Vi piace la musica classica? E volete coinvolgere nella vostra passione qualche amico che, però, non sa Nulla (o quasi) di questo mondo? Ecco musica da regalare a Natale a chi vuole iniziare a scoprire il fantastico universo sonoro della musica classica e della lirica. Dieci dischi da mettere sotto l’albero. Dieci titoli, cinque classici e cinque operistici, per i “mai più senza” dell’appassionato.
1. Magnificat di Johann Sebastian Bach. Collegium vocale Gent e La chapelle royale. Direttore Philippe Herreweghe. Harmonia Mundi
Insieme al Gloria, il canto degli angeli, il Magnificat è il canto di Natale per eccellenza. La lode che Maria fa a Dio che «grandi cose ha fatto in me» rendendola madre di Gesù. Il Magnificat da sempre messo in musica dai grandi compositori di ogni tempo. Lo ha fatto anche Johann Sebastian Bach che ha fatto di tutta la sua musica e della sua vita una lode a Dio. Soli Deo gloria la frase con cui il compositore di Lipsia chiudeva ogni sua partitura. La gloria che canta Maria in questa pagina, una cantata scritta da Bach nel 1723 per i Vespri di Natale nella Thomaskierche di Lipsia e rimaneggiata nel 1733. Un brano imponente, per orchestra, coro a cinque voci e cinque solisti. Dodici “capitoli” per ripercorrere la preghiera di Maria con un’introduzione, un’aria e un corale. Atmosfere “natalizie” che uno specialista di Bach come Philippe Herreweghe restituisce con i complessi del Collegium vocale Gent e de La chapelle royale nell’incisione di Harmonia Mundi.
2. Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi. Orchestre de chambre de Lausanne. Direttore e violino solista Renaud Capuçon. Erato
Dici musica classica e una delle prime pagine che viene in mente anche a chi non conosce tutto di questo mondo sono Le quattro stagioni di Antonio Vivaldi. Vuoi perché è stata abbondantemente usata dagli spot pubblicitari – quante pagine di musica fanno questa fine, remixate ad hoc per pubblicizzare un detersivo o un profumo. Vuoi perché magari in un passaggio tv di qualche esecuzione la nostra attenzione è stata catturata dalla musica di Vivaldi… capace di raccontare il freddo dell’inverno e i campi di grano assolati dell’estate. Musica descrittiva, certo. Musica che racconta. Musica di grande fattura che è una sorta di grande concerto per violino e orchestra, tanto che le Stagioni di Vivaldi (dalle poi, nel tempo, diversi compositori hanno preso spunto per scrivere le loro Stagioni, ad esempio Astor Piazzolla) sono il cavallo di battaglia di grandi interpreti. Renaud Capuçon le ha incise per Erato con i suoi musicisti dell’Orchestre de chambre de Lausanne.
3. Sinfonie di Ludwig van Beethoven. Berliner philharmoniker. Direttore Claudio Abbado. Deutsche grammophon
C’è la pagina con l’inizio più famoso di tutta la storia della musica, quattro note ribattute che tutti almeno una volta abbiamo canticchiato. Le note che aprono la Quinta. C’è la Marcia funebre dell’Eroica. C’è la melodia che racconta la campagna della Pastorale. E poi c’è l’Inno alla gioia della Nona, quello che invita alla fraternità ed è diventato l’inno dell’Europa. Le Sinfonie di Ludwig van Beethoven sono le hit della musica classica. Popolari, popolarissime, tanto da diventare anche dei “singoli”. Detto così sembra forse irriverente, ma racconta bene quanto anche la musica classica possa essere popolare. Ecco allora che chi vuole avere una mappa per orientarsi nel mondo della musica classica non può non passare da qui, dalle nove pagine che il musicista tedesco ha scritto tra il 1799 e il 1824, ispirate a Mozart le prime (lo si sente chiaro) con un marcato stile quelle dalla Terza in poi, lo stile beethoveniano fatto di improvvisi scarti di tempo e di volume. Pagine che sono capitoli di un grande romanzo, da leggere/da ascoltare tutte d’un fiato. O da prendere una alla volta… da ascoltare e riascoltare per entrare nel mondo del compositore. Con una grande esecuzione come lo è sicuramente quella lasciata da Claudio Abbado con i Berliner philharmoniker per Deutsche grammophon. E non solo un’incisione, ma due, a distanza di tempo, del ciclo delle Nove sinfonie.
