Il popolare baritono in diretta social offre consigli tecnici insieme ad aneddoti sulla musica lirica e sulla sua carriera «Faccio compagnia a chi è a casa. E fa bene anche a me»
«Immaginate di mordere una mela e con la bocca in quella posizione fate i vocalizzi. Ah… ah… ah… Così il suono è tutto in avanti». La telecamera del tablet accesa, aperta sul telefonino la app che riproduce una tastiera per prendere la nota, in primissimo piano il viso per mostrare come scaldare la voce «fingendo di mordere la mela, appunto». Iniziano così le lezioni di canto che Luca Salsi, da quando sono iniziati l’isolamento e la quarantena, fa su Facebook e Instagram. Rigorosamente da casa in felpa e maglietta. Una story con il conto alla rovescia per l’ora fissata, poi la diretta annunciata da una notifica che arriva sul telefonino dei followers: «lucabaritono ha iniziato un video in diretta» perché @lucabaritono è il nick del profilo del cantante su Instagram, mentre le dirette Facebook sono sulla sua pagina ufficiale.
«Questi appuntamenti nascono per caso, per passare un po’ di tempo in questo periodo in cui siamo giustamente reclusi per rispettare le regole. Ho pensato di dare qualche consiglio ai giovani, ma anche di chiacchierare con i non più giovani che hanno delle curiosità sulla musica lirica. E di far vedere come è un artista fuori dal palcoscenico» racconta il baritono di Parma, classe 1975, di casa nei teatri più importanti del mondo, dalla Scala di Milano al Metropolitan di New York.
«Il più grande baritono di oggi». C’è chi commenta la diretta lasciando un complimento. E chi fa partire una scarica di cuoricini colorati quando Salsi accenna un brano del Rigoletto di Verdi. «Deh non parlare al misero, del suo perduto bene. Ella sentia, quell’angelo, pietà delle mie pene» canta il baritono facendosi scuro in volto prima di spiegare che questo «è uno dei pochi momenti di umanità di Rigoletto. E l’espressione “quell’angelo” è scritto tra due virgole e così va cantato perché altrimenti sembra che la donna abbia sentito le voci di un angelo, in realtà è stata lei l’angelo per il giullare» racconta.
Interprete verdiano di riferimento di oggi (aveva da poco debuttato Falstaff a Piacenza e lo aspettava proprio un Rigoletto alla Fenice di Venezia a fine aprile), Salsi ama in particolare le opere del musicista delle Roncole: «In queste dirette mi piace raccontare la mia visione delle partiture verdiane. Che è poi la visione dell’autore perché da sempre il mio intento è di restituire le opere del compositore così come le ha scritte: è una mia battaglia personale da tempo che porto avanti senza nulla togliere alla grande tradizione perché un bell’acuto piace anche a me e sono il primo a gioire, ma mi sembra di dover rispettare quello che l’autore ha scritto, è più consono al mio carattere e alla mia idea di artista che ho» spiega Salsi, voce verdiana, ma non solo. Rossini in gioventù, Donizetti, tante volte il Giordano di Andrea Chénier. E lo scorso 7 dicembre Salsi era Scarpia nella Tosca di Puccini che ha inaugurato la nuova stagione del Teatro alla Scala. Nelle dirette la domanda più gettonata che gli arriva è proprio su Tosca, su come ha fatto a salvare la situazione quando Anna Netrebko nel secondo atto ha sbagliato a cantare una frase ripetendo una battuta già detta. «Sangue freddo. Mi sono guardato in giro e ho detto: andiamo avanti. E tutto si è sistemato. Può capitare» risponde Salsi ai suoi followers.
«Ci canti il finale del primo atto di Tosca? Il Te Deum» scrive qualcuno. E il baritono, come nelle radio anni Ottanta con le canzoni a richiesta, fa partire il brano. «A doppia mira tendo il voler, né il capo del ribelle è la più preziosa. Ah di quegli occhi vittoriosi veder la fiamma, illangudir con spasimo d’amore, fra le mie braccia illanguidir d’amor» canta mentre qualcuno mette l’emoticon degli applausi e altri aggiungono «Il più grande Scarpia del secolo!» accompagnato dall’emoticon di una medaglia d’oro. «Mi chiedono di cantare e ogni tanto lo faccio: qualche piccolo accenno a qualche aria d’opera, è divertente». Altri avanzano richieste: «Il Cortigiani del Rigoletto… Don Carlo… Pietà, rispetto, amore del Macbeth», ma Salsi precisa subito con la sua voce squillante «onore, non amore: così ha scritto Verdi». Il baritono non si sottrae anche questa volta. Prende la nota e canta. «Dopo la diretta su Rigoletto in cui raccontavo quello che Verdi ha scritto e perché, in molti mi hanno scritto dicendo: Davvero è così? Aggiungendo: Adesso vado a risentirla come è scritta. E sono melomani anche di lungo corso, gente che va a teatro da una vita».
In molti chiedono a Salsi quando canterà nella loro città. «Tornerai a Napoli?» butta lì qualcuno. «Bellissima città, ma per ora non ho nulla in programma» risponde il baritono. «Roma?» chiede un altro. «Quanti bellissimi ricordi! Lì è iniziata la mia avventura con il maestro Muti. Ho cantato tanto e spero di tornare presto» dice Salsi. Arrivano consigli su ristoranti da frequentare, su posti da vedere una volta che l’emergenza sarà passata e si potrà uscire nuovamente. «I social hanno azzerato le distanze che una volta c’erano tra l’artista ed il pubblico. E sebbene io non sia troppo social ho pensato che in questo momento particolare era bello dare un segno di vicinanza a chi fa i conti con l’emergenza e si sente solo. Appuntamenti che, penso, fanno bene a chi li segue e che, sono sicurissimo, fanno star bene anche me» racconta.
Quando in Italia scoppiava l’emergenza coronavirus in tutta la sua drammaticità Salsi era a New York, in cartellone al Metropolitan come Germont nella verdiana Traviata. «Vivevo con grande apprensione quello che stava succedendo qui perché negli Stati Uniti l’emergenza non era ancora scoppiata. Si parlava del virus, ma non si dava grande importanza alla cosa. In Italia la situazione era già grave ed io ero in apprensione per la mia famiglia. Appena ho potuto sono scappato da New York, ho fatto giusto in tempo: il 12 marzo il Metropolitan mi ha comunicato la cancellazione di tutti gli spettacoli, mi sono precipitato in aeroporto e ho preso un volo per Londra, poi uno per Zurigo e sono arrivato a Milano in treno».
Il dolore per la perdita di amici «soprattutto nella mia Parma». E ora la preoccupazione per il futuro. «Se non lavoriamo, se non cantiamo le recite con il pubblico presente (che è la cosa peggiore ora perché sono tutti vicini e chi viene chiesto il distanziamento) noi artisti non guadagniamo nulla. Penso soprattutto ai miei colleghi più giovani che hanno due o tre contratti l’anno e su quelli puntano: se saltano è un grosso problema» dice Salsi che guarda comunque «con fiducia e ottimismo al futuro». E nelle sue dirette lancia un appello: «Quando tutto sarà finito tornate a teatro, tornate ad ascoltarci nelle sale. Perché, va bene lo streaming, ma la musica e il teatro si fanno dal vivo!».
Nella foto in apertura @Marco Borrelli il baritono Luca Salsi
Qui il baritono in Tosca (@Brescia/Amisano Teatro alla Scala), Aida e Simon Boccanegra (@Monika Rietterhaus Salzburg festival)