Il violinista nato a Vienna in una famiglia armeno-iraniana nominato direttore musicale della formazione milanese «La vita è la mia passione. Amo musica, cibo e il calcio»
Non cercatelo su Instagram o su TikTok. Non lo trovereste. «Perché? Semplice, non ho social». Eppure Emmanuel Tjeknavorian ha ventotto anni. Nato nel 1995. Generazione social per eccellenza. «Ma non li trovo interessanti, non mi appassionano» dice il musicista austriaco, violinista e direttore d’orchestra, scelto dall’Orchestra sinfonica di Milano come nuovo direttore musicale. Un incarico triennale che partirà a settembre, con l’inizio della stagione 2024/2025, quello che il cda della fondazione ha varato all’unanimità lo scorso luglio, dopo che il nome di Emmanuel Tjeknavorian come possibile guida dell’orchestra fondata trent’anni fa da Vladimir Delman “circolava” da maggio. A metterlo sul tavolo gli orchestrali che a novembre 2022 lo hanno avuto per la prima volta sul podio, Debussy, Ravel, Rimskij-Koraskov «ed è scattata subito un’ottima intesa» ricorda il musicista che tornerà in largo Mahler il 16 febbraio per Wagner e Strauss.
Ma in questi giorni Emmanuel Tjeknavorian è già a Milano. Incontra i musicisti, i soci della fondazione per l’annuncio ufficiale della sua nomina. E anche i giornalisti. «Non sono mai stato insieme a così tante persone della stampa. Confesso, un po’ ho paura, ma sono gioioso» sorride Tjeknavorian. Elegantissimo. Non solo nell’abito che porta. Ma nei modi. Pacati. Antichi. Sicuramente determinati. Un’eleganza, una fierezza che gli viene dalle radici della sua famiglia. Il padre Loris, compositore e direttore d’orchestra, è cresciuto in Iran in una famiglia di origini armene. «Papà ha avuto una grande parte nella cultura musicale iraniana. Poi con mamma, pianista concertista, si è trasferito a Vienna dove io sono nato. Con l’Iran non abbiamo più contatti. Ci sono andato una volta da ragazzino, nel 2016. Non parlo il farsi, ma ho un grande rispetto per la cultura di quella terra» racconta il musicista che a cinque anni ha iniziato lo studio del violino. «Ma ho sempre voluto dirigere. Ci sono video di me che a quindici mesi copiavo i gesti di papà e “dirigevo” la Nona di Beethoven. Nella vita ci sono cose che non decidi e per me la direzione è stata qualcosa di naturale, di inevitabile. Un giorno mi sono alzato e ho detto: voglio dirigere. E papà mi ha detto: va bene, ma sappi che è un percorso lungo. Ho iniziato lo studio del violino perché un direttore non può prescindere da uno strumento e poi perché la direzione si affronta solo negli anni. Ricordo che spesso a casa a Vienna con papà mi esercitavo a dirigere, senza musica, solo tracciando gesti nell’aria, per avere familiarità con la bacchetta».
Basta poco al musicista, apprezzato violinista che da qualche anno, però, ha scelto la strada del podio (ha già diretto i Wiener symphoniker, la Gurzenich orchestre di Colonia, la Royal Stockholm philharminic, la Radio Sinfonieorchester di Berlino), per sciogliersi. A tavola, con i giornalisti che lo bersagliano di domande. «Possiamo condividere molto, noi abbiamo bisogno di voi e voi di noi» spiega Tjeknavorian, ricordando che, «vanno bene le parole, ma il nostro linguaggio, il mio e quello dei musicisti dell’Orchestra sinfonica di Milano, è quello delle note. Perché siamo artisti». Risponde a tutti. Parla ancora in inglese. «Ma per settembre, quando inizierà il mio mandato, il mio italiano sarà fluente» promette. Eppure qualche parola nella nostra lingua la butta già lì. «Avanti! Questo il nostro motto, per farci ambasciatori della bellezza della musica» spiega dicendosi poi «onorato dell’incarico di direttore musicale dell’Orchestra sinfonica di Milano, un nome importante, una storia importante. La mia prima direzione musicale… e come il primo amore… non si scorda mai».
