Il compositore laziale direttore artistico della rassegna racconta il festival e i progetti per il centenario del 2024 «Nessun trucco orientale nella nostra Butterfly ecologica Sto con Angel Blue, il black face è una ferita aperta»
Piante come unica scenografia. «Per una Madama Butterfly ecologia» racconta Giorgio Battistelli. Piante rigogliose nel primo atto, secche e inaridite alla fine, quando Cio Cio San si toglie la vita. Una Butterfly ecologica quella che venerdì 15 luglio, con la regia di Manu Lalli e la bacchetta di Alberto Veronesi, sul palco all’aperto di Torre del Lago ha inaugurato l’edizione 2022 del Festival Puccini, la numero sessantotto. Rimettendo al centro un tema, quello della tutela dell’ambiente, drammaticamente attuale e da sempre caro al compositore di Albano Laziale, dal 2020 direttore artistico della rassegna dedicata al compositore toscano. «Perché la musica deve essere etica e politica» racconta Battistelli, classe 1953, che alle Amministrative del 2015 era candidato sindaco con una sua lista civica nel Comune dei Castelli romani. Anno, il 2015, in cui il musicista, su commissione del Teatro alla Scala per la stagione legata ad Expo, ha scritto un’opera incentrata proprio sull’ecologia. Un’opera politica, Co2, ispirata a Una scomoda verità del premio Nobel americano Al Gore. «Quando scrivo una partitura o quando disegno un cartellone cerco sempre di parlare al presente attraverso la mia musica e di porre al pubblico domande sul nostro tempo mettendo in scena i capolavori del passato» riflette Battistelli che come titolo per l’edizione 2022 del Festival Puccini ha scelto #lamegliogioventù. «Una dedica a Pier Paolo Pasolini a cento anni della nascita, perché i suoi ragazzi di vita avevano un desiderio, una volontà e una determinazione nel vivere la propria giovinezza che è la stessa che vivono i personaggi di Puccini. Come le donne che portiamo in scena quest’anno, Tosca, Magda de La rondine, Turandot e Butterfly».
Una Cio Cio San che, parrucca a parte, non ha tratti orientali, Giorgio Battistelli. Dunque anche lei è d’accordo con Angel Blue, il soprano americano di colore che si rifiuta di cantare in Traviata a Verona perché ritiene una pratica razzista il dipingere di nero il volto alle cantanti che in Arena interpretano Aida?
«Sì, perché la questione black face è seria, ha visto molti lottare per denunciare le caricature dei neri che venivano fatte, anche nello spettacolo. E dirò di più, quello che è accaduto lo trovo vergognoso, un atteggiamento involutivo. Non è un trucco che fa un’interpretazione. Anche una Mimì con qualche chilo di troppo non rende giustizia al libretto perché la protagonista di Bohéme muore di tisi. La vera sfida è rendere credibile questa storia anche con un viso senza trucco».
Una questione politica?
«Anche, in un periodo in cui si dibatte molto di diritti. Già Martin Luther King denunciò la piaga del black face, un episodio del genere ci dice che c’è ancora molto da fare in questa direzione».
Quali, invece, le scelte “politiche” del suo cartellone 2022 per il Festival Puccini?
«Una rassegna come la nostra deve porre delle domande sul presente, non può limitarsi ad essere solo intrattenimento, che pure ci deve essere. Dobbiamo recuperare un senso etico e spirituale dell’arte. Un festival ha un compito relazionale e politico. Perché oggi più che mai occorre tornare a parlare di politica, di quello che succede nella nostra società attraverso l’arte e le opere del passato. Ogni anno scelgo un titolo, il pasoliniano #lamegliogioventù per questo 2022, che fa anche da perimetro semantico all’interno del quale è possibile ampliare l’orizzonte, creando legami con altri autori che hanno fatto propria la grande lezione di Puccini».
Quale questa lezione?
«Una lezione musicale, prima di tutto. Puccini è ritornato ad essere nostro contemporaneo perché pone domande su cui ci siamo incagliati per tanto tempo, ci invita a riflettere sulla melodia, sul fraseggio e sulla dissonanza. Una riflessione che raggiunge un vertice assoluto nella Turandot. Non solo, la struttura drammaturgica delle sue opere è talmente raffinata ed efficace che è stata ampiamente saccheggiata da Hollywood, non solo a livello musicale – pensiamo a quanto Puccini ci sia in certe colonne sonore – ma anche come modello di struttura narrativa».
Diceva che Puccini è «ritornato ad essere nostro contemporaneo». C’è stato un momento in cui non lo è stato?
