Prima volta al Piermarini per il 27enne soprano genovese passata da cover a protagonista dell’Elisir di Donizetti
Che avrebbe cantato alla prima lo ha saputo solo il giorno prima della prova generale. «Nemmeno il tempo di pensarci ed ero in scena, sul palco sul quale tutti i cantanti sognano di salire». Il palco del Teatro alla Scala dove il 9 novembre Benedetta Torre sale per la prima volta, debutto assoluto al Piermarini, vestendo i panni di Adina nell’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, che torna a Milano nell’ormai storico allestimento disegnato con il suo tratto inconfondibile dall’illustratore Tullio Pericoli – la regia, anche questa volta, la riprende Grischa Asagaroff, Nemorino è Paolo Fanale, Dulcamara Giulio Mastrototaro, Belcore Davide Luciano e Giannetta Francesca Pia Vitale, sul podio Michele Gamba. «Ho fatto tutte le prove perché ero da subito scritturata come cover di Aida Garifullina. Quindi ho avuto tutto il tempo per entrare nello spettacolo. Ma essere in quinta è una cosa, sapere che toccherà a te andare in scena ti scatena tutta un’altra tensione» racconta il soprano genovese, classe 1994, passata in poche ore da cover a protagonista. Aida Garifullina, che ha dovuto rinunciare alle prime due recite a causa di un’indisposizione, dovrebbe essere sul palco dal 17 novembre. Ma intanto per Benedetta Torre c’è la grande occasione, il debutto sul palco della Scala. «Darò tutta me stessa – racconta – per essere all’altezza di questa meravigliosa opportunità».
Come vive la vigilia di questo debutto, Benedetta Torre?
«Mi sento onorata, fortunata ed ovviamente felice per questo debutto inaspettato».
Debutto che ha anticipato di due anni la sua prima volta alla Scala, che era già in agenda…
«Esatto… qualche indiscrezione è giù uscita. Il sovrintendente Dominique Meyer mi aveva chiamata per un Mozart, in cartellone tra due anni. Ma come dire di no a questa occasione?».
Tanto più che Adina dell’Elisir è un personaggio che ha già interpretato.
«Un ruolo che ho cantato per la prima volta nel 2014 al Teatro Carlo Felice di Genova, la mia città, nell’allestimento con le scene di Emanuele Luzzati. Poi due anni fa nell’allestimento del Festival di Glyndebourne, quasi un musical, una bellissima produzione di Annabel Arden dove Adina era proprio come la intendo io, ben diversa da quello che siamo abituati a vedere in molti allestimenti che la raccontano come una ragazza superficiale, bella e capricciosa, anche un po’ bulla, che all’improvviso cambia e si innamora di Nemorino».
E chi è Adina, allora, secondo Benedetta Torre?
«Penso che sia una ragazza libera e moderna, innamorata da subito di Nemorino anche se non vuole cadere nei legami dell’amore. E quindi gioca, dubita. Il suo è l’amore di una donna libera che vuole decidere della propria vita. Attenzione, libera, non libertina come potrebbe sembrare dal sì che dice su due piedi a Belcore».
E musicalmente, che ruolo è quello di Adina?
«Come tutto Donizetti è molto difficile, richiede il canto sul fiato e un’attenzione continua. Occorre poi saper dosare bene le forze per arrivare alla fine pronti per la bellissima Prendi per me sei libero, aria che tra l’altro arriva dopo quella altrettanto bella del tenore, la famosa Furtiva lagrima che strappa sempre un lungo applauso. Per cantare Elisir occorre una buona preparazione tecnica come in tutto il bel canto, poi quando tutto è a posto ci si può lasciare andare e ci si diverte».
