Il direttore d’orchestra racconta Le vie dell’amicizia 2022 che lo hanno portato con Ravennafestival nei due santuari «Qui mi sono sentito avvolto dal manto della Madonna»
«Maestro! Maestro!». Il brusio della piazza che si svuota viene coperto dalle voci dei bambini. Che arrivano nel camerino allestito dietro il palco, nel porticato che abbraccia la basilica della Santa Casa. La porticina di legno si apre. Riccardo Muti si fa strada tra i musicisti dell’orchestra giovanile Luigi Cherubini che lo aspettano per un saluto, per un grazie dopo il nuovo viaggio fatto insieme, quello de Le vie dell’amicizia di Ravenna festival che quest’anno sono partite lunedì 11 luglio da Lourdes e sono approdate giovedì 14 a Loreto. Un ponte tra i due santuari mariani per invocare, in musica, il dono della pace. Con il suo passo spedito il direttore va sul sagrato della basilica di Loreto. Dove i bambini continuano a chiamarlo. «Maestro! Maestro!». Una foto di gruppo. Una parola con tanti. Un sorriso per tutti. «Sono stati bravissimi. Ieri, in prova, ascoltavano le mie indicazioni e reagivano puntualmente. I bambini sono fiori che nascono puri e che la società deve saper coltivare. Perché, come dice un proverbio cinese, è a forza di pensare ai fiori che i fiori crescono. Lo dico da padre e da nonno». Nonno di cinque nipoti Muti. Gilda, figlia di Chiara e del pianista David Fray, lunedì era a Lourdes, nel coro delle voci bianche, con i suoi compagni di scuola francesi di Tarbes. A cantare, come hanno fatto l’altra sera i bimbi del coro Vocincanto di Loreto, l’Ave Verum Corpus di Mozart, sigillo che Muti ha voluto mettere ai due concerti. «A Lourdes i ragazzi hanno attaccato il brano subito dopo il silenzio che ha accompagnato l’arrivo sul sagrato della basilica di Nostra Signora del Rosario della statua della Madonna. Un’atmosfera rarefatta, fuori dal tempo. Un momento ir-razionale, oltre la ragione, di spiritualità che – dice commosso il musicista – porterò sempre nel cuore».
Cosa custodirà dell’edizione 2022 de Le vie dell’amicizia, maestro Muti?
«A Lourdes e a Loreto ho avuto la sensazione di essere avvolto dal manto della Madonna che è grande e accoglie tutti gli uomini. Questo viaggio, come sempre capita con i ponti di fratellanza che lanciamo con il Ravenna festival, ha assunto un significato profondissimo. Questa volta, forse, ancora di più perché abbiamo portato un messaggio spirituale, di pace in un momento in cui il mondo è in fibrillazione tra guerre, traffici, bambini che muoiono di fame, economia allo sfascio e sciacalli che ne approfittano. Lo sappiamo, i nostri concerti sono come gocce in un oceano, ma sono gocce necessarie».
Da Sarajevo a Lourdes e Loreto, tanta strada e tante situazioni drammatiche incontrate.
«Ogni volta rimango stupito nel vedere come la musica possa davvero lenire le ferite. Nel 1997 a Sarajevo, subito dopo la fine della guerra, abbiamo suonato l’Eroica di Beethoven davanti a novemila persone e abbiamo regalato i nostri strumenti ai musicisti bosniaci perché i loro erano rimasti sotto le macerie. Quando nel 2018 siamo andati a Kiev, sebbene a Mariupol si combattesse, nessuno poteva prevedere la drammatica situazione in cui oggi è precipitata l’Ucraina. Furono giorni in cui si sono creati legami che hanno fatto sì che mia moglie Cristina ad aprile sia andata al confine con la Polonia per portare a Ravenna una sessantina di artisti dell’Opera di Kiev. Che hanno suonato e cantato con noi a Lourdes e a Loreto. Questi sono segnali di fratellanza per chi li vuole cogliere, se invece si vuole fare la guerra a tutti i costi…».
Sul leggio pagine intrise di spiritualità come il Magnificat di Vivaldi, lo Stabat Mater e il Te Deum di Verdi.
«A Lourdes e Loreto i testi della tradizione cristiana che abbiamo eseguito insieme alle preghiere mariane proposte dagli amici francesi e ucraini, si sono allargate nel loro significato, acquistando un senso universale che abbraccia tutte le fedi e tutti gli uomini ontà che chiedono il dono della pace, per Kiev e per tutte le situazioni di guerra che ci sono nel mondo».
