare a lenire con la musica le ferite di Sarajevo, quest’anno, dunque, fa tappa nei santuari mariani di Lourdes in Francia, dove la Madonna apparve a Bernadette nel 1858, e di Loreto nelle Marche, dove è custodita la reliquia della casa di Maria a Nazareth traslata dal 1291 dalla Palestina – la devozione dice portata in volo dagli angeli, tanto che la Vergine di Loreto è la patrona degli aviatori.
Un nuovo pellegrinaggio musicale per chiedere il dono della pace «in due luoghi dove da secoli accorre un’umanità ferita in cerca di conforto» dice Riccardo Muti che l’11 luglio sarà sull’esplanade del santuario tra i Pirenei e il 14 luglio sulla piazza della Basilica della Santa Casa. Il direttore sarà sul podio dell’Orchestra giovanile Luigi Cherubini e di un coro dove, accanto alle voci italiane del Cherubini e del Costanzo Porta preparati da Antonio Greco, ci saranno quelle degli artisti ucraini del coro del Teatro dell’Opera nazionale d’Ucraina Taras Shevchenko di Kiev, arrivati a Ravenna con il loro direttore Bogdan Plish a inizio aprile quando una delegazione della città romagnola guidata da Cristina Mazzavillani è andata a prenderli al confine con la Polonia in nome di un’amicizia nata quattro anni fa quando, nel 2018, Le vie dell’amicizia fecero tappa a Kiev.
«Venticinque anni fa rispondemmo alla chiamata di Sarajevo, città martire dilaniata da una guerra fratricida. Quel concerto è stato il primo dei ponti di fratellanza che abbiamo costruito, un pellegrinaggio che negli anni ha raggiunto città come Gerusalemme, Beirut, Mosca, Damasco, El Djem, New York subito dopo l’11 settembre, Nairobi, Redipuglia, Teheran, Erevan» ricorda Muti ripercorrendo le tappe de Le vie dell’amicizia, ogni volta approdate in luoghi della storia contemporanea segnati dal dolore. A Lourdes e Loreto, dove il dolore del corpo e dello spirito cerca un momento di pace, il maestro avrà sul leggio il Magnificat di Antonio Vivaldi (le voci saranno quelle del soprano Arianna Vendittelli e del contralto Margherita Sala), lo Stabat Mater e il Te Deum dai Quattro pezzi sacri di Giuseppe Verdi e il Concerto n. 1 per corno e orchestra di Wolfgang Amadeus Mozart affidato al cornista Felix Klieser, un artista tedesco noto in tutto il mondo che, privo delle braccia, suona il suo strumento con i piedi. Cento bambini, poi, intoneranno l’Ave verum corpus di Mozart, «pagina che ho scelto come suggello del concerto, nella quale risuona il dolore del mondo, ma anche tutta la speranza di cui l’uomo è capace» annuncia Muti.
Il santuario di Nostra Signora di Lourdes
Il Covid, che ha gettato un lungo silenzio nei santuari di Lourdes e Loreto dove, per molto tempo, non sono giunti i pellegrini. La guerra che oggi fa rumore, un rumore che è quello delle bombe e delle urla di chi muore. Ecco le ferite che Le vie dell’amicizia vogliono provare a medicare. «Oggi la pandemia ci ha reso forse ancor più consapevoli della nostra fragilità, dell’universalità dell’esperienza del dolore. Ma la sofferenza non è il solo linguaggio che non conosce confini. Mentre divampa un nuovo, lacerante conflitto, è la musica, capace di superare tutte le diversità di cultura, lingua, religione, a farsi ambasciatrice del nostro messaggio di pace e solidarietà» dice ancora Muti che l’11 luglio sarà davanti alla basilica che domina l’esplanade del santuario di Nostra Signora di Lourdes per il concerto organizzato in collaborazione con l’Offrande musicale, rassegna del dipartimento degli Alti Pirenei che si impegna a favorire la partecipazione ai concerti del pubblico con disabilità. Una sensibilità che ha fatto nascere la collaborazione con il cornista Klieser. Accanto a Vivaldi, Mozart e Verdi, poi, risuoneranno canti mariani locali con le voci degli ensemble Les chanteurs pyrénéens de Tarbes e Les chanteurs montagnards de Lourdes e con Beñat Achiary, cantante basco che eseguirà brani mariani nella propria lingua, ma anche in occitano, l’idioma in cui Bernadette raccontò che Maria le parlò quando apparve nella grotta di Massabielle.
Il santuario pontificio della Santa Casa di Loreto
Il 14 luglio a Loreto (il concerto sarà ripreso dalle telecamere di Rai1), sulla piazza su cui si affaccia la basilica del santuario pontificio della Santa Casa, il ricordo di Mariupol, la città di Maria, cuore del conflitto in Ucraina. E, con Vivaldi, Mozart e Verdi, un pensiero e una preghiera per tutte le vittime delle guerre che ancora divampano nel mondo. «La Santa Casa, il luogo dove Dio chiamando Maria ha deciso di farsi uomo e di porre tra noi la sua dimora, ci dice che la pace è già con noi, è a nostra disposizione, dobbiamo solo cercarla, scavando sin nei meandri del nostro cuore e metterla in circolo nella nostra vita, promuoverla nelle istituzioni e prima ancora nelle nostre vite» dice l’arcivescovo prelato di Loreto, monsignor Fabio Dal Cin che ha accolto con entusiasmo la proposta di Muti e di Ravenna festival di un concerto davanti alla basilica. «La musica, che come tutta l’arte è espressione della bellezza di Dio, si fa momento di ripartenza e di grande speranza, per dire, ancora una volta, l’importanza dell’impegno per la pace che non è basato sull’emotività, ma sulla ragione, sul desiderio di metterci a servizio della fraternità con scelte di dialogo e di riconciliazione, come fece Maria nella casa di Nazareth dicendo il suo sì a Dio. Lo stesso che è chiesto a noi per costruire la pace» spiega ancora monsignor Dal Cin andando con la mente alla Pacem in terris «dove Giovanni XXIII evoca i pilastri per costruire la casa comune che è l’umanità attraverso il dialogo e l’impegno a vivere la verità e la consapevolezza dei propri diritti e dei doveri verso gli altri».
Nelal foto @Marco Borrelli Riccardo Muti
Articolo pubblicato su Avvenire il 13 maggio 2022