L’opera di Verdi diretta da Chailly inaugura la stagione Regia di Livermore ispirata al film Inception di Nolan Protagonisti Luca Salsi, Anna Netrebko e Francesco Meli «Evento che sa di miracolo» per il sovrintendente Meyer
Automobili, ascensori, skyline di città con grattacieli altissimi «che potrebbero essere New York, Singapore o Milano, ma che non sono nessuna di queste» avverte Davide Livermore, regista del Macbeth di Giuseppe Verdi che il 7 dicembre alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella (si attende ancora di sapere se ci sarà anche il premier Mario Draghi) inaugurerà la nuova stagione del Teatro alla Scala. Sul podio, al suo ottavo Sant’Ambrogio, Riccardo Chailly che con Macbeth (titolo che per la quarta volta in settant’anni inaugura la stagione, diretto nel 1952 da Victor De Sabata, nel 1975 da Claudio Abbado e nel 1997 da Riccardo Muti) chiude «una trilogia dedicata al giovane Verdi, iniziata nel 2015 con Giovanna d’Arco e proseguita nel 2018 con Attila. Sul leggio ci sarà l’edizione critica di David Lawton, piena di piccole differenze con le precedenti edizioni, cosa he mi ha costretto a ristudiare completamente l’opera. La versione è quella di Parigi del 1865, tradotta poi in italiano, con i ballabili e la morte di Macbeth, il Mal per me preso dalla prima versione di Firenze del 1847: l’ho voluto – spiega il direttore musicale scaligero – sapendo di avere come protagonista un artista con la personalità vocale e scenica di Luca Salsi».
Un Macbeth onirico quello immaginato da Livermore che per il quarto anno firma la regia del titolo inaugurale insieme alla sua storica squadra: le scene di Giò Forma si ispirano alle architetture di Piero Portaluppi, i costumi hanno la firma di Gianluca Falaschi, i video di D-Wok evocano i videogame mentre le coreografie di Daniel Ezralow (per lui, abituato a lavorare con Katy Perry e gli U2 è la prima volta alla Scala) coinvolgono in una danza/pantomima anche i protagonisti. «Una fusione di arte tra musica, canto, danza… come avviene alla Scala per la Prima l’ho vista solo a Los Angeles per gli Oscar» spiega il coreografo, affascinato dal «suono che scaturisce dal silenzio che cala in sala quando Chailly inizia le prove, un’esperienza incredibile per noi che siamo abituati ad ascoltare musica con le cuffiette nelle orecchie» riflette Ezralow.
«Macbeth è un’opera che come poche sa parlare al presente. E forse anche per questo torna ogni vent’anni ad inaugurare la Scala. Il contemporaneo che mettiamo in scena è un incubo, non un luogo reale, una realtà distopica ispirata a Inception, il film di Christopher Nolan – anticipa Livermore –. Una visione in cui la nostra contemporaneità si autogenera in una maniera diversa per raccontare possibili catastrofi della nostra società attraverso un altrove che, comunque, è molto vicino a noi e che ci fa avvertire i rischi del potere tiranno. Verdi ci mostra l’effetto di questa causa nel coro Patria oppressa che apre il quarto atto e che dopo la prima a Venezia scatenò rivolte di popolo contro gli austriaci. E anche oggi vediamo tiranni o modi tirannici di gestire il potere» spiega il regista sottolineando, però, che «noi non facciamo cronaca o il telegiornale. Facciamo arte» dice Livermore che ha firmato anche la regia del trailer tv dell’opera che il 7 dicembre alle 18 sarà trasmessa in diretta su Rai1. «E per una volta i privilegiati saranno gli spettatori a casa che, grazie a piccole telecamere disseminate sul palco e alla realtà aumentata, vedranno uno spettacolo che in teatro non si vedrà».
Niente streghe come siamo abituati a vederle. Ma uomini e donne grigi che abitano le nostre città e fanno profezie. «Come dice Verdi i protagonisti dell’opera sono tre, Macbeth, la Lady e le streghe. Un triangolo mortale dove il pessimismo regna» ricorda Chailly che ha a disposizione quello che definisce «un poker d’assi di interpreti, tutti presenti nelle ultime inaugurazioni, un gruppo di artisti con i quali lavoro benissimo». A iniziare da Luca Salsi che veste i panni del protagonista «per realizzare il sogno di ogni baritono, cantare il ruolo verdiano del titolo sul palco della Scala il 7 dicembre. Dopo? Cosa chiedere di più?» sorride il cantante parmense che spiega poi come nella lettura di Chailly «si ascolteranno cose nuove, belle e interessanti anche per me che canto questo ruolo da tempo».