Dieci programmi a stagione, ma senza un tema, senza un filo conduttore unico. «Ogni concerto seguirà un suo tema» anticipa Emmanuel Tjeknavorian. «Sarò spesso a Milano, una città che mi ha subito conquistato. Ha un’energia speciale. Ogni volta che atterro qui sento che c’è qualcosa in più, qualcosa di meglio rispetto alla volta precedente. E ogni volta continuo a scattare foto che mando ad amici e parenti per far vedere quanto è bella. Ora, frequentando la zona dell’Auditorium di largo Mahler, sto scoprendo i Navigli». In viaggio porta sempre il suo violino, uno Stradivari. «Insegno. Lo suono, ma ormai lo faccio per me perché sono rare le mie esibizioni in pubblico. Lo suono ogni volta che posso, perché quello è il mio suono. Se muovo le mani, ma non ho davanti un’orchestra non si sente nessun suono…» sorride, spiegando che «a Milano non mi vedrete nel doppio ruolo di direttor e solista. Magari suonerò il violino in qualche concerto di musica da camera».
Sicuramente imbraccerà il suo Stradivari a giugno, in piazza Duomo, per il tradizionale Concerto per la città della Filarmonica della Scala. Sul podio Riccardo Chailly. «Con lui c’è un feeling particolare, è uno dei pochi direttori con i quali suono ancora» dice Tjeknavorian che un anno fa, a gennaio 2023, ha suonato, proprio diretto dal musicista milanese, il Concerto n.1 in re maggiore per violino e orchestra di Sergej Prokof’ev – ma al Teatro egli Arcimboldi, per lo sciopero dei tecnici di palcoscenico scaligeri. Partner la Filarmonica che Tjeknavorian a Maggio ha diretto in un concerto all’Università Statale. «Sarà bello vedere sullo stesso palco, in piazza Duomo, i due direttori delle due maggiori orchestre milanesi» sorride il musicista che eredita il podio, alla guida dell’Orchestra sinfonica di Milano, che fu proprio di Chailly, direttore musicale della formazione (che allora si chiamava laVerdi) dal 1999 al 2005. «Quando gli ho detto che mi era stata proposta la direzione musicale della “sua” orchestra mi ha incoraggiato ad accettare questo incarico».
Un incarico sul quale Tjeknavorian ha le idee ben chiare. «La mia priorità è costruire una grande comunità con i musicisti dell’orchestra e con il pubblico. Milano ha un milione e mezzo di abitanti, portarne mille a ogni concerto è una sfida che dobbiamo vincere per avere un Auditorium sempre pieno, di persone di tutte le età, da zero a cento anni, perché nella musica, come in amore, l’età non conta». Passione, entusiasmo le parole d’ordine di Tjeknavorian. «Perché se le persone che vanno ad un concerto vedono i musicisti che suonano svogliati, percepiscono noia e, giustamente, scappano». Semplice la ricetta per l’orchestra. «Bisogna fare come gli sportivi, i calciatori che si allenano ogni giorno, e sudano, altrimenti non sarebbero in serie A. Lo stesso dobbiamo fare noi. Un lavoro di squadra».
Idee chiare anche sul repertorio. «Voglio proporre una grande varietà di autori e in ogni programma mettere sempre un autore contemporaneo. Mi dispiace che intorno alla musica sinfonica italiana ci sia poco interesse, quasi diffidenza. Mi piacerebbe molto eseguirla con l’Orchestra sinfonica di Milano, proponendo non solo Respighi e i suoi tre pezzi più famosi, Pini di Roma, Fontane di Roma e Feste romane, ma anche pagine di Martucci, Casella e Sinigaglia. Non solo, mi piacerebbe conoscere e collaborare con giovani compositori italiani». E se non esclude di mettere qualche volta sul leggio la musica armena e iraniana, «c’è una grande tradizione, in entrambi i paesi», Tjeknavorian pensa anche alla lirica. «Ma mi piacere dirigere opere scritte in una lingua che parlo, per ora il tedesco e il russo – e il repertorio è vastissimo –, ma presto anche l’italiano» promette.
Passioni? «La vita è la mia passione. La vita totalmente. Mi appassiona la musica, il cibo… anche il calcio. Mi è sempre piaciuto giocare a calcio, l’ho fatto quasi ogni giorno fino a quando ho avuto vent’anni, poi ho smesso, perché per un direttore è anche pericoloso, rischi di romperti qualcosa…» dice Emmanuel Tjeknavorian. Inter o Milan? «Real Madrid» sorride, dribblando la domanda.
Nelle foto @Angelica Concari Emmanuel Tjeknavorian