Tornerebbe a Kiev?
«Sì e tornerei in tutti i luoghi che abbiamo visitato perché l’amicizia va coltivata. A Ravenna, grazie all’opera di volontari e associazioni, lo stiamo facendo con gli amici di Kiev che grazie alla disponibilità dell’arcivescovo, monsignor Lorenzo Ghzzoni, animano le liturgie in Duomo, con il loro canto ispirato, che non è quello delle schitarrate che si sentono ancora troppo spesso. L’appello di Benedetto XVI a riportare la grande musica nelle chiese è rimasto inascoltato. E quando ho incontrato Papa Francesco ho chiesto anche a lui di fare qualcosa, ricordandogli l’importanza della Chiesa nella storia della musica».
Una delle sue battaglie, insieme alla difesa della cultura.
«Una parola spesso svuotata di senso, come la parola bellezza che risuona come uno slogan. Sant’Agostino diceva: Forma pulchritudinis est unitas, la forma della bellezza è l’unità, l’armonia, quello che noi ricreiamo in musica. Certo, lo vado ripetendo da una vita e ormai mi avvicino all’ultimo tratto. Ma a chi lo ripeto? Le nuove generazioni hanno cambiato il loro sguardo sulla realtà. La politica e le istituzioni si devono fare carico della formazione culturale delle giovani generazioni per dare loro una consapevolezza che permetta di non essere in balia di uno che potrebbe premere un bottone e annientarci tutti».
La musica in questo ha un ruolo fondamentale.
«Cantare amantis est, diceva ancora Sant’Agostino, perché il cantare, il fare musica è tipico di chi ama. E in questo Amore ci sono tutti i sentimenti di pace, bellezza e fratellanza che abbiamo proclamato a gran voce in questi giorni a Lourdes e Loreto».
Il concerto, risuona il Magnificat davanti alla Santa Casa
Il Magnificat, il canto di Maria che loda Dio «perché ha guardato l’umiltà della sua serva», risuona davanti alla basilica dove è custodita la Santa Casa di Nazareth, dove l’angelo portò l’annuncio a Maria e dove il Verbo si fece carne. La musica, ancora una volta, si fa strumento per «riaccendere nei cuori la speranza e favorire percorsi di solidarietà e di concordia mediante il linguaggio universale della musica» come ha scritto Papa Francesco in un telegramma inviato a Loreto. Perché si compie nelle Marche il percorso de Le vie dell’amicizia di Ravenna Festival partito lunedì 11 luglio da Lourdes e approdato giovedì 14 a Loreto.
Una città che prova a ripartire dopo i lunghi mesi di chiusure che hanno tenuto lontano i pellegrini – e di conseguenza messo a dura prova il tessuto economico e sociale che ora non cerca una rivincita, ma si apre, generoso, all’accoglienza – con iniziative che diano corpo alle linee tracciate da Papa Francesco nella sua visita del 25 marzo 2019: la Casa di Maria come casa per le famiglie, i giovani, i malati e i sacerdoti come indicato nelle linee pastorali 2022/2023 dell’arcivescovo prelato monsignor Fabio Dal Cin. «Ritorni la pace e sarà il segno di un nuovo giorno quando i pellegrini della Russia e dell’Ucraina ritorneranno a camminare insieme verso la Santa Casa» ha detto monsignor Dal Cin prima di lasciare spazio alla musica.
Muti – che ha ricevuto dall’ambasciatore ucraino in Italia Yaroslav Melnyk l’onorificenza come membro dell’Accademia nazionale delle arti dell’Ucraina – ha messo sul leggio il Magnificat di Vilaldi (soliste Arianna Vendittelli e Margherita Maria Sala) il Concerto n.1 in re maggiore per corno e orchestra di Mozart affidato a Felix Klieser, lo Stabat Mater e il Te Deum di Verdi, pagine che si sono intrecciate a canti mariani baschi e ucraini, ma anche a Melody for an angel di Myroslav Skoryk, affidato alla bandura, strumento tradizionale ucraino, di Taras Stoly, arrivato a Loreto grazie a un permesso speciale dell’esercito dove è arruolato. Nella sera di Loreto, come già a Lourdes, le voci dei bambini intonano l’Ave Verum Corpus. E il loro canto si fa preghiera.
Nelle foto @Marco Borrelli Le vie dell’amicizia a Loreto
Intervista pubblicata sul quotidiano Avvenire del 16 luglio 2022