Efficace allestimento del titolo di Verdi diretto da Beltrami Ottima la prova del tenore armeno Migran Agadzhanyan Allestimento del 1999 di Palermo rimontato da Maestrini
L’impatto è antico, l’opera lirica come la si faceva una volta: scene dipinte e statue equestri, costumi ricchi, movimenti di massa solenni. Ma non ha nulla di polveroso l’Ernani che ha inaugurato la stagione del Teatro Coccia di Novara. Anzi. Arriva limpido, esteticamente bello nei quadri d’insieme che raccontano al Spagna di Carlo V. Il melodramma di Giuseppe Verdi – che porta la data del 1844, gli anni giovanili del compositore delle Roncole, fatti di entusiasmi politici e musicali – è uno di quei titoli per fare i quali ci vogliono le voci. Perché il dramma è tutto nella musica, bellissima, impastata ancora di belcanto (e dei suoi schemi), ma già proiettata in avanti, modellata sulla parola, teatro (il libretto si ispira a Victor Hugo) in musica, laboratorio dei drammi storici che verranno. A Novara le voci – anche loro dal sapore antico – le hanno messe in campo, qualcuna anche fortunosamente.
Perché per il titolo inaugurale, con Matteo Beltrami sul podio, c’è stata una sostituzione in corsa, in entrambe le repliche: se alla prima Courtney Mills, scritturata per il ruolo (impervio) di Elvira aveva dovuto rinunciare ad andare in scena per postumi influenzali, alla replica domenicale dopo un primo atto portato a casa a fatica ha dovuto cedere nuovamente il testimone. In entrambi i casi a vestire i panni della donna che scatena la tragedia (di lei è innamorato l’Ernani del titolo, il tenore, ma lo sono anche il vecchio duca Ruy Gomez da Silva e il re Carlo V, basso e baritono) Alexandra Zabala, di casa a Novara e già “in panchina” per studiare il ruolo in vista delle recite a Pisa (che con il Coccia coproduce l’allestimento). In panchina letteralmente perché domenica era in un palco a godersi lo spettacolo ed in pochi minuti si è trovata in scena portando a casa con onore la parte. Grazie alla sicurezza che Beltrami ha saputo dare dal podio in ogni momento.
Solide, solidissime le altre voci in campo a partire da Migran Agadzhanyan: il tenore armeno ha disegnato un Ernani emozionate grazie a una voce dal colore brunito e ammaliante, a una tecnica solidissima, ad acuti sicuri e limpidi a un fraseggio struggente. Caratteristiche che ha messo in campo anche Simon Orfila, Silva risoluto, robusto nel canto e nell’aspetto, un uomo e non un vecchio (come capita di vedere e di sentire in Ernani) che porta alle estreme conseguenze la sua personalissima morale e la sua idea di onore. Doppio Carlo, prima il sempre sorprendente Amartuvshin Enkhbat, un fiume di voce, poi Massimo Cavalletti, voce altrettanto centrata per il ruolo e verdianamente in stile. Acuti e fiati infiniti per la Zabala che governa con bella tecnica una voce a volte spigolosa.
Voci antiche, come antica, sontuosa e verdiana all’ennesima potenza è la direzione di Beltrami capace di tenere insieme e amalgamare le diverse anime della partitura. Il direttore ottiene bel un suono dall’orchestra del Coccia e del Conservatorio Cantelli di Novara e trascina le voci del coro sinfonico Verdi di Milano nelle pagine che verdi innerva di patriottismo, ma anche di severa compostezza.
Che è la cifra dello spettacolo di Pier Francesco Maestrini che riporta in scena un allestimento nato vent’anni fa al Massimo di Palermo – era il 1999 e da allora è andato in scena in diversi teatri – con scene e costumi di Francesco Zito: la Spagna di inizio Cinquecento arriva in tutta la sua tetra cupezza, salvo poi, nel drammatico finale (Ernani per tenere fede alla parola data a Silva si pugnala e, qui, anche Elvira si avvelena per vivere in eterno con lui) aprirsi su un cielo leggero come la musica che accompagna l’ultimo viaggio dei due amanti.
Nelle foto @Finotti Teatro Coccia Ernani a Novara