Per ricordare le vittime della pandemia di coronavirus Riccardo Frizza dirige la Messa funebre di Donizetti davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella «Ero malato e la musica non mi confortava. Ora riparto»
«Sarà una preghiera per chi non c’è più, per chi è stato portato via all’improvviso dal Covid. Un ricordo carico di affetto per chi è morto da solo in ospedale, senza una stretta di mano, senza una carezza, senza aver avuto nemmeno il tempo di salutare i propri cari». Nella voce di Riccardo Frizza Senti il dolore di chi ha sofferto. Lo senti mentre il musicista racconta il significato della Messa da Requiem di Gaetano Donizetti che domenica 28 giugno dirigerà davanti al Cimitero Monumentale di Bergamo, iniziativa del Comune lombardo e del Donizetti opera festival di cui Frizza, classe 1971, è direttore musicale. Niente pubblico, solo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e i sindaci dei 243 Comuni della provincia sul piazzale del cimitero divenuto tristemente famoso per le immagini, che hanno fatto il giro del mondo, dei camion dell’Esercito carichi di bare. Diretta su Rai1 alle 20.30 per quello che vuole essere «un ricordo di tutte le vittime che la pandemia ha mietuto e sta ancora mietendo in Italia e nel mondo».
Per la prima volta, Riccardo Frizza, la musica tornerà a risuonare dal vivo nel territorio bergamasco, tra i più colpiti dal coronavirus. Perché proprio la scelta del Cimitero Monumentale?
«Vogliamo ripartire dal piazzale del cimitero, da quel viale simbolo di un dolore immenso che tanti di noi hanno provato. Vogliamo farlo con una pagina di musica sacra come la Messa da Requiem del bergamasco Donizetti perché prima di qualsiasi attività artistica e musicale di intrattenimento è doveroso fare memoria di chi non c’è più».
Sei nato e vivi a Bagnolo Mella nel bresciano, un altro focolaio del Covid.
«Anch’io e la mia famiglia ci siamo ammalati: mia moglie Davinia, i miei genitori, le mie sorelle e i miei cognati. Solo mia figlia Sofia è sempre stata bene. Abbiamo passato giorni di angoscia nel mese di marzo: febbre, raffreddore, perdita del gusto, ma nessuna certezza di aver contratto il coronavirus perché nessuno è stato sottoposto a tampone. Ne siamo usciti curandoci a casa, ma per tante notti non ho dormito tranquillo perché le ambulanze continuavano a rompere il silenzio con il suono delle sirene mentre la conta dei morti saliva drammaticamente. Ho perso vicini di casa, conoscenti. Penserò anche a loro dirigendo la pagina che Donizetti, ispirandosi al suo maestro Simone Mayr, scrisse nel 1835 in memoria di Vincenzo Bellini».
D’accordo, siete a Bergamo e Donizetti è il musicista “di casa”. ma perché proprio il suo Requiem rispetto a quelli sicuramente più popolari di Wolfgang Amadeus Mozart o di Giuseppe Verdi?
«Anche il compositore bergamasco ha passato nella sua vita momenti di difficoltà e di dolore, ha perso la sorella proprio a causa di un’epidemia: anche per questo, oltre naturalmente al fatto di essere noi il Donizetti festival, ci è sembrato significativo proporre la musica di un autore che ha vissuto le stesse sofferenze di chi oggi piange i morti di Covid. Il Requiem del musicista bergamasco rivela una grande sapienza contrappuntistica e allo stesso tempo ha uno spiccato carattere teatrale che emerge nelle arie del basso e del tenore. La cifra di Donizetti è ben riconoscibile. È una pagina incompiuta in quanto mancano il Sanctus, il Benedictus e l’Agnus Dei, parti della liturgia che potevano essere recitate o accompagnate dall’organo».
Nel grande spazio antistante il Cimitero Monumentale orchestra e coro del Donizetti opera saranno distanziati, come previsto dalle norme di sicurezza.
«Seguiremo la normativa proposta da Ravennafestival e approvata dall’Agis: musicisti distanziati di un metro, separatori in plexiglass per gli strumenti a fiato. Orchestrali senza mascherina, mentre invece la indosseranno gli artisti del coro. I solisti sono nati e residenti tra le provincie di Bergamo e Brescia, persone che hanno vissuto da vicino questa tragedia, Eleonora Buratto, Annalisa Stroppa, Piero Pretti, Alex Esposito e Federico Benetti».
Ad ascoltare il Requiem, insieme ai sindaci della Provincia di Bergamo, ci sarà il Capo dello Stato Mattarella. Che significato ha la sua presenza?
«Con la sua presenza il presidente testimonia la vicinanza dell’Italia a questo territorio. Certo, alla politica chiedo di non lasciare indietro musica, teatro e cultura. Il Covid ha dimostrato che la cultura è fondamentale perché senza opere e concerti che abbiamo visto in tv e in streaming, senza il conforto della musica questi mesi sarebbero stati ancora più difficili».
Lo dici oggi con una ritrovata serenità dopo che, come avevi raccontato, nei giorni critici dell’epidemia non trovavi conforto nemmeno nella musica. Cosa è cambiato?
«Fino a che non ci sei dentro, sino a che il dolore non bussa alla tua porta e non vivi da vicino questa situazione drammatica pensi che possa capitare solo ad altri. Quando a casa ci siamo ammalati non riuscivo a trovare conforto nella musica che è sempre stata la mia vita e la mia compagna di viaggio. Poi, passati i sintomi, mi sono fatto coraggio: ho studiato Bach e ho preso in mano questo Requiem che non avevo mai diretto. E la voglia di fare musica è tornata. Siamo fermi da febbraio e i prossimi impegni, per me, a parte un concerto all’Arena, saranno a settembre: dopo mesi di stop forzato il desiderio di tornare a fare musica è tanto per noi che viviamo di arte e di musica».
Con che spirito salirai sul podio?
«Quello con il Requiem al Cimitero di Bergamo sarà un momento di raccoglimento e di riflessione. Spero sia la chiusura di un cerchio di preoccupazioni e di ansie che abbiamo vissuto tutti in queste terre e in Lombardia. Dopo i mesi del dolore spero sia il tempo della ripartenza nel segno di una speranza, un momento per togliersi di dosso il peso di un’enorme sofferenza per ricominciare a vedere una luce nel futuro. Bisogna ripartire perché l’essere umano ha bisogno di ritornare a vivere le sue passioni, esternare i suoi sentimenti, le sue emozioni anche attraverso la musica, l’arte il teatro».
Nelle foto @Gianfranco Rota il Cimitero Monumentale di Bergamo e Riccardo Frizza
Articolo apparso in gran parte sul quotidiano Avvenire del 28 giugno 2020