4. Concerto di Capodanno 2021. Musiche della famiglia Strauss. Wiener philharmoniker. Direttore Riccardo Muti. Sony classical
Per tanti, tantissimi, un miliardo di persone in tutto il mondo, il Concerto di Capodanno di Vienna è un appuntamento irrinunciabile di ogni 1 gennaio. Per iniziare bene l’anno, facendosi gli auguri sulle note dei valzer della famiglia Strauss. Gli immancabili bis di Sul bel Danubio blu e della Marcia di Radetzky che ti fa venire voglia di battere le mani anche da casa. E poi pagine dalle operette viennesi, pagine scritte per i balli nei palazzi della capitale austriaca da Johann Strauss padre, Johann Strauss figlio, Josef Strauss… che raccontano di feste, di boschi, di cavalcate, di fiumi che scorrono, di amori che nascono, di pianeti… della vita, insomma. Con una leggerezza che fa rima con una grande scrittura e una grande sapienza musicale. Una tradizione, quella del Concerto di Capodanno nella Sala d’oro del Musikverein di Vienna, che i Wiener philharmoniker hanno iniziato nel 1939 con il direttore Clemens Krauss. Eseguito anche durante gli anni della guerra il Neujahrskonzert ha visto sul podio le più grandi bacchette di sempre, da Willy Boskovsky a Herbert von Karajan, da Lorin Maazel a Carlos Kleiber, da Zubin Mehta a Daniel Barenboim. E, naturalmente, agli italiani, Claudio Abbado e Riccardo Muti, per ben cinque volte sul podio del Musikverein. L’ultima nel 2021. E come ogni anno Sony (e prima altre storiche etichette) ha pubblicato (a tempo di record, perché esce già pochi giorni dopo il 1 gennaio) la registrazione del concerto.
5. Sinfonia n.1 in re maggiore Titano di Gusatv Mahler. Orchestra della Bayerischen rundfunk. Direttore Mariss Jansons. Br klassik
Inizia con un suono lunare, un accordo dei violini che ci porta in uno scenario spaziale. Come se stessimo osservando l’universo prima del Big Bang. La Sinfonia n.1 in re maggiore di Gustav Mahler è l’inizio di un viaggio, nel mondo immaginato dal compositore austriaco. E dopo quel suono quasi silenzioso c’è l’esplosione della vita. Il mondo nasce sotto i nostri occhi e ci racconta una storia. Quella che Mahler ha messo nel suo percorso sinfonico, partito nel 1888 quando iniziò a comporre il Titano, questo il tiolo della Prima sinfonia, e conclusosi nel 1910 con la Nona. Un percorso che resterà incompiuto perché la Decima resterà solo abbozzata. Un percorso fatto di pagine “sacre”, perché parlano dell’uomo. Musica e parole nelle pagine di Mahler che in molte sinfonie sceglie non solo la musica, ma anche il canto. Per iniziare il percorso mahleriano ecco che la partenza deve essere proprio la Sinfonia n.1 in re maggiore, incisa nel 2007 (e ora rimasterizzata da Br klassik) da Mariss Jansons (scomparso nel 2019) con l’orchestra della Bayerischen rundfunk di Monaco di Baviera.
6. Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Con Hermann Prey, Teresa Berganza, Luigi Alva, Enzo Dara, Paolo Montarsolo. Orchestra e coro del Teatro alla Scala. Direttore Claudio Abbado. Regia, scene e costumi di Jean-Pierre Ponnelle. Deutsche Grammophon
Torniamo indietro. Dal Novecento di Mahler all’Ottocento di Rossini. Per il primo dei cinque titoli lirici. E l’opera lirica più famosa, sicuramente, è Il barbiere di Siviglia del compositore di Pesaro. Che ogni volta raccoglie un grandissimo successo. Per la sua freschezza, la sua leggerezza, la sua capacità di far sorridere. Nonostante alla prima fu un terribile flop. Perché il 20 febbraio del 1816 al Teatro Argentina per Gioacchino Rossini, che allora aveva appena 24 anni, ci furono solo fischi. Roba da non credere se si pensa che oggi il «Figaro qua, Figaro là, Figaro su, Figaro giù» lo canticchia anche chi non ha mai sentito un’opera. Perché è diventato un brano pop. L’opera più opera che il compositore di Pesaro trasse da una commedia, datata 1775, di Pierre Augustin Caron de Beaumarchais, fu fischiata alla prima perché il pubblico del 1816 forse si dimostrò diffidente nei confronti di quello che oggi chiameremmo un remake. Perché in circolazione c’era già un altro Barbiere di Siviglia, composto nel 1782, solo trentaquattro anni prima, da Giovanni Paisiello (qualcuno pensa che l’insuccesso della prima fu dovuto agli ammiratori di Paisiello, giunti a Roma solo per contestare Rossini) per San Pietroburgo e in breve diventato popolarissimo in tuta Europa. Titolo che oggi non si sente più, oscurato dalla fama mondiale del Barbiere di Rossini. Un super classico è l’allestimento pensato negli anni Settanta da Jean-Pierre Ponnelle per il Teatro alla Scala (e ogni tanto lo si rivede in scena, a distanza di cinquant’anni) e diretto da Claudio Abbado. Talmente classico da diventare anche un film, diretto dallo stesso Ponnelle con un gusto molto teatrale e con il cast delle recite scaligere: Hermann Prey (Figaro), Teresa Berganza (Rosina), Luigi Alva (il Conte d’Almaviva), Enzo Dara (Don Bartolo) e Paolo Montarsolo (Don Basilio).
7. Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart. Con Thomas Allen, Jorma Hinninen, Kathleen Battle, Margaret Price, Ann Murray, Kurt Rydl, Mariana Nicolesco. Wiener philharmoniker. Konzertvereingung Wiener Staatsopernchor. Direttore Riccardo Muti. Emi
Stando al linguaggio cinematografico oggi parleremo di sequel. Peccato che Le nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart siano state scritte nel 1786, trent’anni prima del Barbiere rossiniano. Ma il soggetto da cui è tratto è sempre una commedia di Beaumarchais che, come in una serie tv segue le vicende del personaggio, popolarissimo alla fine del Settecento, quel Figaro che prima è barbiere e poi servo del Conte di Almaviva che ha sposato la sua Rosina. Ecco l’inizio delle Nozze di Figaro di Mozart. Nozze complicate perché il Conte, stanco della moglie, vorrebbe portarsi a letto Susanna, promessa sposa di Figaro. L’opera perfetta quella di Mozart. Che oggi sarebbe un proclama sindacale per dire che non ci devono essere padroni tiranni e lavoratori subalterni. Perché la partitura racconta lo scontro tra un padrone e il suo servo. Un opera da ascoltare dopo il Barbiere rossiniano. Come un sequel. Ma anche come quattro puntate (se si ascolta un atto alla volta) puntate di una stagione di una serie tv. Storica edizione delle Nozze mozartiane è quella incisa per Emi da Riccardo Muti con i Wiener philharmoniker (l’orchestra di Vienna suona ogni anno al Festival di Salisburgo, la città di Mozart) e le voci di Thomas Allen (Figaro), Jorma Hinninen (il Conte d’Almaviva), Kathleen Battle (Susanna), Margaret Price (la Contessa), Ann Murray (Cherubino), Kurt Rydl (Bartolo) e Mariana Nicolesco (Marcellina).
