I Pomeriggi ritrovano il suono sommerso

James Feddeck sul podio per l’inaugurazione di stagione con il Sogno di Mendelssohn e Appalachian di Copland Jae Hong Park, vincitore del Busoni, al piano per Ravel

L’impressione, questa volta, va oltre la visione. E si fa concetto. Idea. Paradigma di una serata, quella dell’inaugurazione della stagione 2021/2022 dell’orchestra milanese dei Pomeriggi musicali. Perché il bis, il secondo (generoso) bis che Jae Hong Park regala al pubblico del Teatro Dal Verme è il riassunto perfetto della serata inaugurale. Con il direttore principale James Feddeck sul podio, convincente (molto più di un anno fa, al suo esordio a Milano) per l’intesa trovata con i Pomeriggi. Non solo sintesi della serata, un bis che è anche paradigma del tempo che stiamo vivendo. Il pianista coreano, vincitore dell’ultima edizione del Concorso Busoni, dopo il Concerto in sol di Maurice Ravel (suonato benissimo) sceglie Claude Debussy e il decimo dei Preludes del Primo libro. La Cathédrale engloutie, una cattedrale sommersa, inghiottita, letteralmente. Una cattedrale di suono (e una cattedrale di mistero) che prende forma sulla tastiera dalle mani morbide dal tocco lieve – ma capaci di trarre dalla tastiera un concertato incredibile di suoni – di Jae Hong Park. Quella cattedrale, quel suono sommerso dalla pandemia. Silenziato, per un certo tempo. Inghiottito da altro, dalla paura che ci ha colti di sorpresa, mostrandoci la nostra fragilità. Certo un suono non sopito, perché ribollente dentro. Covava. E, quando ha potuto, è esploso.

Come al Dal Verme, pieno, non pienissimo, ma il via alla capienza al 100% delle sale è arrivato da nemmeno una settimana e in via San Giovanni sul Muro (dove la platea è già vastissima) stanno rimodulando abbonamenti e vendita di biglietti per accogliere il pubblico dei Pomeriggi che è sempre numeroso, festante. Primo programma offerto alla città – e a salutare il pubblico dell’inaugurazione c’erano il neo assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi e quello all’Autonomia e alla cultura della Regione Lombardia Stefano Bruno Galli – con biglietti gratuiti per festeggiare la riconquistata piena capienza. Programma intenso, serrato, un’ora e un quarto di musica senza intervallo. Per tre (anzi cinque, visti i due bis) Racconti senza parole, che è poi il titolo della stagione numero 77 dei Pomeriggi, disegnata da Maurizio Salerno. Il racconto che Felix Mendelssohn Bartholdy, ispirandosi a William Shakespeare, fa nel Sogno di una notte di mezza estate (musiche di scena che George Balanchine ha fatto diventare un balletto): Feddek propone una suite in tre movimenti (Intermezzo, Notturno e il celebre Scherzo). Il racconto che Aaron Copland fa in Appalachian Spring, pagina che la danzatrice e coreografa Martha Graham commissionò nel 1944 al musicista statunitense (sul leggio dei Pomeriggi la suite) per un suo balletto. Il racconto (la partitura si apre con uno schiocco, quasi un ciak cinematografico) che Ravel fa nel suo Concerto in sol per pianoforte e orchestra, pagina di musica pura, assoluta, dove negli echi della musica di quel tempo (siamo nel 1931 e dentro c’è tanto Gershwin, specie nel primo movimento, ma anche tanto jazz) vedi, senti una storia, quella (bellissima ed entusiasmante) di un Novecento di fermenti vitali, ma anche di inquietudini e contraddizioni.

Feddeck, che fa un Mendelssohn sontuoso, che mette ben in luce il Nuovo mondo che c’è nella musica di Copland, in Ravel trova un’intesa perfetta con Jae Hong Park che, in possesso di una tecnica solidissima (e anche tutta sua nel tocco felpato dal quale trae il suono) fa un Ravel ammaliante e morbido, malinconico e sognante. Come il Debussy che propone nei bis. Dove il suono che cova in un magma chiede di prendere forma. Di emergere dalla cattedrale sommersa in cui siamo stati per lungo tempo chiusi

Nelle foto @Lorenza Daverio i Pomeriggi musicali con James Feddek e Jae Hong Park