Il musicista giapponese che suona da quando era bimbo con laVerdi a Milano per Šostakovič diretto da Trevino
Non sa spiegarsi il suo talento. E, forse, non è nemmeno necessario farlo. «Amo suonare il pianoforte. Basta questo». Perché, come tutti i veri talenti, Nobuyuki Tsujii fa quello che gli viene naturale. «Suonare il pianoforte» appunto. Da sempre. Da quando aveva due anni e già accompagnava su una piccola pianola la mamma che cantava Jingle Bells. «Mi piaceva ascoltare mia madre cantare e suonare il piccolo pianoforte che i miei genitori mi avevano comprato. Quindi è stato molto naturale». Naturale. Un modo per comunicare, per stabilire una relazione privilegiata con il mondo per lui, cieco dalla nascita a causa di una malformazione congenita. «Ma non credo che la disabilità abbia a che fare con il suonare il pianoforte. Penso che avrei suonato comunque» racconta Nobuyuki Tsujii, conosciuto in tutto il mondo come Nobu, oggi uno dei pianisti più affermati e più richiesti.
Classe 1988, talento indubbio, vincitore della Medaglia d’oro al Concorso pianistico internazionale Van Cliburn nel 2009, descritto dall’Observer come «la definizione della virtuosità», Nobu è a Milano. Šostakovič secondo Nobu il titolo del concerto che per tre sere lo vedrà sul palco dell’Auditorium di largo Mahler nell’ambito della stagione dell’Orchestra sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. Robert Trevino sul podio per il Concerto per pianoforte, tromba e orchestra d’archi n. 1 in do minore di Dimitri Šostakovič che Nobu suonerà con Alessandro Caruana alla tromba. «Questo Concerto di Šostakovič è una composizione abbastanza unica: solo due solisti, un pianoforte e una tromba, e un’orchestra d’archi. Il fatto che la parte orchestrale sia essenziale, non imponente fa sì che sicuramente l’attenzione di chi ascolta si concentri sui due solisti. Ma il tessuto orchestrale di Šostakovič è importantissimo perché offre un dialogo continuo tra solisti e orchestrali e contribuisce in modo fondamentale a restituire l’ironia e il divertimento di cui è intrisa la partitura. Io mi diverto molto a suonarla, spero di trasmettere questo anche al pubblico milanese».
Nobu arriva a Milano dopo essersi esibito alla Carnegie Hall di New York, al Théâtre des Champs Elysées di Parigi, alla Wigmore Hall e alla Royal Albert Hall di Londra, alla Filarmonica di Berlino e al Musikverein di Vienna e dopo aver suonato con orchestre come il Marinskij di San Pietroburgo, la Philharmonia di Londra, la Bbc philharmonic, la Nhk symphony di Tokyo, la Filarmonica della Scala diretto, tra gli altri, da Vladimir Ashkenazy, Vladimir Spivakov, Vasily Petrenko, Klaus Mäkelä, Kent Nagano e Valery Gergiev per il quale «Nobu non solo è un grande musicista, Nobu mostra a tutti noi che le risorse dell’essere umano sono virtualmente sconfinate. Ci mostra che non esiste praticamente niente che un essere umano non sia in grado di fare».
A quattro anni le prime lezioni di musica. «I miei genitori volevano trovare un insegnante perché mi piaceva suonare il pianoforte, ma non pensavano che avessi un talento particolare» ricorda Nobu. Il primo riconoscimento a sette anni, nel 1995, quando Nobu vince il primo premio al concorso dedicato a studenti di musica non vedenti, indetto dalla Helen Keller association di Tokyo. Nel 1998 il debutto con la Century orchestra di Osaka, a 12 anni il primo recital nella Suntory Hall di Tokyo. Nel 2005 arriva il Premio della critica al Concorso Chopin di Varsavia e nel 2009 il primo premio al concorso Van Cliburn.
«A parole non riesco a esprimerlo bene, ma la musica è una parte essenziale della mia vita» dice oggi il pianista giapponese raccontando poi la tecnica con la quale affronta la preparazione delle partiture che suonerà poi in concerto. «Studio i brani ad orecchio, ma questo non significa copiare le interpretazioni che ascolto sui dischi. Chiedo poi ai miei assistenti di registrare i brani in un modo tutto speciale: dividono le partiture in brevi sezioni, a manciate di battute, e le registrano a mani separate. Io chiamo queste registrazioni spartiti per orecchie». Una grande grinta. E quando a Nobu chiedi se ha mai incontrato qualcuno che gli ha manifestato compassione per la sua condizione di non vedente, risponde deciso: «Ci sono momenti in cui sento la gentilezza delle persone e apprezzo molto questi loro pensieri».
Un repertorio che va da Chopin a Stravinsky, da Beethoven a Rachmaninov. «È difficile scegliere, ma se dovessi dire chi è il mio preferito penso che direi Chopin» racconta Nobu che ad agosto è stato tra i protagonisti delle cerimonia inaugurale delle Paralimpiadi di Tokyo. «Anche se non ho suonato dal vivo, perché hanno messo una musica registrata, è stato un onore essere coinvolto in questo evento». Una storia, quella di Nobu, che dice come la musica superi tutti gli ostacoli. «Ai giovani dico che è importante lavorare per raggiungere i propri obiettivi. E farlo non dimenticando mai di divertirsi».
Appuntamento con Šostakovič secondo Nobu all’Auditorium di largo Mahler a Milano giovedì 4 novembre alle 20.30 (repliche venerdì 5 alle 20 e domenica 7 alle 16) con Robert Trevino e laVerdi che, nella seconda parte del concerto, propongono la Sinfonia n.3 in la minore Scozzese di Felix Mendelssohn Bartholdy.
Nelle foto @Giorgia Bertazzi il pianista giapponese Nobu