Edizione critica dei brani per tastiera del compositore curata per Ricordi da Giuseppe Filianoti tra note da salotto e pagine per gli studenti del Conservatorio di Napoli
La sua Adriana Lecouvreur è nota, con la sua «Io son l’umile ancella», l’aria più popolare dell’opera, manifesto programmatico della protagonista, un’attrice della Comedie francais. Opera nota ed anche abbastanza eseguita tanto che di recente ha inaugurato il Maggio musicale fiorentino diretta da Daniel Harding e prima è stata proposta in tv su Rai5 in versione opera-film dal Comunale di Bologna. I più appassionati, poi, conoscono l’Arlesiana, almeno per il Lamento di Federico, pezzo da concerto cattura applauso per i tenori.
Ma l’arte di Francesco Cilea non si ferma qui, ai due melodrammi del 1902 e del 1897. Ricco, ricchissimo il catalogo del compositore nato a Palmi, in Calabria, nel 1866 – e scomparso nel 1950 a Varazze in Liguria. Lo conosce bene Giuseppe Filianoti, tenore (tra le più belle voci di sempre), per molte stagioni di casa nei più grandi teatri del mondo dalla Scala al Metropolitan di New York, oggi insegnante e studioso. Studioso, soprattutto, del suo conterraneo Cilea. Perché Filianoti, nato a Reggio Calabria, laurea in Lettere e diploma in canto, nel 2016 ha curato per Ricordi l’edizione critica delle Composizioni vocali da camera del musicista calabrese dopo aver scoperto (ed eseguito dal vivo a Friburgo) un’aria che Cilea eliminò dalla versione definitiva dell’Arlesiana (aria per il protagonista, Federico) e che si credeva perduta.
Oggi Filianoti porta a compimento un altro progetto di quello che lui chiama «il mio cantiere personale su Cilea» e pubblica, sempre per la casa editrice Ricordi, l’edizione critica dell’Opera completa per pianoforte del musicista di Palmi. Una lunga ricerca negli archivi, un lavoro di verifica delle fonti e di confronto con gli autografi ha consentito di mettere in fila uno dopo l’altro i cinquanta pezzi per pianoforte di Cilea, dallo Scherzo giovanile datato 1883 quando il musicista era ancora studente alla Piccola suite Danza scritta nel 1947, tre anni prima della sua scomparsa.
«Quello del compositore per il pianoforte è un amore che getta le sue radici nell’infanzia di Cilea che, a soli nove anni, senza ancora studi approfonditi, scrisse un Notturno e una Mazurka» spiega Filianoti che dedica questo nuovo volume «a un pianista in erba, mio figlio Riccardo, che spero vorrà ricordarsi della cultura e della musica della terra dei padri, ora che si appresta a spiccare il volo». Una dedica che si inserisce in pieno nello spirito delle pagine per pianoforte raccolte nel volume: molte, infatti, vennero scritte da Cilea con uno scopo didattico, per i suoi allievi del Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli, istituzione dove il musicista studiò dal 1878 diplomandosi in composizione nel 1889 e dove dal 1890 insegnò Armonia e pianoforte complementare – nel 1916, poi, divenne direttore proprio del Conservatorio partenopeo. «Pagine che ancora oggi possono svolgere una funzione didattica per i ragazzi che studiano pianoforte nei nostri conservatori» riflette Filianoti per il quale, allo stesso tempo, «questi componimenti testimoniano l’essenza più nobile della tradizione salottiera italiana: dal bozzetto descrittivo al foglio d’album fino a pagine più impegnative di sapore arcaizzante o impressionista».
Un filo rosso che attraversa tutta la carriera artistica di Cilea che nelle pagine della maturità, i Tre pezzi del 1922 e Invocazione del 1923 sceglie di affiancare alla musica testi letterari, nella prima partitura quelli di Felice Soffré e in Invocazione versi di Rabindranath Tagore. La cronologia della vita e delle opere di Cilea e un saggio introduttivo di Filianoti inquadrano le partiture raccolte nel volume: Danza calabrese, Impromptu, Mazurka, Preludio, Chanson du rouet, Chant du matin, La petite coquette, Trois petits morceaux, Goutte de rosée, Au village, À la mazurke hanno «la delicatezza di un sentire ora intimamente malinconico, ora brillantemente festoso e dimostrano singolare equilibrio stilistico, piacevolezza melodica, eleganza formale e la raffinatezza armonica che Cilea ha sempre messo nelle sue pagine». Anche in alcuni pezzi a quattro amni come Chansonnette, Sentiment poétique, Amour joyeux e Suite.
Forse non contribuiranno a rivoluzionare la letteratura pianistica, «non era l’obiettivo di Cilea, ma queste pagine mostrano come la musica strumentale, e quella pianistica in particolare, nella seconda metà dell’Ottocento fosse ritenuta fondamentale nella formazione dei grandi operisti». Un corpus il cui valore va oltre i sin goli pezzi e va letto nel suo complesso, capace oggi, a settant’anni dalla morte del compositore, «di modificare la visione di una parabola compositiva che, dopo le alterne vicende di Gloria, non si esaurisce nel silenzio, ma brilla dei bagliori di queste miniature» conclude Filianoti, orgoglioso, con i suoi studi, di «contribuire alla rivalutazione di un aspetto finora poco considerato del lavoro di Cilea. Autore che ha tentato di rendere in musica un sentire creativo improntato a una limpida semplicità estetica, con un “mestiere” che finiva per creare un’indiscutibile verità individuale, sul piano di una già assodata formulazione stilistica italiana».
Giuseppe Filianoti, autore del volume su Francesco Cilea