Al Ravennafestival il direttore e l’Accademia bizantina suonano Mendelsshon e Schumann su strumenti antichi
Solitamente sul leggio hanno musica barocca. Sono, come si dice, «specialisti» del genere: edizioni critiche sui manoscritti originali, strumenti antichi, esecuzioni filologiche storicamente informate. Stasera, però, i musicisti dell’Accademia bizantina affrontano due pagine che più romantiche di così non si può, la Sinfonia n.4 in la maggiore Italiana di Felix Mendelssohn e la Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore Renana di Robert Schumann. «Ma le suoniamo con il nostro stile» racconta Ottavio Dantone che dal 1996 è direttore musicale dell’Accademia bizantina, formazione musicale di Ravenna con la quale collabora dal 1989. «Stasera giochiamo in casa» dice il musicista, classe 1960, pugliese di nascita e milanese di formazione, che alle 21.30 sarà alla Rocca Brancaleone per il cartellone 2021 del Ravennafestival – rassegna inaugurata il 2 giugno e dedicata a Dante nel settimo centenario della morte del Poeta della Commedia.
E sarà interessante sentire «l’effetto che fa». L’effetto che fanno Mendelssohn e Schumann suonati su strumenti antichi e seguendo la prassi esecutiva barocca. «L’idea è quella di dimostrare con la nostra lettura che un’esecuzione modellata su schemi che vengono dal passato, precedenti agli autori che si affrontano, può aggiungere particolari inaspettati a pagine che siamo abituati ad ascoltare con orchestre moderne» spiega Dantone convinto che «nel Romanticismo c’è molto di non scritto, ci sono molte dinamiche interne lasciate agli esecutori. In Schumann, ad esempio. Dove invece ci sono metronomi precisi specie nei movimenti. Indicazioni che non sempre vengono rispettate: noi le seguiamo alla lettera». E poi articolazioni, dinamiche, ma anche respiri «che non mettiamo solo quando è necessario, come se stessimo parlando e dovessimo prendere fiato, ma li facciamo diventare silenzi, meditazione tra un concetto e l’altro espresso dalla musica» racconta il direttore che, come sempre, ha preparato l’esecuzione confrontando le partiture pubblicate con i manoscritti originali «dai quali si può anche capire la psicologia della scrittura».
Un lavoro che l’Accademia bizantina – che per questa occasione ha rinforzato i leggii con musicisti chiamati ad hoc, visto gli organici richiesti dalle due partiture – ha già fatto sulle pagine di Gioachino Rossini. «Mai, invece, con Mendelssohn e Schumann. Il risultato ci ha dato ragione» dice soddisfatto Dantone che in questi giorni è entrato con i suoi musicisti in sala di incisione per registrare proprio l’Italiana e la Renana. «Abbiamo inciso all’Arboreto Teatro Dimora di Mondaino, in provincia di Rimini, una bellissima struttura immersa in un bosco, isolata dal mondo. Quasi un eremo. Ci siamo presi il tempo necessario, con un periodo di prove lungo il doppio rispetto a quello che avviene di solito». Il disco uscirà per la HdbSonus, casa discografica dell’Accademia bizantina per la quale di recente è uscito Rinaldo di Haendel, «ma anche la Decca si è dimostrata interessata al progetto. Oggi che il prodotto fisico è meno importante del prodotto liquido, fruibile online, è importante avere come partner in iniziative del genere una grande piattaforma» riflette Dantone che ha già pianificato le altre tappe di questo progetto di un repertorio “insolito” suonato su strumenti antichi. «Dovevamo partire con Carl Philpp Emanuel Bach, ma pii ci siamo buttati a capofitto nel Romanticismo. Prossimamente incideremo la Jupiter di Mozart insieme a una delle sinfonie londinesi di Haydn, la Quinta di Beethoven insieme alla Tragica di Schubert» anticipa il musicista che ha lavorato a questo e ad altri progetti anche durante il lockdown.
«Ho passato i mesi di isolamento nella mia casa in Borgogna. Quando la pandemia è iniziata avevo appena diretto Cenerentola a Monaco e stavo per partire per Dresda. All’inizio ero spiazzato, ma poi questo periodo mi ha fatto bene. Avevo tanti progetti che pensavano rimanessero tali, invece no, già a giugno dello scorso anno a Ravenna abbiamo fatto Il trionfo del tempo e del disinganno, poi Orfeo a Spoleto». Dopo il nuovo stop di ottobre il ritorno alla musica con il pubblico in sala per Dantone sarebbe stata L’italiana in Algeri di Rossini con la storia regia di Jean Pierre Ponnelle al Teatro alla Scala. Spettacolo bloccato alla vigilia da un caso di positività nel cast. «Ma la riprenderemo a settembre – annuncia il direttore –. Sono contento di tornare al Piermarini perché c’è un bel rapporto con i musicisti dell’orchestra, molti dei quali sono stati miei compagni di Conservatorio. C’è una simbiosi, una disponibilità a cercare soluzioni nuove anche in Rossini, con le articolazioni che rendono tutto più trasparente».
Italia e Francia hanno vissuto un andamento analogo della pandemia. «L’unica cosa è che Oltralpe c’è maggiore attenzione per gli artisti perché se lavori un certo numero di giorni hai diritto ai sostegni» racconta Dantone che si dice, comunque, fiducioso. «Il timore era che la musica e la cultura dovessero pagare un prezzo molto alto. Molti sono stati i problemi, è vero, ma la musica si è stata capace di rilanciarsi anche da sola e reinventarsi, proponendo appuntamenti online con le registrazioni e le dirette fatte in casa. In tempi di crisi – conclude Dantone – si tagliano sempre i fondi alla cultura perché si pensa non sia di importanza vitale, in realtà la musica, come la sanità, è un bene di prima necessità. Tanto più in periodi come quello che stiamo vivendo».
Nella foto @Giulia Papetti Ottavio Dantone (il primo in basso a destra) er l’Accademia bizantinina