Viene in proscenio. Fuori dal cono disegnato dalle luci. E applaude. Applaude il pubblico in sala. Lo indica. Sorride. Daniele Gatti dice così, con un gesto semplice e al tempo stesso carico di affetto, la commozione di ritrovare in sala, e non più come da sei mesi a questa parte dietro una telecamera, il pubblico. Succede a Firenze. Sul palco del Teatro del Maggio. Dove l’inaugurazione dell’edizione numero ottantatré del Maggio musicale fiorentino, già programmata per andare in streaming, si apre alla presenza del pubblico. Perché la data scelta dal governo per il ritorno degli spettatori nelle sale nelle zone gialle è la stessa, coincidenza singolare e fortunata, messo nero su bianco da tempo per l’apertura del Maggio 2021. Il pubblico ha risposto.
Pubblico applaudito da Gatti al termine del concerto inaugurale, tutto dedicato a Igor Stravinskij a cinquant’anni dalla morte. Gatti ha impaginato un programma stravinskiano poco convenzionale, eloquente come ogni impaginato del direttore milanese: nella Sinfonia di Salmi e nei suoi testi biblici nella vulgata latina Gatti ha messo una riflessione sul nostro presente, una preghiera e un’invocazione incarnati nella quotidianità, ma anche una speranza nel futuro nel composto e solenne Alleluja che chiude la pagina, da ascoltare tutta d’un fiato nel trascolorare della preghiera dalla supplica alla lode. Poi la compiuta perfezione – grazie alla lettura tesa del direttore ben assecondato dall’orchestra del Maggio – della Sinfonia in do, dove il passato viene filtrato con gli occhi del presente. Il presente di Stravinskij. Il presente di Gatti, che è il nostro presente. In un gioco di continui rimandi tra ieri e oggi per ritrovare, nelle radici, il senso del futuro.
Nelle foto @Michele Monasta Daniele Gatti inaugura il Maggio musicale fiorentino