Nel 2020 i 250 anni dalla nascita del compositore tedesco Ecco la top ten con le sue musiche più famose
Era il 16 dicembre 1770. A Bonn nasceva Ludwig van Beethoven. Una famiglia di umili origini dove, però, non mancava la musica. Nonno musicista, padre (finito ubriaco) tenore e musicista alla corte dell’Elettore di Colonia, organista, cembalista e poi primo violino di corte. Gli studi a Vienna (con Mozart) che, però, dovette interrompere per assistere la madre morente. Il ritorno a Vienna (con Haydn) e l’arrivo, pima dei trent’anni, della sordità, aspetto che contribuirà ad alimentare il mito di Beethoven. Compositore di cui in questo strano 2020 si celebrano i duecentocinquant’anni dalla nascita. Ecco una biografia fatta non di parole, ma di musica. Un’autobiografia dove è lo stesso musicista a raccontarsi con le sue note. Dieci pagine per scoprire (o riscoprire) la grandezza del musicista tedesco scomparso a Vienna il 26 marzo 1827, capace di segnare uno spartiacque nella storia della musica, un prima e un dopo Beethoven.
1. Allegro con brio dalla Sinfonia n.5 in do minore op.67
La pagina con l’inizio più famoso di tutta la storia della musica, quattro note ribattute che tutti almeno una volta abbiamo canticchiato. Note che Beethoven racconta come «il destino che bussa alla porta». Un lungo lavoro dietro la Sinfonia n. 5 in do minore che Beethoven inizia ad abbozzare nel 1804 mentre scrive la Terza e che completa nel 1808 mentre già compone la Sesta, eseguendola il 22 dicembre di quell’anno al Theater an der Wien insieme ad altre sue pagine. Successo tiepido per una sinfonia destinata a diventare una delle più famose di tutti i tempi. Sicuramente grazie al primo movimento, l’Allegro con brio che ascoltiamo diretto da Riccardo Muti alla guida della Philadelphia orchestra
2. Concerto n.5 per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore op.73 Imperatore
Se la Quinta ha l’attacco più famoso, il Concerto n.5 per pianoforte e orchestra in mi bemolle maggiore è quello con uno dei titoli più famosi, Imperatore. Ma Napoleone, come si è spesso pensato, non c’entra. Una pagina dedicata all’arciduca Rodolfo Giovanni d’Asburgo, eseguita nel 1811 a Lipsia. anche questo, come la Quinta, accolto con freddezza alla prima. Tre movimenti Allegro, Adagio e Rondò che ascoltiamo con Arturo Benedetti Michelangeli al pianoforte e Carlo Maria Giulini sul podio dei Wiener symphoniker.
3. Marcia funebre dalla Sinfonia n.3 in mi bemolle maggiore op.55 Eroica
Napoleone c’entra, invece, con la Terza sinfonia in mi bemolle maggiore perché Beethoven in un primo tempo dedicò a lui la pagina scritta tra il 1082 e il 1804. Dedica poi revocata, strappando il frontespizio della partitura, per la delusione che il compositore provò quando Bonaparte si autoproclamò imperatore dei francesi. Sinfonia che fu scritta da Beethoven «per salutare il sovvenire di un grand’uomo» e intitolata Eroica. Quattro movimenti, il più famoso è sicuramente il secondo, l’Adagio assai in do minore, la celeberrima Marcia funebre con timpani e trombe ad evocare la morte. Pagina che viene spesso eseguita in memoria di un musicista scomparso. La ascoltiamo con i Berliner philharmoniker diretti da Claudio Abbado.
4. Sinfonia n.6 in fa maggiore op.68 Pastorale
Una sinfonia per immagini, è la Pastorale, pagina del 1808 che Beethoven propone a Vienna la stessa sera in cui debutta la Quinta. Immagini che il compositore mette nei titoli che dà a ciascuno dei movimenti: Risveglio dei sentimenti all’arrivo in campagna, Scena al ruscello, Lieta brigata di campagnoli, Il temporale e Canto pastorale: sentimenti di gioia e di riconoscenza dopo il temporale. Una passeggiata nella natura raccontata, sempre con gli occhi dell’uomo che dialoga con il mondo che lo circonda e si lascia interrogare (dovrebbe farlo anche oggi) dal mondo che lo circonda. Ascoltiamo la Pastorale diretta da Daniele Gatti sul podio dell’Orchestre national de France.
5. Concerto per violino e orchestra in re maggiore op.61
Un suono di timpani. Che sembra quasi il suono dell’inizio, da cui tutto ha origine. Il suono che apre il Concerto per violino e orchestra che Beethoven scrive nel giro di sei mesi nel 1806 dedicandolo all’amico d’infanzia Stephan von Breuning. Tre movimenti, Allegro, Larghetto e Rondò, ascoltati per la prima volta il 23 dicembre del 1806 a Vienna al Therater an der Wien da Franz Clement che, racconta la leggenda, dopo il primo movimento si mise a eseguire una serie di variazioni di libertà. E se la prima esecuzione non raccolse il successo sperato, la pagina è diventata una delle più famose del compositore. Eccola eseguita da Anne Sophie Mutter e diretta da Herbert von Karajan con i Berliner philharmoniker.
