Il baritono russo è Dandini al Teatro Comunale di Modena nella Cenerentola trasmessa in streaming il 30 dicembre L’infanzia a Mosca poi gli studi e il successo in Germania
C’è ancora qualcuno al quale fa un certo effetto cantare in Italia, perché «è il Paese dove è nata l’opera. E questo, per un cantante, è sicuramente un’emozione unica». Il cantante è Nikolay Borchev, classe 1980, nato per caso in Bielorussia perché «mio padre lavorava per l’esercito ed eravamo lì per il suo lavoro. Dopo qualche mese dalla mia nascita siamo tornati a Mosca, la città di origine di tutta la mia famiglia». Il baritono è a Modena, in prova per la Cenerentola di Gioachino Rosini che, con la bacchetta di Aldo Sisillo e la regia di Nicola Berloffa, il 30 dicembre alle 20 il Teatro Comunale Luciano Pavarotti manda in streaming, nuovo atto di resistenza culturale di fronte alla chiusura dei teatri. L’opera si reinventa il modo di arrivare al pubblico. Sul palco Paola Gardina (Angelina), Antonino Sirgausa (Ramiro), Nicola Alaimo (Don Magnifico)e Ugu Guagliardo (Alidoro). «Il progetto che stiamo realizzando qui a Modena – racconta Borchev, che veste i panni di Dandini, ruolo che ha cantato già decine di volte in diversi teatri del mondo – è rivoluzionario. In un momento critico come quello che tutto il mondo sta vivendo si dà la possibilità agli artisti di lavorare, di realizzare una nuova produzione e, anche se il pubblico non c’è e quindi non si hanno gli incassi della biglietteria, noi artisti siamo pagati come se la sala fosse piena. Un bel segnale, importante, che spero possa essere di esempio per altri teatri».
Teatri ancora chiusi e, dunque, lo streaming o la tv sono l’unico modo per restare vivi. Come vede da artista, Nikolay Borchev, il futuro della musica?
«L’incertezza la fa da padrone. Per il momento la via dello streaming può essere utile, indubbiamente, ma spero che in un futuro prossimo tutto ritorni come prima. Il rapporto tra artista e spettatore ha una tradizione secolare, va alle radici del fare teatro e nello spettacolo dal vivo c’è un’intensità unica che nessuno streaming può trasmettere».
Come ha vissuto questi mesi di stop forzato? Cosa significa per un’artista la chiusura dei teatri?
«Ho vissuto questo periodo come tutti i miei colleghi, con una grande paura pensando al futuro. Sono russo, ma vivo da tempo a Berlino, stato molto deluso dal nostro governo dai politici che hanno dimostrato una certa diffidenza verso l’arte e non l’hanno considerata una priorità in questo momento di crisi. Nel momento in cui ti viene impedito di stare sul palco, di mostrare la tua arte, il senso della tua esistenza viene messo in dubbio. In questi mesi ho cercato di fare il possibile per dimostrare che ci sono: ho provato per dei nuovi concerti che farò una volta passato tutto, ho registrato un disco, ho tenuto lezioni online».
Parlava della delusione per l’atteggiamento della politica. In alcuni paesi europei i teatri sono rimasti chiusi meno tempo rispetto a ciò che è accaduto in Italia: cosa lo ha reso possibile?
«Una situazione che varia da paese a paese: la Staatsoper di Berlino resterà chiusa fino al 21 gennaio, in Francia è stata rinviata l’apertura di teatri, cinema e muse inizialmente prevista per il 15 dicembre, ma in Spagna il Real di Madrid dall’inizio della stagione non ha mai chiuso e questo dimostra che si può comunque lavorare in modo sicuro in teatro. Certo questo richiede uno sforzo in più di fronte al quale la tentazione potrebbe essere quella di lasciare tutto chiuso».
A Modena si va in scena con la Cenerentola di Rossini dove lei torna a vestire i panni di Dandini?
«Un ruolo che trovo congeniale per la mia voce, che all’inizio sembra quasi il protagonista mentre al termine dell’opera diventa quasi un ruolo vocalmente secondario. Un personaggio che mi diverte molto perché mi permette di incarnare due caratteri diversi allo stesso tempo, quello del servitore/confidente di Ramiro e quello del finto principe. Un ruolo che può diventare persino tragicomico, addirittura eccessivo specie nel finale quando per Dandini c’è un brusco risveglio nel momento in cui deve smettere i panni del finto principe e si trova come un bambino al quale tolgono un gioco divertente. Mi piace disegnarlo come un giovane evitando così le caratterizzazioni grottesche che ci possono essere invece in un don Bartolo del Barbiere».
