17.10.2020 Giovedì sera, durante la penultima recita di Aida, nell’aria c’era già qualcosa. Dalla Regione Lombardia era arrivata la proroga, ma solo fino a lunedì 19 ottobre, dell’ordinanza con la deroga sulla capienza dei teatri maggiore rispetto ai 200 posti previsti dalle indicazioni nazionali. Un navigare a vista che, ieri mattina, a poco più di un’ora dall’inizio, ha spinto i vertici del Teatro alla Scala a cancellare la conferenza stampa di presentazione della nuova stagione. O meglio, del primo blocco, dal 7 dicembre a marzo. Perché il sovrintendente Dominique Meyer aveva già deciso di programmare di tre mesi in tre mesi per seguire l’evoluzione dell’epidemia e adeguarsi alle normative sulla capienza delle sale.
«Negli ultimi giorni abbiamo assistito a un aumento drammatico dei contagi cui fanno riscontro nuove normative in evoluzione costante. In questa condizione di incertezza non ci è sembrato serio presentare una stagione che non avremmo avuto la certezza di realizzare, anche se eravamo soddisfatti del nostro programma e convinti, dopo averlo dovuto modificare ben dodici volte, di aver trovato una formula sostenibile» spiega Meyer che insieme al direttore musicale Riccardo Chailly avrebbe dovuto annunciare i titoli del nuovo cartellone che si dovrebbe (non tutto è cancellato, ma il il condizionale è d’obbligo) inaugurare (come tradizione) il 7 dicembre con Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti diretta da Chailly, con la regia di Yannis Kokkos e le voci di Lisette Oropesa e Juan Diego Florez.
Al momento la Scala ha confermato tutti gli spettacoli in programma fino a lunedì 19, giorno in cui la Regione dovrebbe prorogare l’ordinanza o emetterne una nuova. «Seguiamo l’evolversi della situazione e daremo comunicazione rispetto alle rappresentazioni successive non appena il quadro normativo sarà chiarito» dice Meyer anche se in teatro è arrivata Anna Netrebko che mercoledì 21 dovrebbe essere impegnata in un recital sul palco del Piermnarini. «È stata una scelta dolorosa, sia perché il pubblico in queste settimane ha mostrato un grande desiderio di essere in teatro e riprendere la normalità, sia per gli artisti che vivono in un periodo di grave incertezza, però ci è sembrata l’unica scelta realistica e rispettosa degli artisti stessi, dei lavoratori scaligeri e dei nostri abbonati» dice ancora il sovrintendente. Se si dovesse tornare a 200 posti sarà necessario ripensare completamente la programmazione. Sempre che non si scelga per il coprifuoco o per la serrata totale, come accaduto lo scorso 23 febbraio. Cosa che vorrebbe dire far saltare ulteriori contratti con gli artisti (dopo che si è dovuto intervenire rispetto alle stagioni già programmate), lasciare a casa orchestrali, coristi e ballerini e programmare nuovi ammortizzatori sociali. In un quadro in cui, accanto ai mancati incassi che pesano sul bilancio, per la prima volta da un secolo non è stata lanciata la campagna abbonamenti.
Articolo pubblicato su Avvenire del 17 ottobre
Nella foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala la sala del Piermarini