Opera in forma di concerto a 150 anni dal debutto al Cairo Protagonisti Yoncheva, Rachvelishvili, Meli e Salsi
Riccardo Muti ha ceduto, venendo meno a quello che era uno dei suoi punti fermi. Almeno sino a oggi. Il maestro il 19 giugno 2021 inaugurerà la stagione dell’Arena di Verona dirigendo Aida di Giuseppe Verdi in forma di concerto. Muti ha sempre detto no a chi negli anni gli ha offerto il podio areniano: il musicista napoletano accettò una sola volta, nel 1980, quando diresse una Messa da Requiem di Verdi dedicata alle vittime della fame e della violenza nel mondo. E a chi gli chiedeva «maestro, tornerà a fare musica in Arena?» rispondeva con un sorriso citando Arturo Toscanini che sosteneva che «all’aperto si gioca solo alle bocce». Certo, per dirla tutta, il direttore d’orchestra ha fatto uno strappo a questa regola facendo musica sotto le stelle in occasione dei Viaggi dell’amicizia di Ravennafestival, nati per costruire ponti di fratellanza attraverso la musica: ecco i concerti davanti alle Piramidi di Giza al Cairo e alla Piscina del Sultano a Gerusalemme, nel teatro romano di Bosra in Siria e all’Odeon di Erode Attico ad Atene, a El Djem in Tunisia mentre il muezzin intonava la sua preghiera e davanti alla cattedrale di Santa Sofia a Kiev dopo un nubifragio.
Sempre per una buona causa. Come fu il Requiem del 1980 e come sarà, il prossimo anno, questa Aida, occasione per celebrare ancora una volta il genio di Verdi, di cui da sempre Muti è ambasciatore e soprattutto appassionato difensore di fronte a chi (specie all’estero) lo tratta con sufficienza, deturpando le sue partiture con tagli, acuti aggiunti, reinterpretazioni che lo snaturano. A convincere il maestro a scendere in Arena è stata Cecilia Gasdia, sovrintendente della fondazione veronese. Muti sarà sul podio per due serate (versione in forma di concerto) messe in apertura del cartellone 2021 (il 19 e il 22 giugno) per celebrare i centocinquant’anni della partitura: Aida andò in scena per la prima volta al Cairo il 24 dicembre 1871, per inaugurare il nuovo teatro della capitale egiziana (dopo che Verdi dieci anni prima aveva rifiutato l’invito a scrivere musica per l’inaugurazione del Canale di Suez), e poche settimane dopo arrivò alla Scala. Aida oggi è l’opera più rappresentata a Verona, capace di fare ogni volta il tutto esaurito: 13mila e 500 spettatori pronti ad applaudire e ad immortalare (in epoca di smartphone e social) con i telefoni cellulari la Marcia trionfale. E senza Aida non ci sarebbe stata la lirica sotto le stelle a Verona: nel 1913 quando il tenore Giovanni Zenatello si inventò la stagione lirica in Arena pensò subito alla partitura verdiana.
Ecco, allora, il perché celebrare i 150 anni dalla prima al Cairo il prossimo anno, chiamando Muti, interprete verdiano di riferimento, che nel 2017 ha diretto Aida al Festival di Salisburgo (l’ha messa poi sul leggio della sua Academy di Ravenna, dove “insegna il mestiere” a giovani direttori, e l’ha diretta a Chicago in forma di concerto con la sua Chicago symphony orchestra), riprendendo in mano la partitura dopo quarant’anni: il maestro, che ha inciso la partitura a Londra con Montserrat Caballé e Placido Domingo, ha raccontato di un progetto per una messinscena alla Scala con la regia di Giorgio Strehler (pare che il regista volesse riempire il palco di sabbia del deserto), poi saltato per la morte del fondatore del Piccolo Teatro.
Sul palco parte del cast che nel 2017 trionfò con Muti a Salisburgo: Radames sarà Francesco Meli, Amonsaro Luca Salsi, il Re Roberto Tagliavini, la Sacerdotessa Benedetta Torre; Aida (che a Salisburgo era Anna Netrebko) sarà Sonya Yoncheva, Amneris Anita Rachvelishvili, Ramfis Riccardo Zanellato. Una sfida, ma anche un’occasione unica e preziosa ascoltare in uno spazio ampio come quello dell’Arena la versione “da camera”, intima che Muti offre della partitura conosciuta dal grande pubblico per la sua Marcia trionfale, ma in realtà racconto quasi sussurrato di un amore, fatto da Verdi nel pieno della sua maturità artistica.
Nella foto Todd Rosenberg Riccardo Muti