Intensa Passione secondo Matteo con il Collegium Vocale Gent
Un gesto piccolissimo delle mani. Quasi impercettibile. Le dita che si muovono. Un polso che ruota. Indice e medio uniti, a chiamare un suono. Un palmo che va verso il basso. Più piano… sussurrato… sembra chiedere. Un gesto… gesti, segni, quasi impercettibili se non ti metti “in ascolto” anche con gli occhi. Eppure dentro quei segni tracciati nell’aria c’è tutto. C’è la musica. La Musica, che è quella del pentagramma, ma soprattutto quella dell’anima. C’è la Passione. Passione (e Musica), scritto con la lettera maiuscola perché è la Passione secondo Matteo di Johann Sebastian Bach, quella composta per i riti del Venerdì Santo a Lipsia. Risuonata per la prima volta nella Thomaskirche – la chiesa dove il kantor riposa e dove sulla sua tomba c’è sempre un fiore – l’11 aprile 1727. Passione, la Matthäus-Passion, modellata sui capitoli 26 e 27 del Vangelo di Matteo.
Passione che sgorga dalle mani di Philippe Herreweghe. Si fa carne nelle voci del “suo” Collegium Vocale Gent, che il 25 marzo, sulla soglia della Settimana Santa 2024, ha portato la Passione secondo Matteo al Teatro alla Scala (finalmente in silenzio nei giorni del Triduo grazie al sovrintendente Dominique Meyer che ha voluto la grande pagina di Bach). Sgorgano dalle dita del direttore belga le note di Bach, quelle che restituiscono in musica, con passo teatrale e liturgico allo stesso tempo, la Passione di Cristo nello scorrere degli eventi raccontati da Matteo nel suo Vangelo – che si ascoltano nella traduzione tedesca di Martin Lutero. «Venite… vedete… guardate» invita il coro sulla soglia di questo viaggio. «Cosa?» si chiedono le voci che sono voci di una comunità che medita e riflette. «Guardate l’Agnello di Dio, innocente, che ha voluto portare le colpe di ognuno di noi». Ed ecco che il filo degli eventi si srotola ancora una volta. «Gesù disse ai suoi discepoli…» preambolo che torna, litania evocata dall’Evangelista. Ed ecco l’unzione di Betania e il tradimento di Giuda, l’ultima cena e lo spezzare del pane, l’orto degli ulivi e il calice da allontanare, l’arresto e il processo, la flagellazione e il rinnegamento di Pietro, Pilato e la condanna a morte con il Lass ihn kreuzigen! il Sia crocifisso!, la croce e la via dolorosa, il Golgota e la crocifissione, il Mein Gott, mein Gott, warum hast du mich verlassen il Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato, la morte e la deposizione. Sipario. Perché non c’è la Resurrezione. C’è lo stare accanto, il sedersi vicino al sepolcro e attendere, c’è il Mein Jesu, gute Nacht. Parola umana. Umanissima, parola quotidiana e familiare.
Parola, anche qui con la lettera maiuscola, e musica. Parola in musica. La musica di Bach. Che scaturisce dalle mani di Herreweghe – che spesso scende dal podio per essere più vicino ai suoi musicisti e plasmare, insieme, la musica. Come se quelle note venissero ri-create per la prima volta. Eppure è da oltre mezzo secolo che il direttore belga, con il suo Collegium Vocale Gent, fondato nel 1970, frequenta la partitura di Bach. La conosce nel profondo – spesso non guarda la partitura che pure c’è, consunta e vissuta, sul leggio. La fa scaturire dal silenzio. Narrativa e meditativa al tempo stesso, nelle grandi arie e nei corali che dicono il sentimento dell’uomo di fronte all’icona della Passione. Intensa, forte della bellezza della semplicità di cui la pagina è intrisa, la lettura della Matthäus-Passion di Herreweghe e degli straordinari musicisti del Collegium Vocale Gent (per la prima volta sul palco della Scala). Che hanno la gioia – lo vedi, lo senti – del fare musica insieme. Nessun divismo, nessuna distrazione. Concentrazione. Austera, certo, lo impone la gravità del testo, ma allo stesso tempo piena di vita. Tutto scorre con una naturalezza, con una semplicità disarmante e sorprendente.
Pubblico in silenzio. Ascolto concentratissimo, non un rumore. Non un respiro. Un silenzio di meditazione e ascolto ha avvolto la Scala. Per Bach e il suo affacciarsi su quell’abisso che è l’anima dell’uomo. Vertigine della Passione di Herreweghe, umanissima. Essenza della Matthäus-Passion dove la violenza della condanna a morte di Cristo è la stessa di chi oggi uccide in guerra. Lo senti, più di sempre, nella musica di Bach restituita da Erreweghe e dai suoi musicisti. Una perfezione difficilmente raggioungibile. Un manuale di musica con l’anima. Straordinari il soprano Dorothee Mields (una carezza, una lacrima, un sorriso il suo Aus Liebe will mein Heiland sterben con il flauto dolce di Koen Dieltiens, storico musicista del Collegium), il controtenore Hug Cutting, il baritono Konstantin Krimmel, prima “personaggio” del dramma evangelico e poi voce che innalza un commovente Mache dich, mein herze rein. Il tenore Julian Prégardien, scolpendo nel canto la Parola, ha dato voce all’Evangelista e il basso Florian Boesch ha fatto risuonare le parole di Gesù. E poi il violino di Christine Busch, konzertmeister del Collegium, capace di portarci nella vertigine assoluta dell’Erbarme dich, mein Gott, quella richiesta di Pietà, mio Dio, che è il ripiegamento di Pietro dopo il rinnegamento, e che la voce di Cutting riveste di una umanità inaspettata, fatta di dolore, ma intrisa di speranza. Astratto, quasi straniante il Geduld! Geduld! affidato alla voce del tenore Benedict Hymas contrappunatat dagli scatti che ti arrivano allo stomaco e dalla spigolosità che ti lascia dentro un’inquietudine della viola da gamba di Romina Lishka.
Voci di un’umanità che si lascia interrogare di fronte al Mistero. Che non nasconde il suo stupore. Una lezione di democrazia musicale quella offerta alla Scala da Herreweghe, dal Collegium Vocale Gent, dai suoi musicisti, dai solisti che escono dal coro, eseguono le loro arie (tempismo perfetto, drammaturgia del movimento, tutta sulla musica) per poi tornare insieme agli altri musicisti a farsi voce di una comunità che celebra e ripercorre il Mistero. Lasciandosi interrogare, ancora oggi, dal suo significato.
Nelle foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala Philippe Herreweghe e il Collegium Vocale Gent