8. La traviata di Giuseppe Verdi. Con Lisette Oropesa, René Barbera, Lester Lynch. Dresden philharmonie. Sächischer staatsopenchor Dresden. Direttore Daniel Oren. Pentatone
Se Il barbieredi Siviglia è l’opera più popolare, La traviata di Giuseppe Verdi è quella più eseguita ogni anno nel mondo. Non ha rivali. La storia di Violetta (che Francesco Maria Piave, il librettista di Verdi, prende dal romanzo La signora delle camelie di Alexander Dumas) sa ancora emozionare, sa ancora far piangere. Tiolo che ebbe un effetto deflagrante il 6 marzo del 1853 quando andò in scena per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia. Uno scandalo. Perché chi sino ad allora era abituato a vedere in scena storie in musica ambientate nel passato per la prima volta si trovava di fronte una storia contemporanea: i cantanti avevano gli stessi abiti di chi sedeva in platea. Fischi (come è capitato spesso nella storia della musica ai grandi capolavori) per quella che sarebbe diventata l’opera più rappresentata della storia. Il Libiamo che è diventato la colonna sonora dei brindisi, i Bollenti spiriti trasformati in espressione proverbiale, come l’Addio del passato. Un grande banco di prova per l’interprete femminile, il soprano chiamato a vestire i panni di Violetta. In questa edizione pubblicata da Pentatone la prostituta redenta dall’amore è Lisette Oropesa. Daniel Oren, sul podio della Dresden philharmonie, guida le voci di René Barbera che è Alfredo e Lester Lynch che è Giorgio Germont.
9. Tosca di Giacomo Puccini. Con Maria Callas, Tito Gobbi, Renato Cioni. Orchestra e coro della Royal opera house Covent Garden di Londra. Direttore Carlo Felice Cillario. Warner classics.
Nella classifica delle opere più amate e più rappresentate non può mancare la Tosca di Giacomo Puccini. Un drammone, una stria avvincente di amore e di morte. Ma non solo. La prima musica del XX secolo. Perché il Novecento musicale si inaugura con la Tosca di Puccini che va in scena il 14 gennaio del 1900 al Teatro Costanzi di Roma. Stessa città dove è ambientata l’opera che il compositore toscano scrive ispirandosi al dramma di Victorien Sardou: un giallo, con il ritmo incalzante nella narrazione scandita da alcune tra le più popolari arie della storia del melodramma, da Vissi d’arte a E lucean le stelle. La storia di un pittore, Cavaradossi, innamorato di una cantante, Tosca, della quale è però innamorato il cattivo, Scarpia, capo della polizia della Roma papalina del primo Ottocento: l’opera è ambientata il 14 giugno del 1800, nel giorno in cui Napoleone ottiene la vittoria a Marengo (episodio citato nel secondo atto). Inutile dire che il cattivo mette ai due innamorati i bastoni tra le ruote, ma finisce… meglio, però, non svelare il finale. Un banco di prova per gli interpreti che devono essere cantanti, ma soprattutto attori per rendere credibile la storia. La più grande Tosca di sempre è Maria Callas. Che in questa incisione live dal Covent Garden di Londra del 1964 rivela la sua grande arte di musicista e interprete insuperata. Con lei Tito Gobi (Scarpia) e Renato Cioni (Cavaradossi).
10. Billy Budd di Benjamin Britten. Con Jacques Imbrailo, Toby Spence, Brindley Sherratt, Thomas Oliemans. Orchestra e coro del Teatro Real di Madrid. Direttore Ivor Bolton. Regia di Deborah Warner. BelAir
L’opera nel Novecento, nel pieno del Novecento, si è trasformata. Scomposta. Frammentata. A restituirla nella sua forma più classica il compositore britannico Benjamin Britten. Una nave in mare. Scenario tipico dei romanzi di Herman Melville. Questo lo scenario sul quale si apre il Billy Budd di Britten, tratto proprio da un racconto dell’autore di Moby Dick. Trasformato in libretto per un melodramma da Edward Morgan Forster ed Eric Crozier, va in scena nel 1951 al Covent Garden di Londra. Anche qui, come in tutte le opere di Britten, il tema è quello dell’innocenza violata. Uccisa in questo racconto tutto ambientato a bordo della nave da guerra Indomitable e centrato sul rapporto tra bene e male. Opera tutta al maschile da ascoltare come quando si legge un romanzo d’avventura, tra colpi di scena, ma anche forti emozioni per la sorte del mozzo, interpretato in questa versione, andata in scena al Teatro Real di Madrid, da Jacques Imbrailo. Un dvd pubblicato da BelAir dello spettacolo (bellissimo) della regista britannica Deborah Warner, vincitore dell’Opera Award come miglior spettacolo. In scena, diretti da Ivor Bolton, Toby Spence, Brindley Sherratt, Thomas Oliemans.