Lo sguardo sul mondo. Quello che va oltre i propri confini. Geografici, sociali, culturali. Ma con le radici profondamente ancorate nel territorio. Questa, da sempre, la vocazione – intesa come chiamata a portare un messaggio, in questo caso di bellezza attraverso l’arte – di Ravenna festival. Succede anche quest’anno perché per l’edizione numero trentacinque guarda al mondo, mette al centro gli effetti dei cambiamenti climatici, partendo dal territorio. Il territorio della Romagna colpito nel maggio dello scorso anno da un’alluvione che ha messo in ginocchio, ma non piegato gli abitanti di Ravenna. E fu sera e fu mattina il titolo scelto per l’edizione 2024 della rassegna. Titolo biblico, ispirato alla Genesi, per il cartellone che si apre l’11 maggio con Riccardo Muti e i Wiener philharminiker.
Cento spettacoli, sino al 9 luglio, per riflettere «sugli effetti del cambiamento climatico sul nostro pianeta, adottando nuove pratiche ecosostenibili per lo spettacolo dal vivo, ma anche sul valore della creatività come risorsa per comunità inclusive e multiculturali» spiegano i direttori artistici della manifestazione, Angelo Nicastro e Franco Masotti. Rassegna nella rassegna, a un anno dall’alluvione, Romagna in fiore per quattro fine settimana offre concerti gratuiti e sostenibili nei territori colpiti dalle fondazioni del maggio 2023.
Rassegna, come sempre, di grandi nomi. Della musica classica e non solo, perché Ravenna festival, da sempre, indaga territori come il jazz, il pop, la prosa, la danza… ecco allora, tra il migliaio di artisti che passerà per la città bizantina, ci sono Simon Rattle, Kirill Petrenko, Eleonora Abbagnato, Sergio Bernal, Giovanni Sollima, Filippo Gorini, Mario Brunello, Paolo Fresu e Omar Sosa, Colapesce Dimartino, Ian Bostridge, Hildur Gudnadóttir, Pupi Avati, Laura Morante.
«L’anima del mondo si sta sgretolando, come dimostrano la distruzione degli ecosistemi, l’esaurimento delle risorse e il cambiamento climatico…e la ricerca di un nuovo equilibrio riguarda anche lo spettacolo dal vivo» spiegano i direttori artistici che, per “raccontare” il titolo del XXXV Ravenna festival hanno nesso in cartellone, per il 24 maggio nella basilica di Sant´Apollinare in Classe La Creazione di Haydn proposta da Ottavio Dantone con l´Accademia bizantina. E per indagare il rapporto dell’uomo con il clima ecco anche la Trilogia Qatsi di Godfrey Reggio e Philip Glass, proposta con musiche originali eseguite dal vivo dal Philip Glass Ensemble dal 21 al 23 giugno al Teatro Alighieri e, il 16 giugno, Lo sciamano di ghiaccio, nuovo lavoro di teatro musicale multimediale dedicato alla vita degli Inuit. Festival da sempre dei grandi direttori, quello di Ravenna.
Così dopo il concerto inaugurale con i Wiener Philharmoniker Muti torna alla guida della sua Orchestra Cherubini per un concerto dedicato a Ferruccio Busoni il 9 giugno al Pala De Andrè da dove il 7 luglio partiranno Le vie dell’Amicizia con lo Stabat Mater di Giovanni Sollima e la Sinfonia Tragica di Schubert. Il ponte di fratellanza lanciato nel 1997 quest’anno vuole rendere omaggio a chi ha perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo: dopo il concerto di prima assoluta di Non dirmi che hai paura, nuovo spettacolo sull’atleta somala Samia Yusuf Omar, anche lei vittima della tragedia dei migranti. Il 2 giugno per la prima volta al Festival arriva Kirill Petrenko con la Gustav Mahler jugendorchester per celebrare il bicentenario della nascita di Bruckner mentre il 28 Simon Rattle porta la Chamber orchestra of Europe. Il Museo Classis ospita la Chiamata alle arti con cui Cristina Mazzavillani Muti invita giovani e giovanissimi a confrontarsi in una varietà di linguaggi. Altra rassegna nella rassegna è In tempo Domini con le liturgie domenicali accompagnate dal canto di ensemble italiani ed europei poi impegnati nei concerti serali. Biglietti già in prevendita. Il programma completo sul sito ravennafestival.org
Articolo pubblicato su Avvenire del 5 marzo 2024