Dimezzati i consumi culturali, calo del 90% del pubblico Confcommercio fotografa la crisi che ha colpito il settore Petizione al governo del presidente dell’Agis Fontana
Potremmo dire: lo sapevamo. Perché è stato da subito chiaro – ce lo hanno detto in questi mesi le istituzioni culturali – che la chiusura di teatri, sale da concerto, cinema e musei rappresenta un duro colpo per il settore culturale. Ma vederlo certificato nero su bianco, con tanto di cifre in caduta libera, fa un certo effetto. Il Covid ha portato, in meno di dodici mesi, ad un dimezzamento dei consumi di beni e servizi culturali, un -47% con un calo a 60 euro a dicembre dai 113 euro dello stesso mese del 2019 della spesa media mensile per famiglia. Un quadro tracciato dall’Osservatorio di Impresa cultura Italia-Confcommercio nel report che fotografa i consumi culturali degli italiani nel 2020.
Un quadro particolarmente drammatico per lo spettacolo dal vivo che, chiusi teatri e cinema, ha registrato un crollo degli spettatori del 90% e forti riduzioni di spesa da parte dei consumatori tra dicembre 2019 e settembre 2020 con punte di oltre il 70%. Resistono i libri letti nella loro versione cartacea anche se un italiano su tre sceglie il formato digitale. Per i quotidiani prevale la consultazione gratuita online, mentre è di un lettore a due il rapporto tra chi sceglie il digitale a pagamento e chi sceglie il cartaceo. Calano gli abbonamenti ai prodotti culturali fatta eccezione per la tv in streaming che nel dicembre scorso ha registrato un incremento di connessioni del 17% rispetto allo stesso mese del 2019 . Non solo un terzo di italiani pensa di utilizzare anche in futuro prevalentemente piattaforme streaming a pagamento come alternativa all’offerta della tv generalista.
Una tendenza che sembra confermarsi anche in questo inizio di 2021 con le misure annunciate dal governo che tengono i sipari ancora abbassati almeno sino a metà febbraio. Intanto si prosegue con spettacoli in streaming che, però, ripetono gli operatori del settore, non può essere il futuro dello spettacolo dal vivo. L’Agis, l’Associazione generale italiana dello spettacolo, da quando teatri e cinema hanno dovuto chiudere i battenti, è in campo in un dialogo con il ministero per ridurre al minimo i danni. Nei giorni scorsi il presidente dell’Agis Carlo Fontana – una carriera di operatore culturale iniziata al Piccolo teatro fianco di Paolo Grassi e proseguita, prima dell’impegno politico, al Comunale di Bologna e al Teatro alla Scala – ha lanciato una petizione su Change.org per chiedere al governo tempi e modalità chiare per la ripartenza del settore.
«Oggi, prima ancora che come presidente Agis ma come operatore che ha speso tutta la vita per l’organizzazione dello spettacolo e della cultura, ho scritto ai vari presidenti di categoria aderenti all’associazione che presiedo, per rappresentare loro il mio pensiero su quanto sta accadendo nel nostro settore a seguito delle misure derivanti dall’evoluzione pandemica. Purtroppo, credo che la ferita delle chiusure delle attività di spettacolo si rimarginerà con grandissima fatica» ha scritto Fontana sul suo profilo Facebook lanciando la petizione. «I ristori sono stati un sostegno, un supporto importante, ma per la sola sopravvivenza: utili, ma non bastano. Ho proposto di far partire una sottoscrizione che abbia come protagonisti i nostri spettatori più assidui, finalizzata a chiedere al governo l’individuazione di precise strategie, anche temporali, per una ripresa delle attività. Sono evidenti a tutti le difficoltà della situazione, ma non è più il tempo di navigare a vista» ha ribadito il numero uno dell’Agis spiegando che la sua iniziativa «vuole essere una sollecitazione dettata solo dall’interesse generale e che ha come finalità quella di restituire – e di restituirci – una parte considerevole e determinate per la vita di tutti noi».