Due concerti sul podio dell’Orchestra giovanile Cherubini diretti dal maestro nel Teatro Alighieri di Ravenna vuoto Forte messaggio politico sul valore della cultura
Fa un certo effetto vedere alle spalle di Riccardo Muti un porta chiusa. Una porta che, solitamente, è aperta. La porta di legno della platea del Teatro Alighieri di Ravenna, da dove sono state tolte tutte le poltrone. Perché il pubblico, lo dice il dpcm del 24 ottobre, non può entrare. Chissà ancora per quanto. Un provvedimento che, un mese fa, ha spinto il direttore d’orchestra a scrivere pubblicamente al premier Giuseppe Conte: una lettera appassionata (in perfetto stile Muti) per dire (ancora una volta) il valore della cultura, della musica e dell’arte, per affermare che lo spettacolo (e i lavoratori dello spettacolo) vive solo dal vivo. Un appello, dunque, a riaprire presto teatri, sale da concerto, cinema. Appello al quale il presidente del consiglio, pur riconoscendo per l’Italia la centralità del patrimonio culturale, ha garbatamente risposto con un «prima la salute». Muti – e tutto il mondo dello spettacolo – non si è arreso. Anzi, ha rilanciato e non ha fermato la musica mettendo in campo, con Ravenna festival e l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini, l’unica modalità di resistenza culturale oggi possibile, lo streaming.
Due concerti, appendice autunnale di lusso dell’edizione 2020 del Ravenna festival che a giugno, con i suoi protocolli di distanziamento e sicurezza, ha fatto da apripista al ritorno della musica dal vivo. Due domeniche mattina (lo streaming è ancora disponibile sul sito della rassegna Qui il link o sul sito del maestro Qui il link), un’ora di programma, i musicisti distanziati sul palco con la mascherina, nel silenzio (desolante, ma a suo modo suggestivo) del teatro vuoto – ascoltando in cuffia grazie alla tecnologia d&b soundscape en-space l’effetto è di essere lì, avvolti dalla musica.
La musica di Franz Schubert per il primo appuntamento con la Sinfonia n.3 in re maggiore e la Sinfonia n.8 in si minore Incompiuta che Muti propone tutte d’un fiato, quasi i due movimenti dell’Incompiuta fossero l’ideale proseguimento della Terza. Atmosfere molto diverse, cantabile e danzante la Terza, tutta meditativa l’Ottava, che era in programma anche nel primissimo concerto della Cherubini nel 2005. Così il viaggio nelle pagine di Schubert (con i preziosi soli del clarinetto di Fabrizio Fadda) diventa una meditazione sul nostro presente, uno sguardo che trascolora da un passato recente di spensieratezza a un presente più cupo, ma aperto, nella lettura di Muti, ad una speranza da costruire qui ed ora. E le basi su cui provare ad immaginare di costruire il futuro le dice (meglio, le dirige) chiaramente il maestro nel secondo concerto: Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini e Giuseppe Martucci. Basi, che sono le radici della nostra cultura, il patrimonio unico che Muti difende da sempre e con passione, ricchezza per la quale rivendica un posto di primo piano nella considerazione della politica, autori che Muti, non a caso, mette sempre sul leggio dei suoi concerti alla presenza delle istituzioni.
Il Notturno di Martucci, il Preludio sinfonico di Puccini e poi il Verdi della Sinfonia del Nabucco dei Ballabili del Macbeth e della Sinfonia de I vespri siciliani suonati dai giovani della Cherubini nel vuoto del teatro Alighieri hanno un sapore più malinconico del solito. Certo, raccontano l’orgoglio di un popolo che riprende in mano la sua storia, che rialza la testa con quella composta dignità di sempre, ma con un incertezza in più data dal tempo sospeso che stiamo vivendo. Sospeso come le note di Verdi che galleggiano nel silenzio del teatro vuoto mentre Muti, con la bacchetta appoggiata al petto, sorride ai suoi ragazzi.
Nella foto @Zani/Casadio Riccardo Muti sul podio dell’orchestra Cherubini