6. Ah perfido, scena ed aria da concerto per soprano e orchestra op.65
Beethoven scrisse solo un’opera, Fidelio, con il libretto in tedesco. Ma negli anni della formazione si cimentò con la tradizione vocale italiana. Come nel caso di questo Ah perfido, un’aria da concerto scritta nel 1796 e dedicata alla «Signora Di Clari», la diciannovenne contessa Josephine Clary, residente a Praga, che si dilettava come cantante. Prima esecuzione privata in un salotto di Praga, poi, sempre nel 1796 l’esecuzione durante un concerto a Lipsia con Beethoven che cambia la dedica, stavolta per una delle più famose cantanti dell’epoca, Josepha Dusek. Un recitativo, un cantabile e un allegro, secondo la classica struttura in tre parti dell’aria italiana che ascoltiamo dalla voce unica di Maria Callas con l’Orchestre de la Société des Concerts du Conservatoire diretta da Nicola Rescigno.
7. Ouverture Leonore n.3 in do maggiore op. 72b
Il gioco delle ouverture del Fidelio, l’unica opera scritta da Beethoven, potrebbe essere un sorta di libro game. Perché il compositore scrisse ben quattro pagine da eseguire in apertura del suo singspiel, il mix di parlato e cantato che caratterizza l’opera. Tanto che ogni ascoltatore potrebbe scegliere la propria versione. Certo, Beethoven aveva fatto già la sua scelta. La prima ouverture venne accantonata per una Leonore n.2 in occasione della rappresentazione del 1805. La Leonore n.3 spunta per la revisione del 1806, ma sarà poi tolta da Beethoven nel 1814 per far posto a una quarta ed ultima versione più sintetica rispetto alla Leonore n.3. Una pagina che, comunque, per la sua bellezza e raffinatezza (dentro poi c’è il grande tema della libertà caro al compositore) si ascolta spesso in concerto, ma anche all’interno dello stesso Fidelio, messa prima della scena finale. La ascoltiamo dai Berliner philharmoniker diretti da herbert von Karajan.
8. Sonata per pianoforte n.21 in do maggiore op.53 Waldstein
Trentadue sonate per pianoforte. Tante quelle composte da Beethoven tra il 1795 e il 1822, senza pensarle come un’opera unitaria. Cosa che però, sono diventate nel tempo. La Sonata per pianoforte n.21 in do maggiore op. 53 è nel cuore del ciclo ed ha un titolo, Waldstein, perché prende il nome dal conte al quale è intitolata. Scritta nel 1803, lo stesso anno della Terza sinfonia, venne paragonata alla grane pagina e definita Sonata Eroica per la capacità di unire virtuosismo e profondità del discorso musicale. Ecco la Waldstein nell’interpretazione del pianista russo Valdimir Horowitz.
9. Gloria dalla Missa solemnis in re maggiore op.123 per soli, coro e orchestra
Un monumento musicale. Anche solo per la durata che va oltre gli ottanta minuti, lunghezza inusuale per una messa. Ma la Missa solemnis di Beethoven è molto più di una liturgia in musica. Nata per celerare la nomina e l’incoronazione di di Rodolfo d’Asburgo Lorena ad arcivescovo di Olmutz, avvenuta nel 1820 (annunciata, però, nel 1818 e da subito Beethoven si mise a comporre), diventò un oratorio, un affresco spirituale in musica al quale il compositore lavorò a lungo, tanto che la prima avvenne solo nel 1824 a San Pietroburgo. Composizione canonica perché presenta le cinque parti dell’Ordinarium, Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei, prevede un grande organico orchestrale, un coro misto e quattro solisti. Ascoltiamo il Gloria diretto da Nikolaus Harnoncourt alla guida della Royal Concertgebouw orchestra e del Netherlands radio choir.
10. Quarto movimento dalla Sinfonia n.9 in re minore per soli, coro e orchestra op.125
Nella Quinta l’inizio più famoso della storia della musica. Nella Nona il tema più popolare, quello dell’Inno alla gioia che chiude la Sinfonia n.9 in re minore. Il testo di Schiller sulla fratellanza per l’approdo del percorso sinfonico di Bethoven. La Nona si ascoltò per la prima volta il 7 maggio 1824 a Vienna. Un concentrato dei temi del Romanticismo che si sviluppano nei tre movimenti orchestrali ed esplodono nell’ultimo, corale sui versi di Schiller che il compositore avrebbe voluto mettere in musica già dal 1793. Un tema, quello della gioia, che si affaccia timido in orchestra e piano piano cresce, suonato e cantato da tutti i musicisti che seguono la Nona. Eccoil celeberrimo quarto movimento diretto da Daniel Baremboim con la West Eastern Divan orchestra, il National youth choir of Great Britain e le voci di Anna Samuil, Waltraud Meier, Michael König e René Pape.
In apertura il ritratto di Ludwig van Beethoven di Joseph Karl Stieler