Il 5 febbraio Pirata da Napoli, il 6 Don Carlo da Modena «Negozi e strade piene, sono vuoti solo i teatri, perché?» chiede il baritono rivendicando il ruolo della cultura
«Mi fermo in autogrill, pieno. Vado in un negozio, fuori c’è la fila. I centri commerciali? Pieni, come le strade del centro di tante città, ce lo hanno mostrato le immagini dei tg. E le trasmissioni tv? Hanno in studio il pubblico». Luca Salsi osserva come va la vita ai tempi del Covid. E conclude amaro: «A restare vuoti sono soli teatri, cinema e sale da concerto». Quello che arriva è un fine settimana lirico in compagnia del baritono parmense perché venerdì 5 febbraio Salsi sarà Ernesto ne Il pirata di Vincenzo Bellini trasmesso alle 20 in streaming dal Teatro di San Carlo di Napoli (biglietto a 2.99 euro, visibile sul sito del Teatro San Carlo) e sabato 6, sempre in streaming e sempre alle 20 (visibile gratuitamente sulla piattaforma Operastreaming), darà voce a Rodrigo nel Don Carlo di Giuseppe Verdi dal Teatro Comunale di Modena.
«Ma spero che prima o poi la stagione degli streaming finisca perché vorrà dire che potremo tornare a fare musica con il pubblico in sala». Che è la cosa che manca di più al baritono, classe 1975, di casa al Teatro alla Scala come al Metropolitan di New York. «Mi manca l’energia che avverti appena entri in scena, per questo soffro a cantare le opere in forma di concerto e con un pubblico a distanza collegato attraverso lo schermo di un computer» dice spiegando di non capire la logia che sta dietro le scelte della politica. «Perché i centri commerciali sì, gli studi televisivi sì e i teatri no? Non vuole essere una guerra tra poveri perché tutti abbiamo diritto di lavorare, i negozianti come gli artisti. Forse la Cultura, quella con la lettera maiuscola, non quella di pseudo talent che passano in tv, non ha un ritorno economico così grande da suscitare l’interesse della politica. E la storia del pubblico pagato come comparse? Va bene, ma perché non si può fare anche in teatro?» riflette Salsi, un fiume in piena in difesa dell’arte.
Ne ha per la politica, per il governo e per i ministri che hanno gestito questa emergenza. «Chi continua a non tenere in considerazione la cultura non capisce che dietro la musica, il cinema, il teatro c’è tutto un mondo, c’è un lavoro di programmazione che inizia mesi prima della rappresentazione e coinvolge centinaia di persone dentro e fuori il teatro. Non solo, pensiamo all’indotto che gira intorno agli eventi culturali, tutto fermo».
Salsi vede anche il bicchiere mezzo pieno. «Sono contento che in questi mesi ci sia stata la possibilità di trasmettere in streaming, un modo per non farci sparire nel nulla. Ma mi auguro che presto si volti pagina, tenendo magari le trasmissioni online accanto al pubblico in sala per ampliare la platea degli ascoltatori».
Intanto il primo appuntamento online è per il 5 febbraio con Il pirata di Bellini dal San Carlo di Napoli: sul podio Antonino Fogliani, con il baritono le voci di Sondra Radvanovsky (Imogene) e Celso Albelo (Gualtiero). «Tornare al belcanto è stato difficile, lo ammetto: di Bellini nei primi anni di carriera ho cantato molte volte I puritani. Ora affronto la parte di Ernesto, un ruolo quasi più di agilità che di linee di canto come ci si aspetterebbe da Bellini. Una scrittura piena di terzine e sestine, tanto che sembra quasi Rossini… il mio ultimo Barbiere di Siviglia, però, risale al 2011» sorride Salsi che ha ristudiato da capo la tecnica del belcanto e riassestato la voce per affrontare un ruolo «spesso affidato a baritoni eroici – è un soldato ce torna dalla guerra – e che richiede di trovare il più bel suono possibile in legato e agilità».
Una carriera lunga più di vent’anni per Salsi che quando si sente dire «che canto “all’antica“ e ricordo “le voci del passato” provo un grande orgoglio. Noi interpreti abbiamo il dovere di continuare la tradizione dell’Italia, il paese che ha inventato l’opera, sia dal punto di vista vocale che da quello dell’approccio a uno spartito. Perché anche nella musica oggi il rischio è quello della globalizzazione».
Bellini, ma anche il suo amato Verdi in questo fine settimana con il Don Carlo dal Comunale di Modena. Sul podio Jordi Bernàcer, cantano Andrea Caré (Don Carlo), Anna Pirozzi (Elisabetta), Judit Kutasi (Eboli). «E c’è Michele Pertusi come Filippo II, quando me lo hanno detto ho accettato subito perché Michele, radici a Parma come me, è un amico, un fratello maggiore con il quale faccio musica sempre volentieri». Chiamato una settimana prima della registrazione Salsi non ci ha pensato due volte: «Il titolo verdiano l’ho in repertorio, lo canto da sempre. Sempre meraviglioso e funziona bene anche in forma di concerto, sentirete» racconta il cantante impegnato da sempre nel restituire fedelmente la scrittura verdiana. «Intendiamoci, non sono contro la tradizione, perché se ci sono belle note fuori ordinanza mi esalto anch’io. È un discorso di fedeltà musicale: mi piace trasmettere emozioni senza cambiare nulla di quello che è scritto perché in Verdi c’è già tutto. Fedeltà musicale e libertà nell’interpretazione perché oggi una bella voce non basta più, occorre portare in scena una verità che viene dalla vita».
Una lezione che ha imparato da Riccardo Muti. «Ho fatto con lui un’audizione a Roma e dopo avermi sentito nel Pietà, rispetto, onore del Macbeth ha detto al direttore artistico: tutto il Verdi che dirigerò qui lo farà lui». E così è stato. Salsi tornerà a cantare Verdi con Muti in giugno all’Arena di Verona per un’Aida in forma di concerto. «Devo tanto al maestro, mi ha fatto fare il salto da una buona carriera a una carriera di primo livello» dice Salsi che spera di ripartire a pieno ritmo «tra maggio e giugno dalla Staatsoper di Vienna dove mi aspettano una ripresa di Tosca di Puccini e un nuovo Macbeth con Anna Netrebko, la bacchetta di Philippe Jordan e la regia di Barrie Kosky». Sempre impegnato in quella che è quasi una missione, portare nel mondo il melodramma. «Nelle opere c’è la nostra storia: le storie di Verdi raccontano i sentimenti che vivevano gli italiani del Risorgimento, onore, rispetto, famiglia, valori validissimi ancora oggi. Per questo occorrerebbe farle studiare a scuola come uno degli esempi più alti di educazione civica. Se dimentichiamo il passato rischiamo di perdere la nostra identità perché l’arte ci dice chi siamo».
Nella foto @Marco Borrelli il baritono Luca Salsi