L’idea del presidente Dall’Ongaro per il dopo coronavirus «Siamo pronti a ripartire tra web e distanziamento in sala»
«L’orchestra sul prato, il pubblico in auto proprio come nei drive-in degli anni Cinquanta». Potrebbe essere la modalità per far ripartire in sicurezza la musica classica dopo l’emergenza coronavirus. Almeno in estate. Michele Dall’Ongaro, presidente e sovrintendente e dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia guarda avanti, oltre il 4 maggio quando scadranno le misure restrittive del governo. Perché «compito di chi guida un’istituzione – vogliamo dire anche di chi fa politica? – è quello di immaginare il futuro e se possibile di influenzarlo» spiega il musicologo e compositore, classe 1957, alla guida dell’istituzione romana dal 2015. «In estate vorremmo proporre alla città di Roma, come segno di vicinanza della nostra istituzione ai cittadini, le Sinfonie di Ludwig van Beethoven». Magari in versione drive-in. Ma non solo. «Mi piacerebbe andare con i nostri musicisti, che non vedono l’ora di tornare a suonare, nei cortili di Roma: all’inizio dell’emergenza la musica risuonava dai balconi, ora dobbiamo farla scendere tra la gente per invitare tutti a venire in Auditorium quando riapriremo».
Quando, Michele Dall’Ongaro, prevede che le sale del Parco della musica potranno tornare a riempirsi di note?
«Non abbiamo mai smesso di lavorare per la ripartenza, dobbiamo essere preparati. Se il governo dovesse dire che il 4 maggio riapre tutto noi dobbiamo essere pronti per quella data. Se invece si slitterà in avanti dovremo riorganizzarci e farci trovare pronti per la prossima scadenza».
Come state lavorando per farvi trovare pronti?
«Con i sindacati parliamo di futuro. E parte del nostro futuro sicuramente è il web, quello diventerà uno dei nostri palcoscenici. Uno strumento non solo per trasmettere concerti del passato – oggi noi li mandiamo in streaming nei giorni e nelle ore in cui sarebbero previsti i nostri concerti della stagione –, ma una piattaforma per la quale immaginare appuntamenti pensati ad hoc. In queste settimane abbiamo messo in campo i cruciverba musicali e le lezioni di musica per i bambini che gli operatori del nostro gruppo educational realizzano da casa, attrezzandosi con telecamere e programmi per il monetaggio dei video. Per il prossimo futuro abbiamo già uno sponsor per realizzare la nostra digital hall sul modello di quella dei Berliner philharmoniker così da proporre al mercato mondiale dello streaming i concerti che faremo nelle nostre sale».
Distanziamento sociale, mascherine, gel disinfettante… questi gli inevitabili accorgimenti da mettere in atto per tornare a fare musica dal vivo.
«Lavoriamo inevitabilmente alla riorganizzazione degli spazi per rispettare quelle che sono le regole di distanziamento sociale. E pensiamo a tre tipologie differenti di programmi: musica da camera con pochi strumentisti, concerti con formazioni di una trentina di elementi con sul leggio trascrizioni per piccoli ensemble delle grandi pagine sinfoniche, la stagione così come l’avevamo pensata e programmata. E per rispettare le distanze in sala pensiamo anche a due o tre turni dello stesso concerto».
Come hanno accolto i lavoratori queste proposte?
«Tutti si siano detti disposti a qualche sacrificio proprio per garantire il futuro di tutti. Tutte le fondazioni lirico-sinfoniche stanno ricorrendo agli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione e al lavoro agile per il personale amministrativo. Lo facciamo anche noi dell’Accademia di Santa Cecilia. Che questi strumenti vadano usati non c’è dubbio, occorre capire come impiegarli al meglio. Il maestro Antonio Pappano ha rinunciato al proprio compenso per tutto il periodo in cui sarà applicato il Fondo integrativo salariale, io mi ridurrò del 30% lo stipendio. Questo stop forzato ha portato a mancati incassi per un milione di euro a marzo e 800 mila euro ad aprile, il 25% del nostro bilancio. Per questo occorre tornare appena possibile a fare musica dal vivo, perché la musica è un lavoro per molti che grazie ad essa vivono. Ma non solo per questo».
E per cosa?
«La musica e lo spettacolo sono un’esperienza collettiva di una comunità che si riconosce in questo momento come una polis. Diventano qualcosa di politico perché l’esperienza non si ferma solo all’ascolto, ma si nutre anche di confronto, condivisione e alimenta i rapporti sociali. L’ascolto singolo, quello del web è diverso dall’ascolto collettivo e così va pensato e programmato».
Un futuro tutto da inventare.
«In questi giorni stiamo lavorando a un esperimento con Paolo Sorrentino e la casa di produzione Indigo: il regista premio Oscar ha montato un video con alcune scene tratte dal suo film La grande bellezza che raccontano squarci malinconici di Roma. Il maestro Pappano, da Londra, sta pensando alla colonna sonora che potrebbe essere una pagina di Ottorino Respighi. I musicisti suoneranno la loro parte da casa e le tracce audio saranno poi assemblate per essere montate sulle immagini».
Cosa ci insegnerà questa esperienza di teatri chiusi e tutti in casa per far fronte alla pandemia?
«A togliere il superfluo, a tornare all’essenziale: la musica è la necessità che stiamo cercando e che dobbiamo ritrovare».
Nelle foto Michele Dall’Ongaro, Antonio Pappano e la sala Santa Cecilia del Parco della musica