Anna Netrebko in scena come Lady Macbeth, canta il Sonnambulismo su un cornicione a oltre 5 metri, con tanto di imbragatura «una delle tante idee di Davide che vuole fare anche cose impossibili, ma meglio provare» racconta il soprano russo con la quale Chailly ha «lavorato molto sulla difficoltà vocale e sulla continua ricerca timbrica dei colori a volte sinistri, sgradevoli. E Anna – spiega il direttore – ha piegato la sua bella voce su accentuazioni psicologiche che sottolineano la parte drammatica e in questo caso la volontà omicida che la Lady trasmette a Macbeth. La scena del sonnambulismo spinge Anna ad uno sforzo vocale e a una situazione scenica assolutamente iperbolica».
Francesco Meli è Macduff, «felice – dice – di tornare in un teatro dove mi sento a casa». Ildar Abdarazakov nel ruolo di Banco, «ma mia uccidono già nella prima parte, quindi mi vedrete poco». E poi Chiara Isotton come Dama, Ivan Ayon Rivas come Malcolm, interpreti di lusso perché entrambi regolarmente in cartellone nei teatri di tutto il mondo in ruoli da protagonisti. «Perché queste opere vanno fatte quando ci sono gli artisti giusti. A volte vorresti, ma non puoi. Noi abbiamo la fortuna di avere una generazione di artisti eccezionali» spiega il sovrintendente Dominique Meyer.
Quello 2021 sarà il settantesimo 7 dicembre da quando (era il 1951 e in scena c’erano I vespri siciliani di Giuseppe Verdi con Maria Callas) l’inaugurazione di stagione del Teatro alla Scala venne spostata dal 26 dicembre alla sera di Sant’Ambrogio per volere del direttore musicale di allora, Victor De Sabata. Che l’anno dopo diresse (sempre Verdi e sempre la Callas) proprio Macbeth. Un’inaugurazione di stagione che per Meyer, costretto lo scorso anno a cancellare la Lucia di Lammermoor e a inventarsi il gala tv A riveder le stelle, «è qualcosa che ha del miracolo. Vedendo tanti grandi teatri chiusi, dal mio precedente teatro, la Staatsoper di Vienna, all’Opera di Stato di Monaco di Baviera, da Lipsia a Dresda, penso che siamo fortunati a poter alzare il sipario e con il pubblico in sala» spiega il sovrintendente.
«È tutto pronto. Sono state settimane intense di lavoro. Anche complesse per via della situazione legata alla pandemia perché il virus non è scomparso» riflette Meyer. Che ribadisce «la linea della prudenza perché ci sono ancora diversi punti interrogativi. Il giorno prima della Prima, il 6 dicembre, entrerà in vigore il super green pass: il pubblico non dovrà fare nulla, noi aggiorneremo le nostre app per verificare il certificato che consente di entrare a chi è vaccinato o è guarito dal Covid». In sala, naturalmente, obbligo di mascherina. Ma il coro, contrariamente a quanto ipotizzato in un primo tempo, canterà senza mascherine. «Provare con la mascherina è stato difficilissimo, per l’emissione del suono e per il respiro» interviene Chailly, sottolineando «la partecipazione assoluta, la disciplina, il desiderio di esserci di coro e orchestra».
La sera del 7 niente maxischermo in Galleria Vittorio Emanuele «per non essere causa involontaria di assembramenti» spiega Meyer. Confermata, invece, nell’ambito delle iniziative della Prima diffusa, la trasmissione dell’opera ripresa dalle telecamere Rai (che la trasmette su Rai1, Radio3 e RaiPlay) in 34 luoghi di Milano – il carcere di San Vittore, quello di Opera e il Beccaria, la Casa della carità e la Casa dell’accoglienza Enzo Jannacci, l’aeroporto di Malpensa, insieme a cinema, musei, teatri – con diecimila posti disponibili «per coinvolgere tutta la città oltre ai duemila spettatori che saranno in sala». Per i quali, però, non ci sarà la tradizionale cena di gala dopo lo spettacolo. «Con il consiglio di amministrazione ci abbiamo messo due minuti per deciderlo. Vogliamo concentrarci sull’essenziale, la recita e la trasmissione dello spettacolo in tutto il mondo» racconta Meyer annunciando che «anche per il 2021 chiuderemo il bilancio in pareggio. Un giorno faremo di nuovo feste, cene, per ora siamo già felici di arrivare a fare spettacoli con il pubblico in sala, una grande vittoria».
I primi a vedere Macbeth saranno «i giovani con meno di trent’anni, espressione che mi piace di più di quella inglese Under 30, che saranno in sala per l’Anteprima di sabato 4» annuncia Meyer, felice che il pubblico milanese, «a differenza di quello che accade in altri teatri, venga a teatro dimostrando ogni giorno di voler tornare ad ascoltare musica dal vivo».
Nelle foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala le prove di Macbeth