Tjeknavorian e la Sinfonica, l’intesa vincente

Šostakovič, Beethoven e Cajkovskij nel concerto che alla Scala inaugura la direzione musicale di Emmanuel Tjeknavorian ventinovenne, nuova guida dell’Orchestra sinfonica di Milano

Lo capisci subito. Dagli sguardi. Dall’intesa. Dal… basta un attimo per capirsi… Capisci che qualcosa è scattato tra i musicisti dell’Orchestra sinfonica di Milano e il loro nuovo direttore musicale, Emmanuel Tjeknavorian. È scattato in quel concerto di qualche tempo fa dopo il quale gli orchestrali milanesi hanno capito che il giovane violinista viennese di origini armene era la persona giusta per guidare verso un nuovo futuro la formazione nata nel 1993 da un sogno (utopia, si pensava allora) di Valdimir Delman e Luigi Corbani. Nata trent’anni più uno fa. Guidata nella sua stagione più luminosa da Riccardo Chailly, tra i più convinti sostenitori di Tjeknavorian prima come violinista, che ha voluto già sul palco con lui e con la Filarmonica della Scala, e ora come direttore tanto che era in platea, al Piermarini, per il concerto inaugurale della nova stagione dell’Orchestra sinfonica di Milano (da un po’ di anni è tradizione che il cartellone si inauguri tra i velluti scaligeri), la prima da direttore musicale per Tjeknavorian. Che ha mostrato da subito un’intesa speciale con i musicisti.

Musicisti in cerca d’autore. Di una (nuova) identità dopo anni sì di grande professionalità (non è mai mancata, neanche negli anni più difficili in cui si ventilava una possibile fine dell’avventura per mancanza di fondi…), ma di incerto profilo. Tjeknavorian, ventinove anni, classe 1995, sembra l’uomo (il direttore) giusto al momento giusto. Giovane. Pieno di entusiasmo e di energia. Ideale per iniziare con l’orchestra (che pur qualche passaggio solistico non impeccabile lo ha mostrato) un cammino di crescita reciproca. Lo si è visto nel concerto scaligero. Impaginato classico, al via con l’Ouverture festiva in la maggior di Dmitrij Šostakovič, tutta un precipitare in avanti, pagina ben tenuta in pugno da Tjeknavorian che l’ha diretta tutta a memoria, come a memoria si è buttato sulle altre pagine messe in programma. La Sinfonia n.2 in re maggiore di Ludwig van Beethoven. Un Beethoven scattante e a perdifiato – l’impressione è quella di tempi staccati sui metronomi beethovenbiani, che Chailly ha fatto conoscere nella sua incisione delle Sinfonie con il Gewandhaus di Lipsia. Un Beethoven “antibeethoveniano”, senza quegli scarti di volume, senza quelle ombreggiature – seppure qui ci sia ancora la luce mozartiana che illumina la pagina – cui si è abituati. E non è una connotazione negativa. Idee, sperimentali anche. Da mettere sul tavolo (sul leggio, certo, trattandosi di musica), sulle quali lavorare. Perché la musica è continuo rinnovamento.

Tempi vorticosi in Beethoven – e la Sinfonica di Milano li segue perfettamente, specie nelle volate fulminanti degli archi – rimi danzanti, da togliere il fiato nell’Allegro con fuoco che chiude la Sinfonia n.4 in fa minore di Petr Il’Ic Cajkovskij. Vertice della serata. Patetica quanto basta, anche se il tema del destino è sfumato (forse dall’età), lo vedi/senti lontano, orizzonte che si staglia sulla lettura di Tjeknavorian, ma che non incombe, non bussa alla porta. Tenuto a distanza dalla vitalità che il direttore imprime alla pagina. Che non è per forza giovanilismo, energia fine a se stessa, ottimismo senza freni. Perché c’è, nel Cajkovskij di Tjeknavorian, una malinconia bella, rassicurante, sguardo poetico su un tempo passato (non importa se da pochi o tanti anni) che ciascuno custodisce in sé. E così l’Andantino in modo di canzona è una carezza, il Pizzicato ostinato dello Scherzo si avvolge di tulle che sfoca i contorni dei ricordi.

Idee. Tante. Energia pure per Tjeknavorian e la sua orchestra. Salutati dal pubblico scaligero – tanti gli amici della Sinfonica che si sono dati appuntamento al Piermarini – e dal tradizionale rito che si compie ad ogni concerto in Auditorium del battere ritmico dei piedi da parte degli orchestrali sul palco seguito dal battimani ritmato della platea. Uguale e sempre diverso, da trent’anni più uno. Come la musica.

Nelle foto @Angelica Concari l’Orchestra sinfonica di Milano al Teatro alla Scala