«Quando ero studente, negli anni Settanta, era vietato parlare di Puccini perché considerato dalle avanguardie del tempo un conservatore. Per me, invece era una grande passione che ora, avendo la direzione del festival, ho ritrovato. C’è una grande modernità in Puccini che è paradossalmente quello che gli veniva rimproverato, una eterogeneità di scrittura quasi fosse una non identità, una perdita di ricchezza. Oggi invece questo diventa un valore aggiunto. Certo in parte resiste ancora questo pregiudizio delle avanguardie. Oggi, però, non si è più o comunisti o fascisti, non c’è più una divisione netta nelle idee. Non c’è più quell’arroganza che la verità sia una e solo una, ma ormai possiamo vivere l’articolazione della verità. Tanto che quest’anno a Torre del Lago, accanto ai titoli pucciniani, imprescindibili, ci sarà la musica del Novecento, il secolo inaugurato da Puccini, con lo Jakob Lenz di Wolfgang Rihm e il Satyricon di Bruno Maderna, autori che rivendicavano il diritto a contraddirsi perché occorre avere sempre la curiosità del sapere. Puccini era curioso, si poneva delle domande cosa che oggi tanti compositori contemporanei non fanno. È celebre la sua frase dopo aver ascoltato a Firenze il Pierrot lunaire di Schönberg: Ora le mie orecchie vomitano questa musica, ma forse tra cent’anni sarà la mia a fare questo effetto. Aveva la sapienza del dubitante».
C’è qualcosa da sapere ancora su Puccini?
«La fondazione Puccini e Ricordi fanno un lavoro prezioso sulle edizioni critiche delle partiture. Ma Puccini ci offre lo spunto per cercare di capire dove va oggi il pensiero operistico e se è possibile trovare una nuova drammaturgia, un tema che approfondiremo dal 25 agosto nella tre giorni di studi Quo vadis opra?. Un ulteriore avvicinamento all’anniversario del 2024, quando celebreremo i cento anni dalla morte del compositore».
Sta già progettandolo?
«La mia utopia di visionario è di trasformare tutta la Versilia in un grande palcoscenico dove seguire in contemporanea tutte le opere di Puccini, permettendo al pubblico di muoversi sul territorio. Mi piacerebbe coinvolgere artisti che sappiano sfruttare le caratteristiche dei luoghi, registi con poetiche alla Ronconi o alla Vick. Mi piacerebbe poi coinvolgere giovani artisti che interagiscano con il territorio».
Una parola, territorio, che torna nel suo progetto culturale.
«Oggi fare un festival può essere semplice, basta costruire un grande contenitore dove mettere dentro quello che si compra in giro per l’Europa. Così si creano rassegne in fotocopia. Molti festival italiani soffrono di questa crisi d’identità, ma anche di una mancanza del rapporto con il territorio. Non solo, non ha senso una politica culturale italiana che fa nascere sempre nuovi festival, occorre rafforzare quello che c’è e consentire a queste rassegne già radicate sul territorio di sopravvivere».
Il festival 2022 tra i classici di Puccini e il Novecento
Dopo il fine settimana inaugurale con Madama Butterfly (sul podio Alberto Veronesi, regia, scene e costumi di Manu Lalli) e Tosca (dirige Enrico Calesso, spettacolo di Pier Luigi Pizzi) il Festival Puccini di Torre del Lago propone sabato 23 luglio Turandot diretta da Michele Gamba e con la regia di Daniele Abbado, mentre il 9 agosto tocca a La rondine con la bacchetta di Robert Trevino e lo spettacolo di Denis Krief. Il 20 luglio Marco Angius dirige Jakob Lenz di Wolfgang Rihm con la regia di Cesae Scarton mentre il 25 agosto va in scena e il Satyricon di Bruno Maderna diretto da Tonino Battista con la regia di Manu Lalli. Il 2 e il 3 agosto omaggio a Pasolini con La meglio gioventù, due concerti con pagine inedite di Salvatore Frega, Marcello Filotei, Roberto Vacca e Andrea Manzoli. Il 28 luglio concerto diretto da Enrico Calesso, il 28 sul podio Nil Venditti. Chiusura il 17 settembre con Daniele Gatti che dirige orchestra e coro del Maggio musicale fiorentino in pagine dal Parsifal di Wagner e nei Quattro pezzi sacri di Verdi.
Intervista pubblicata sul quotidiano Avvenire del 17 luglio 2022
Madama Butterfly a Tore del Lago foto @Giorgio Andreuccetti
Tosca a Tore del Lago