Presentato il cartellone 2018/2019: Chailly inaugura con Attila il regista cinematografico dirige Gianni Schicchi di Puccini
Quindici titoli d’opera, di cui nove nuove produzioni, sette balletti, otto concerti sinfonici. E poi recital di canto, concerti straordinari, spettacoli per i bambini e tournée. Da Attila di Giuseppe Verdi a Woody Allen, regista del pucciniano Gianni Schicchi, passando per la presenza sul palco come attore del sovrintendente Alexander Pereira. È la stagione 2018-2019 del Teatro alla Scala che, come ha detto soddisfatto il sindaco di Milano e presidente della fondazione lirica, Giuseppe Sala, «è uno dei pochi teatri in Italia ad avere i conti in ordine». Si parte il 7 dicembre con l’opera di Giuseppe Verdi che, ancora una volta, andrà in diretta su Rai uno. Sul podio il direttore musicale Riccardo Chailly che sul leggio avrà l’edizione critica del 2012 «ma con due sorprese nel terzo atto: la romanza di Foresto O dolore e un piccolo preludio al terzetto, cinque battute scritte da Gioachino Rossini nel 1865 a Parigi per introdurre un’esecuzione privata della pagina. Dicono la grande ammirazione del musicista per Verdi». Protagonista Ildar Abdrazakov. Odabella sarà Saioa Hernández, con la quale Chailly sta già lavorando. «Possiamo pensare a tutti i titoli che vogliamo, ma se non abbiamo i cantanti adatti i progetti non vanno in porto» riflette Chailly. Regia di Davide Livermore.
Verdi, ma anche Puccini per Chailly che proseguirà nella riscoperta dei capolavori del compositore toscano. Questa volta – in attesa della Tosca che con Anna Netrebko protagonista e Luca Salsi come Scarpia andrà in scena per il Sant’Ambrogio del 2019 – tocca a Manon Lescaut. «Faremo la versione originale andata in scena nel 1893 al Regio di Torino e poi modificata da Puccini. Specie nel complesso finale del primo atto: settanta battute difficilissime». La regia sarà di David Pountney, protagonisti Maria José Siri e Marcelo Alvarez.
Puccini anche per Woody Allen che a luglio del 2019 rimonterà il suo allestimento nato a Los Angeles del Gianni Schicchi con i giovani dell’Accademia che saranno affiancati da Ambrogio Maestri. Verdi sarà affidato alle bacchette di Myung-Whun Chung per Traviata (protagoniste Marina Rebeka e Sonya Yoncheva nell’allestimento di Liliana Cavani), di Michele Mariotti per Masnadieri (spettacolo di David McVicar) e di Nello Santi per Rigoletto con Leo Nucci protagonista accanto ai giovani dell’Accademia.
Verdi e Puccini i pilastri sui quali poggiano le stagioni costruite da Chailly e Pereira «per valorizzare il repertorio italiano» tra belcanto (torna la rossiniana Cenerentola con la regia di Ponnelle affidata alla bacchetta di Ottavio Dantone e con Marianne Crebassa protagonista, Michele Gamba sul podio per Elisir d’amore di Donizetti) e verismo (quest’anno assente, ma per la prossima stagione si annunciano Fedora di Giordano e L’amore dei tre re di Montenmmezzi). «Attenzione poi alla musica contemporanea: dopo Finale di partita di Kurtag il prossimo anno riproporremo Quartet di Luca Francesconi che ha debuttato proprio alla Scala nel 2011» annuncia Pereira che sarà in scena nei panni di attore nell’Arianna a Nasso di Richard Strauss con Franz Welser-Möst sul podio e Frederic Wake-Walker in regia. «Vestirò i panni del maggiordomo come ho già fatto a Zurigo, Vienna e Londra. Mi diverto e faccio risparmiare un cachet al teatro» sorride il sovrintendente che annuncia anche la prima esecuzione alla Scala di un altro titolo straussiano, la Elena egiziaca, direttore ancora Welser-Möst, regia di Seven-Eric Bechtolf. «Dopo tanto Strauss il prossimo anno tornerà Wagner» promette il sovrintendente che ha affidato a Mario Martone la regia della Chovanščina di Musorgskij con Valery Gergiev sul podio. Nuovi allestimenti per Idomeneo di Mozart affidato a Matthias Hartmann e per Die tote Stadt di Krongold (opera mai ascoltata alla Scala) con la regia di Graham Vick. Robert Carsen firmerà la regia di Giulio Cesare di Händel primo titolo della trilogia (gli altri Semele nel 2020 e Ariodante nel 2021) che segna il ritorno alla Scala di Cecilia Bartoli qui Cleopatra a fianco di tre controtenori Bejun Mehta, Philippe Jaroussky e Christophe Dumaux.
Stagione sinfonica che si inaugura con La creazione di Haydn, che vede il debutto del giovane Lorenzo Viotti e che prosegue nella proposta dell’integrale delle Sinfonie di Mahler. «Arriveremo anche all’Ottava e alla Decima» annuncia Chailly che porterà poi per la prima volta in Italia (il 14 ottobre) la Lucerne festival orchestra che guida dopo la scomparsa di Claudio Abbado.
La stagione di balletto si apre con la prima volta in Italia dello Schiaccianoci con la coreografia di George Balanchine. Prosegue con un nuovo lavoro di Angelin Preljocaj sulla Winterreise di Schubert, vede il ritorno di Alessandra Ferri con Woolf Works di Wayne McGregor e ripropone grandi classici come La bella addormentata di Nureyev, la Giselle di Coralli e Perrot, l’Onegin di Cranko e il Bolero di Bejart con le etoile di casa Roberto Bolle e Svetlana Zakharova. Molte le proposte per i più piccoli con L’elisir d’amore e i concerti di Invito alla Scala. «In 35 recite portiamo a teatro 50mila bambini e con loro 100mila genitori che, è capitato spesso, poi tornano per opere e concerti» conclude Pereira.
E per Natale si attende il ritorno di Riccardo Muti
Riccardo Muti al Teatro alla Scala (foto Silvia Lelli)
Manca una casella nel complesso sudoku che è il cartellone 2018-2019 del Teatro alla Scala. Manca volutamente. Ed è la casella del Concerto di Natale. «Ci sarà» assicura il sovrintendente Alexander Pereira che poi chiede di pazientare una decina di giorni. Il tempo necessario per chiudere una trattativa. Quella con Riccardo Muti. Non è un mistero il pressing di Pereira sul direttore d’orchestra che se ne andò burrascosamente dalla Scala nel 2005. Merito proprio di Pereira è stato aver riportato Muti al Piermarini dopo dodici anni, nel gennaio del 2017 per due concerti con la Chicago symphony orchestra. Ora si cerca di riavere il maestro sul podio dei complessi scaligeri. I fan del direttore napoletano ci sperano. Muti, si sa, non vuole più dirigere opere in forma scenica. Ma il Concerto di Natale, tradizione scaligera inaugurata proprio da Muti nel 1997, potrebbe essere l’occasione giusta: una pagina sacra di Mozart o di Cherubini, autori cari al maestro e ideali per festeggiare in musica il Natale.
Articolo pubblicato su Avvenire il 31 maggio 2018
In apertura Riccardo Chailly (foto Brescia/Amisano Teatro alla Scala)