03.07.2020 Il titolo del libro è di quelli che ti fa pensare a un qualcosa di esclusivo, per gli esperti della materia, La Quinta sinfonia di Beethoven recensita da E. T. A. Hoffmann. Come dire, una tessera di quel grande e magnifico mosaico che è la vita (inscindibile dalle opere) del compositore tedesco del quale, in questo strano 2020, si celebrano i duecentocinquant’anni dalla nascita. Ma poi scorrendo il centinaio di pagine del libro di Benedetta Saglietti (pubblicato da Donzelli editore, euro 19) ti si apre uno squarcio su cosa è (e su cosa è stata/o non è riuscita ad essere alla prima del 1808) la sinfonia con l’inizio più famoso della storia della musica classica, quel ta ta ta taa che quasi senti suonare nelle pagine che si divorano in un soffio. Il tempo di una sinfonia, verrebbe da dire.
L’autrice, beethoveniana doc con all’attivo diversi saggi sul musicista, ripercorre quel “tassello” del mosaico dell’arte e della vita del compositore tedesco che si colloca in un tempo preciso, tra il luglio del 1809 e il luglio dell’anno successivo, a pochi mesi dalla prima assoluta della Quinta: era il 22 dicembre 1808 a Vienna e sul leggio insieme alla pagina in do minore c’erano la Sesta, la celeberrima Pastorale, il Quarto concerto per pianoforte e orchestra e la Fantasia corale – un programmone (provato anche poco, raccontano le cronache del tempo) che ha avuto l’effetto di far passare la Quinta in secondo piano. Eppure la Quinta è ancora oggi una delle sinfonie più famose di sempre.
E parte da qui l’indagine di Benedetta Saglietti, anche questa un mosaico che, alla fine restituisce un quadro, anche inedito della pagina. L’autrice prende le mosse da una conversazione con Riccardo Muti per sviscerare i nodi interpretativi della pagina che, poi, viene passata allo scanner della storia e dell’analisi musicale. Per approdare, cuore del volume, alla recensione di Hoffmann, uscita “in due puntate” il 4 e l’11 luglio del 1809 sulle pagine dell’Allgemeine musikalische zeitung di Lipsia, commissionata allo scrittore (ma anche musicista e giurista) dal direttore dela rivista. Una recensione sul testo perché Hoffmann (allora pressoché sconosciuto) fa la radiografia della partitura, analizzandola movimento per movimento, a partire dalla riduzione della Quinta per pianoforte a quattro mani. Cosa che gli basta per evidenziare la natura di capolavoro della sinfonia. Una lunga analisi che ora appare per la prima volta in versione integrale e tradotta in italiano dalla stessa Benedetta Saglietti. Che offre poi documenti interessanti come la prima recensione uscita in forma anonima il 25 gennaio 1809 sempre sull’Allgemeine musikalische zeitung, una lettera che Johann Friedrich Reichardt scrive il 25 dicembre 1908 dopo aver ascoltato dal vivo a Vienna la Quinta e il saggio scritto da Hector Berlioz proprio sulla Sinfona in do minore). Una bibliografia ragionata completa il mosaico e offre ulteriori tasselli che aiutano il lettore a costruirsi il proprio personale percorso (il proprio quadro d’insieme, la propria immagine) in questo (strano) anno beethoveniano.
Nella foto la partitura originale della Quinta sinfonia di Bethoven