23.09.2020 Riflessioni a margine di un nuovo festival, un numero zero in attesa di edizioni covidfree. Riflessioni a distanza, vedendo estratti video. Lo dichiaro subito. Ma non è questo il punto. Almeno il punto principale. Che è il fatto che non può esserci un festival Mascagni senza Valerio Galli e Francesco Cilluffo sul podio. Valerio Galli (di Viareggio, classe 1980) che ha un talento smisurato per il Verismo che conosce come le sue tasche e che ha diretto praticamente ovunque. Conosce e ha diretto tanto e tanto Mascagni, non solo il Mascagni di Cavalleria rusticana (l’ultima, in ordine di tempo, qualche giorno fa a Cagliari, nella stagione all’aperto del Teatro Lirico), ma anche quello raro di Rapsodia satanica e dell’operetta Sì o del Piccolo Marat che studia e approfondisce. Come Francesco Cilluffo (torinese, classe 1979) che ha diretto Guglielmo Ratcliff al Wexford festival opera e Isabeau all’Opera Holland Park di Londra. Non può esserci un festival Mascagni senza di loro. Eppure un Mascagni festival c’è stato, a Livorno, dove hanno chiamato sul podio Beatrice Venezi.
Scelta per assecondare una certa visibilità mediatica della direttrice d’orchestra e portare pubblico al nuovo festival? Certo la musicista sta lavorando per affermarsi nel panorama classico con interviste ad hoc (il nodo è sempre quello della discriminazione delle donne sul podio, ma forse conta il talento più che il genere), rilanciando il fatto che Forbes l’ha inserita tra i cento under30 più influenti (ma la nomina risale a marzo 2018 e nel frattempo la Venezi, lo scorso marzo, ha compiuto trent’anni) e con presentazioni dei suoi lavori con giornalisti di musica pop – il suo disco dedicato a Puccini è stato annunciato in una conferenza stampa dove erano stati invitati giornalisti che solitamente seguono la musica leggera, non gli specialisti della classica e a leggere certi articoli che esaltavano il fatto che nella presentazione la musicista dirigesse un quartetto d’archi (da quando un quartetto d’archi viene diretto?!) spiegando il mestiere del direttore si provava un misto di ilarità e sgomento.
Ma è stata chiamata lei – e non Galli o Cilluffo – sul podio del Mascagni festival. Prima edizione di una rassegna dedicata al compositore livornese, partita con una sorta di numero zero con concerti e spettacoli sulla Terrazza Mascagni (prologo il 2 agosto, quattro serate a settembre tra musica e prosa): il Mascagni sacro della Messa di Gloria e quello operistico affidato appunto alla bacchetta della Venezi (alquanto fiacca, lenta e incolore, c’è un video che gira su Facebook dell’Addio di Turiddo a Mamma Lucia della Cavalleria) e alla voce recitante di Luca Zingaretti, il volto tv di Montalbano (ma la musica ha proprio bisogno del traino televisivo?).
Appunti sparsi, per una riflessione su cosa significa un festival monografico dedicato a un compositore. Che deve poggiare su un lavoro scientifico sulle edizioni critiche delle partiture (vedi l’esperienza del Rossini opera festival di Pesaro, del Donizetti opera di Bergamo, del Festival Verdi di Parma). E puntare ai migliori interpreti di quell’autore. Livorno ce li ha in casa (o quasi): Galli, toscano di Viareggio, Cilluffo, torinese residente a Milano, entrambi a una manciata di chilometri da Livorno. Garanzia di un lavoro rigoroso, capace di nobilitare la musica di Mascagni a lungo guardata con diffidenza e ora, grazie e un festival ad hoc dedicato al compositore, rimessa giustamente sotto la lente di ingrandimento per riscoprirla.
Nella foto il logo del Mascagni festival 2020