Nel foyer del teatro la camera ardente della ballerina morta a 84 anni dopo una vita tutta spesa per la danza Fiori bianchi, le note di Puccini, Mozart e Schubert
Mezzogiorno in punto. Un tram, un gamba de legn della linea 1, si ferma davanti al Teatro alla Scala. Inizia a scampanellare. Ma non lo fa per avvertire un pedone. Saluta. Saluta Carla Fracci. Come faceva, quando tanti anni fa lei studiava alla Scuola di ballo, il suo papà Luigi, tranviere che ogni volta che passava davanti al Piermarini scampanellava per salutare la figlia. E oggi tutti i tram che sono passati davanti alla Scala hanno ripetuto quel saluto. Affettuoso addio di Milano alla ballerina scomparsa giovedì 27 maggio a 84 anni, dopo una malattia combattuta nel silenzio «con una dignità immensa» come dice, con gli occhi gonfi di lacrime, il figlio Francesco Menegatti. «Gli ultimi giorni della mamma sono stati impegnativi, ma anche dolci e delicati. Si preoccupava ci fosse il caffè pronto per noi» racconta con un sorriso Francesco, nato nel 1969, «quasi sul palco, perché la mamma ha ballato sino all’ultimo, anche con il pancione. E molti dei lavoratori di allora che oggi hanno voluto essere qui a salutarla lo ricordano bene».
Il papà Beppe abbraccia Manuel Legris. «Legris, tu hai fatto felice Carla, l’hai riportata a casa» dice con la sua voce sempre squillante Beppe Mengatti al direttore del Corpo di ballo della Scala che a gennaio aveva voluto Carla Fracci in sala da ballo per due lezioni con i danzatori scaligeri su Giselle, il personaggio che la ballerina ha reso immortale, danzandolo in tutto il mondo. Menegatti, 91 anni, tiene per mano Marisa, la sorella minore di Carla. «Si preoccupava sempre per me. E anche gli ultimi giorni, quando chiamavo per sapere come stava, mi chiedeva della mia salute: lei tanto malata si preoccupava per me, come ha sempre fatto per tutta la vita, da sorella maggiore» ricorda tra le lacrime. Sono molte le mani che i familiari di Carla Fracci stringono nel foyer del Teatro alla Scala dove oggi è stato incessante l’omaggio alla camera ardente della danzatrice nata a Milano il 20 agosto del 1936.
Il Piermarini le ha aperto le porte per l’ultima volta, come aveva fatto solo per tre direttori d’orchestra, Arturo Toscanini, Victor De Sabata e Gianandrea Gavazzeni. «Per Carla Fracci era doveroso» spiega il sovrintendente Dominique Meyer mentre, insieme al sindaco di Milano Beppe Sala e al direttore musicale del Teatro alla Scala Riccardo Chailly, accoglie sulla piazza il feretro. Le note di Crisantemi di Giacomo Puccini, lievi, intrise di malinconico dolore, suonate dai musicisti scaligeri (Francesco De Angelis e Pierangelo Negri, Simonide Braconi e Sandro Laffranchini, Stefano Cardo)al di là della porta a specchi che dal foyer conduce in platea, vengono coperte da un applauso. Lungo. Che inizia fuori, sulla piazza, dove c’è chi aspetta da ore dietro le transenne. E prosegue nel foyer del Teatro alla Scala dove entra il feretro di Carla Fracci. Una bara di legno chiaro con un cuscino di rose bianche. Come bianchi erano i vestiti che la ballerina amava tanto indossare.
I ragazzi della Scuola di ballo di Frederic Olivieri posano una corona di gigli e orchidee davanti al feretro accanto al quale ci sono il gonfalone di Milano con Sant’Ambrogio listato a lutto e quello verde della Regione Lombardia, rappresentata dal presidente Attilio Fontana. I danzatori del Corpo di ballo, tutti in nero, ai lati della bara, quasi ad abbracciarla. Tra loro, a confondersi con i colleghi, Roberto Bolle che poi mette una mano sulla bara e sosta in silenzio. Defilato, accanto a lui, il volto segnato dal dolore, Massimo Murru, già étoile scaligera, ora maître e ultimo (amatissimo) partner con il quale Carla Fracci ha danzato.
Niente parole in questa cerimonia breve e commovente. Il sovrintendente Meyer chiede un minuto di silenzio. Mozart e l’Ave Maria di Schubert accompagnano gli abbracci di Beppe e Francesco a Luciana Savignano, a Ferruccio Soleri, a Riccardo Chailly, ai lavoratori del teatro, ai danzatori che qualche mese fa hanno raccolto il testimone dell’arte scenica di Carla Fracci lavorando con lei in sala da ballo, Marta Romagna, Beatrice Carbone, Mick Zeni e Giuseppe Conte, Martina Arduino, Nicoletta Manni, Nicola Del Freo e Timofej Andrijashenko. I volti, dietro le mascherine, solcati dalle lacrime mentre escono dal teatro. Perché, per un giorno, tutte le prove sono sospese.
La gente che è rimasta in coda entra ordinatamente. Ingressi contingentati, gel igienizzante per le mani per le regole anti Covid. Un cordone segna il percorso per chi vuole portare un ultimo saluto a Carla Fracci. «Era giusto esserci per le emozioni che ci ha dato” dice una signora che posa un fiore. «Milano le deve molto» interviene un signore che è arrivato con in mano una locandina di «qualche anno fa». Ci sono anche ragazzi in fila, che hanno visto Carla Fracci danzare «solo attraverso i video su YouTube. Ma l’emozione è stata davvero grande». Prima di uscire una firma sul libro dei ricordi, che si riempie.
Il sindaco Sala attraversa la piazza per tornare a Palazzo Marino. «Carla Fracci ha amato profondamente Milano e credo che raramente si sia visto un ricambio così sincero da parte della città. Nascere in una famiglia normale, con una volontà di costruire qualcosa di importante è bellissimo. Questa è Milano, una città che accoglie e offre opportunità» dice Sala. Lascia il teatro anche il governatore lombardo Fontana. La Regione ha dedicato alla ballerina la cerimonia di consegna dei premi Rosa Camuna. «Avevamo tributato questo riconoscimento anche a Carla Fracci, ma a causa della pandemia non eravamo ancora riusciti a consegnarglielo” ricorda Fontana per il quale la ballerina era «pura poesia». In città c’è chi vorrebbe già intitolarle una via o una piazza, ma «c’è la regola dei dieci anni» ricorda Sala che ha proclamato il lutto cittadino per domani, giorno dei funerali di Carla Fracci che saranno trasmessi in diretta su Rai1. A celebrarli, alle 14.45 nella basilica di San Marco, monsignor Gianni Zappa.
L’omaggio a Carla Fracci continua, ininterrotto, per tutta la giornata mentre fuori Milano torna a correre in una giornata calda di sole. Alle 18 le porte del teatro si riaprono. Il feretro di Carla Fracci esce dalla Scala. Ancora una volta portato a spalla. Ancora una volta salutato da un lungo applauso che sa di affetto e gratitudine. Mentre un tram scampanella come a dire «Ciau Carlina».
Nelle foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala la camera ardente di Carla Fracci