Dopo aver cantato in molti i teatri in tutto il mondo ora il debutto in Italia. Che effetto le fa?
«L’emozione è innegabile. La responsabilità anche tanto più che sono l’unico artista straniero in un cast di italiani. Mi tranquillizzo pensando che lavorerò con artisti con i quali ho già condiviso il palcoscenico e con i quali l’intesa, in questi giorni di prove, si sta ulteriormente rafforzando».
Dove nasce la passione per la musica? Parlava del papà impegnato nell’esercito, ma ci musicisti in famiglia?
«La mia non è un famiglia di musicisti, ma le note non sono mai mancate. Mia madre e suo fratello da ragazzi cantavano in un coro regionale e durante un concerto mio zio venne notato per la sua voce ed entrò al Teatro Bol’šoj di Mosca dove cantò più volte il ruolo del Pastorello nella Tosca di Puccini. In casa dei miei nonni, poi, c’era un vecchio pianoforte e fin da piccolo ero affascinato da questo strumento tanto che la nonna mi aveva dato il permesso di improvvisare sulla tastiera per cinque minuti al giorno, cosa che per me era uno dei più grandi divertimenti. Vedendomi così coinvolto mia mamma ha pensato di farmi studiare musica: ho iniziato con il pianoforte perché mi immaginavo pianista, poi ho aggiunto lo studio del flauto e dell’organo».
Ma oggi è cantante, baritono nello specifico, non pianista.
«Avevo tredici anni quando ho ascoltato per la prima volta un concerto di musica vocale e sono rimasto letteralmente fulminato: lì ho deciso che avrei voluto fare il cantante, senza sapere assolutamente come era la mia voce e soprattutto se una voce c’era. Ho iniziato con le lezioni di canto in piena adolescenza, mentre la mia voce stava cambiando e i miei insegnanti hanno costruito tutto partendo dal nulla. A sedici anni sono entrato al conservatorio di Mosca dove per quattro anni ho studiato con Pavel Lisitsian, uno dei più grandi baritoni storici del Novecento russo, e con Maria Ariya. A vent’anni, poi, la vittoria del concorso per il Conservatorio di Berlino. Mentre studiavo, a 23 anni, ho fatto un’audizione per l’Opera di Monaco e mi hanno proposto di entrare nella troupe, nella compagnia stabile, dove sono rimasto per nove anni e dove ho debuttato tantissimi ruoli, compreso il Dandini di Cenerentola con Bruno Campanella e dove ero nel cast dello Roberto Devereux con Edita Gruberova».
La sua carriera è iniziata proprio in Germania dove oggi abita.
«La scelta della Germania è legata proprio a Pavel Lisitsian perché nel 2002 è stato lui a decidere che dovevo andare a Berlino per il Concorso Schumann in quanto riteneva che la mia voce fosse perfetta per il repertorio di lieder. L’ho ascoltato, sono volato in Germania a prepararmi alla prova con una sua amica pianista che mi ha convinto a provare l’esame di ammissione al Conservatorio di Berlino. L’ho superata e così la capitale tedesca è diventata la mia casa, una città dove ho passato i più bei momenti della mia giovinezza e ho stretto le amicizie più importanti. Berlino, poi, era ed è l’angolo d’Europa più vicino alla Russia, in due ore e mezza di aereo posso ritornare dalla mia famiglia».
Torna spesso a Mosca?
«Quando gli impegni di lavoro me lo permettono molto volentieri anche perché ho ancora molti cari amici che abitano lì. È la città dove ho trascorso la mia infanzia, semplice, molto amato dalla mia famiglia che da quando ho avuto dieci anni mi ha portato sempre a teatro, contribuendo sicuramente a far nascere la mia passione per la musica».
Dopo Modena dove la porteranno i suoi impegni?
«Prima a Dresda dove debutto Olivier in Capriccio diretto da Christian Thielemann, Poi a Lipsia per Die Feen di Wagner. Ho poi un progetto con Anna Prohaska su Henry Purcell con l’incisione di un disco e una serie di concerti in Europa».
Magari con una tappa anche in Italia?
«Mi piacerebbe molto. L’Italia rappresenta la “dolce vita”, il cibo più buono del mondo, la gente più luminosa, la musica più bella mai scritta, insomma un paradiso sulla terra».
Nelle foto @Nina Ai-Artyan un ritratto di Nikolay Borchev
@Wilfried Hösl il baritono nella Cenerentola con la regia di Ponnelle
@Rolando Paolo Guerzoni Cenerentola a Modena