Concerto di Capodanno nella sala vuota del Musikverein con l’appello del direttore ai politici di tutto il mondo Applausi vitruali per Radetzky e il Bel Danubio blu
È un messaggio politico quello che Riccardo Muti lancia dal podio del Musikverein di Vienna. «La cultura è un elemento fondamentale per costruire la società del futuro, per dare speranza» scandisce il direttore d’orchestra italiano in un inglese chiaro e immediato, rivolgendosi direttamente a «governanti, presidenti e primi ministri di tutto il mondo». Parole che risuonano in una sala vuota come non lo era mai stata il 1 gennaio per il Concerto di Capodanno sulle note dei valzer degli Strauss. Lo impone la pandemia: niente pubblico in sala, sul palco, invece, musicisti senza mascherina, senza distanziamento dopo essere stati sottoposti a tampone e monitorati costantemente durante le prove.
Muti, prima di attaccare i tradizionali bis del Bel Danubio blu e della Marcia di Radetzky, prende il microfono e guarda dritto in una delle telecamere della tv austriaca Orf che porta in tutto il mondo il Neujahsrkonzert dei Wiener philharmoniker, più di novanta i paesi collegati, in Italia diretta su Radio3 e differita su Rai2 perché dal 2004 Rai1, dopo l’Angelus del Papa, manda in diretta il Capodanno della Fenice di Venezia. «Abbiamo tutti avuto un anno molto, molto difficile, orrendo, un annus horribilis come si dice in latino. Ma siamo ancora qui e crediamo nel messaggio della musica. I musicisti nello loro armi, che sono i loro strumenti, hanno i fiori, non le pallottole che uccidono. E con la musica vogliamo portate gioia, speranza, pace, solidarietà, fratellanza e amore» dice Muti chiamato per la sesta volta a dirigere il Concerto di Capodanno.
Sul leggio pagine note, che appena i Wiener attaccano ti viene da canticchiare come il Frühlingsstimmen valzer, le Voci di primavera, o il Kaiser valzer di Johann Strauss; sette prime esecuzioni al Concerto di Capodanno come il Bad’ner Mad’In valzer di Karl Komzák (immancabili le danze con le coreografie di José Carlos Martinez per i ballerini della Staatsoper); partiture che guardano all’Italia come il Venetian galop di Johann Strauss padre o la Neue melodien quadrille di Johann Strauss figlio modellata su pagine d’opera di Verdi, Bellini e Donizetti.
«È davvero strano per noi fare musica in questa sala bellissima e storica, ma completamente vuota: l’orchestra suona meravigliosamente non solo perché, come ogni anno, vuole mandare a tutti voi il messaggio della musica, ma perché sempre i Wiener philharmoniker sono circondati dallo spirito di Brahms, Brukner, Mahler e di molti altri compositori e interpreti che in questa sala hanno fatto la storia» osserva Muti applaudito dai musicisti a ogni suo ingresso sul podio.
Niente battimani sulle note della Marcia di Radetzky, ma applausi virtuali da migliaia di persone che da tutto il mondo hanno mandato uno messaggio a Vienna attraverso i social. «La musica non è intrattenimento – e purtroppo da molti viene considerata solo un divertimento –, la musica non è solo una professione, ma è una missione per la quale noi abbiamo deciso di fare questo lavoro. Una missione per costruire una società migliore, per pensare alle nuove generazioni che in un anno sono state private di pensieri profondi perché si è pensato solo alla salute» riflette serio Muti, sottolineando le sue parole con un gesto netto della mano, come quando impugna la bacchetta, convinto che «anche in tempo di pandemia non si possono abolire la musica, il teatro e la cultura».
Un messaggio al mondo, ma anche (e forse soprattutto) alla politica italiana. Muti, che nei mesi scorsi ha scritto una lettera aperta al premier Conte per chiedere di riaprire quanto prima i teatri, riconosce che «la salute è il primo e più importante pensiero, la salute del corpo, ma anche la salute della mente e dell’anima. Il mio messaggio per i governati, i presidenti e i primi ministri di ogni parte del mondo è di considerare la cultura sempre uno degli elementi primari per avere una società migliore nel futuro» chiede prima di tornare sul podio. Il Furioso galop e poi il Bel Danubio blu e la Marcia di Radetzky.
«Spero che sulle onde di questa bellissima musica piena di gioia, ma anche di morte e di vita, possiamo sperare in un anno migliore» dice lanciando l’immancabile «Prosit Neujhar» dei Wiener al quale fa seguire un italianissimo «Grazie».
Nelle foto @Apa Orf Roman Zach-Kiesling il Neujahsrkonzert dei Wiener diretto da Riccardo Muti
Articolo pubblicato in gran parte su Avvenire del 2 gennaio 2021