Dal coro della parrocchia di Torriglia al Teatro alla Scala, un bel salto…
«Sì, ho iniziato a cantare giovanissima, da adolescente. Avevo 14 anni quando sono stata notata da un insegnante di canto, Laura Bulian, che era stata chiamata dal parroco per preparare il coro della parrocchia del mio paese natale, Torriglia in provincia di Genova, appunto. Fu lei a consigliarmi di studiare canto lirico. Suonavo già il pianoforte, però ero timida e non avevo pensato alla possibilità di cantare. Ho preso lezioni e poi la passione è venuta cantando. Ed è cresciuto anche l’amore per l’opera lirica che non conoscevo così bene, sebbene in famiglia ascoltassimo musica classica. Mi sono poi accorta di riuscire meglio del canto che è più istintivo rispetto al pianoforte che è più tecnico e meccanico. Non ho però mai abbandonato lo studio del pianoforte e questo mi ha aiutato molto per il fraseggio e la musicalità del canto».
È vero che ha iniziato come mezzosoprano?
«Sì, la mia vocalità era molto simile a quella che ho oggi, corposa. E dunque si pensava che già così piena e scura si sarebbe evoluta verso un registro di mezzosoprano, invece è rimasta così. E ora canto da soprano».
Quando ha capito che avrebbe potuto farcela, che la musica avrebbe potuto essere la sua vita?
«Ci ho sempre creduto perché sentivo questa vocazione, sentivo che la massima espressione di me stessa l’avevo quando cantavo. Cantare mi ha sempre procurato gioia. A 18 anni già facevo concorsi e se inizialmente ho vissuto tutto come gioco, con il passare del tempo si è aggiunta anche una grande responsabilità. La mia famiglia, che mi ha sempre sostenuta tantissimo, mi ha educata a prendere seriamente e a portare a termine quello che sceglievo. Avendo iniziato da ragazza ho avuto tempo per farmi le ossa e sperimentare: diverso è iniziare quando sei adolescente rispetto a quando hai venticinque o trent’anni e hai pochi anni per darti una scadenza per raggiungere i tuoi obiettivi. Io ho avuto tempo per sperimentare».
A chi deve dire grazie?
«Sicuramente alla mia prima insegnante, Laura Bulia, è stata fondamentale perché ha capito la potenzialità della mia voce. Poi all’Accademia del Teatro Carlo Felice di Genova ho studiato con Donata D’Annunzio Lombardi. La svolta è arrivata con la mia attuale insegnante, Barbara Frittoli, che mi ha dato una grande sicurezza».
Dopo averla avuta sul palco per la prima edizione della sua Italian opera academy Riccardo Muti l’ha chiamata per Aida a Salisburgo
«Dopo l’Accademia, dove abbiamo lavorato sul verdiano Falstaff, è arrivata la Bohème a Ravenna con la regia della signora Cristina Muti. Il maestro mi ha poi chiamata a Salisburgo per Aida con Anna Netrebko dove ero la Sacerdotessa e a Chicago per un Requiem di Wolfgang Amadeus Mozart accanto a Sara Mingardo, Saimir Pirgu e Mika Kares, sostenendomi ad ogni passo, incoraggiandomi ad ogni prova».
Quali ruoli che più ama interpretare?
«Mi piace e mi sento a mio agio in particolare nel repertorio mozartiano dove c’è un connubio unico tra teatro e musica: Mozart ti lascia libero di essere interprete dove altri richiedono più impegno vocale sul fronte musicale. Non che sia facile Mozart, intendiamoci, ma c’è tantissimo teatro a una struttura perfetta. E poi in Mozart c’è il divino e questo ti impegna a trovare una sonorità pulita e pura. Ho cantato Susanna delle Nozze, un personaggio complesso, e spero di arrivare alla Contesa tra qualche anno».
Quali altri ruoli le piacerebbe interpretare?
«Vorrei tornare ad amelia del Simon Boccanegra che ho cantato una sola volta forse con l’incoscienza della gioventù. Da genovese sono legatissima a questa opera dove Verdi ti fa sentirte il mare. Mi piacerebbe poi arrivare più avanti alla Desdemona dell’Otello di Verdi, ma anche al Rossini serio, magari anche qui con la Desdemona del suo Otello».
Nelle foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala Benedetta Torre ne L’elisir d’amore