Il basso-baritono bergamasco si racconta tra vita e scena «Filippo II, Enrico VIII, Mefistofle i ruoli che mi chiedono, ma quando torno a casa lascio i personaggi in teatro» Leporello per 150 volte, nel 2023 il debutto a New York
«Non sono cattivo» potrebbe dire Alex Esposito, parafrasando il film Chi ha incastrato Roger Rabbit, «non sono cattivo, mi disegnano così». Perché «sono quelli i ruoli per i quali mi chiamano» sorride il basso-baritono bergamasco, il “cattivo” della lirica, specializzato nel portare in scena quei personaggi cupi e sinistri, adattissimi alla sua voce di velluto e alle sue poliedriche doti di attore: Enrico VIII dell’Anna Bolena di Gaetano Donizetti. Filippo II del Don Carlo di Giuseppe Verdi, Mefistofele nel Faust di Charles Gounod e ne La damnation de Faust di Hector Berlioz, Nick Shadow (che è poi un’altra variazione sul tema di Mefistofele) del Rake’s progress di Igor Stravinskij. «Stasera torno a vestire i panni di un altro cattivo» racconta da Parigi il cantante, classe 1975, che dal 30 maggio sarà Don Basilio, un altro suo cavallo di battaglia (a dicembre 2020 lo ha portato in tv nel film di Mario Martone prodotto dall’Opera di Roma con la bacchetta di Daniele Gatti), all’Opera de Paris nell’allestimento in stile Almodovar pensato da Damiano Michieletto per Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini.
«Di recente sono stato Mefistofele a Venezia, nel Faust di Gounod e ho avuto la riprova che questi personaggi il pubblico o li ama o li odia, non c’è una via di mezzo. E spessissimo capita che li ami» spiega il cantante che nel 2023 debutterà al Metropolitan di New York – sarà Dulcamara, il ciarlatano imbonitore de L’elisir d’amore di Donizetti «cattivo e cinico» – dopo aver cantato nei teatri di tutto il mondo da Londra a Vienna alla Scala, dove di recente ha vestito per la centocinquantesima volta i panni di Leporello nel Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart. «Sono sempre stato Leporello, mai Don Giovanni, un ruolo che mi hanno offerto tante volte, ma che ho sempre rifiutato. Ora potrei anche dire di sì» racconta Esposito che nella regia di Robert Carsen si è trasformato in un macchinista di palcoscenico. «Indossavo i loro stessi abiti, muovevo le scene con loro. Perché il regista ha ambientato le vicende dietro le quinte della Scala. Questa volta ero un Leporello umanissimo, ma per Damiano Micheletto a Venezia sono stato un Leporello disperato, per Roland Schwab a Berlino un servitore cinico. Ho debuttato a Roma nell’allestimento super classico di Franco Zeffirelli, un’impostazione accademica, perfetta per una prima volta, fedele all’iconografia di questo straordinario personaggio, come sono straordinari tutti quelli della Trilogia Mozart-Da Ponte» che per Esposito è un mix perfetto «di canto e prosa. Mozart è un maestro di teatro, Rossini un maestro di canto. Ecco i due pilastri su cui mi sono formato».
Nelle foto (@Wilfried Hosl, @Brescia/Amisano, @Luciano Romano)
Alex Esposito in Semiramide, Il turco in Italia e Les contes d’Hoffmann
Ma la musica non è stata la sua prima passione. «In casa i miei non erano particolarmente appassionati. Seguivo le opere in tv, andavo a teatro. Ma ho sempre avuto una passione per tutte le forme di rappresentazione. Sin da bambino quando a luglio alla sagra di San Pantaleone del mio paese arrivava il teatro dei burattini. E mi ha sempre affascinato l’arte del presepe: ho fatto corsi e vinto concorsi». Il canto nella corale locale, l’accompagnamento della liturgia alla tastiera dell’organo. Gli studi al collegio vescovile Sant’Alessandro di Bergamo «dove è nata la mia passione per la liturgia e per l’arte sacra, tanto che colleziono immagini sacre» racconta il musicista che a Bergamo guida la Bottega Donizetti, laboratorio di perfezionamento per giovani cantanti.
«Mi piace trasmettere ai giovani questo bellissimo mestiere. E poi anch’io non finisco mai di imparare. Penso a Leporello, che ho cantato centocinquanta volte, ma ogni regista, ogni direttore con il quale ho lavorato mi ha mostrato un nuovo aspetto del personaggio» riflette Esposito che proprio a un mix tra talento e incontri con grandi registi fa risalire le sue doti di attore. «Cerco di recitare come se avessi sempre una telecamera davanti per mostrare anche i più piccoli dettagli. Se mi piacerebbe un girono fare l’attore? È un mestiere completamente diverso, ma io non mi pongo mai limiti, mi piace sperimentare» racconta il musicista al quale i ruoli da cattivo non vanno stretti.
«Cerco sempre di trovare il lato umano del personaggio, che non è sempre per forza qualcosa di positivo perché nell’uomo c’è anche la cattiveria. Per questo quando torno a casa non mi porto i personaggi che interpreto, li lascio in camerino. Vivo in campagna, guardo film, vado a teatro, frequento gli amici. Gli amici di sempre e colleghi del cosiddetto star system della lirica. E per alcuni di loro ho anche lavato i piatti dopo cena».
In copertina alex Esposito in Anna Bolena a Bergamo @Gianfranco Rota
Articolo pubblicato su Avvenire del 29 maggio 2022
Ritratti di @Victor Santiago