Il manager nuovo sovrintendente del Piermarini da metà 2020 Sarà affiancato per un anno dall’uscente Alexander Pereira
Dominique Meyer è il nuovo sovrintendente del Teatro alla Scala. Lo ha scelto il 28 giugnocon otto voti favorevoli e uno contrario (quello di Giorgio Squinzi) il consiglio di amministrazione della fondazione lirica milanese. Ma sino a maggio del 2021 quella ai vertici della Scala sarà una poltrona per due: per Meyer e per il suo predecessore Alexander Pereira. Il cda, convocato dopo giorni di tensione, ha detto sì alla proposta del sindaco di Milano Giuseppe Sala, presidente della fondazione, di contrattualizzare da subito il manager francese, ma nel contempo di prolungare di un anno e qualche mese il contratto dell’attuale sovrintendente, in scadenza a febbraio del 2020. «Ho proposto a Pereira di accompagnarmi sino alla fine del mio mandato di sindaco, nella primavera del 2021 e di affincare per un anno Meyer» ha detto Sala che ha parlato di una «proposta di sintesi e di una soluzione di buon senso».
Meyer, individuato dalla società Egon Zehnder tra una rosa di candidati (il più quotato, Carlo Fuortes, attualmente all’Opera di Roma, si era chiamato fuori dai giochi rinnovando il suo impegno nella Capitale) e attualmente sovrintendente della Staatsoper di Vienna, «era disponibile a insediarsi alla Scala da metà del prossimo anno. Pereira in più occasioni ha manifestato il desiderio di vedersi prolungare il mandato: la stagione 2021 è già completamente programmata e non c’è nulla da inventare o da mettere in discussione e ne ho parlato già con Meyer. Su quella del 2022 sono stati fatti dei passi autorizzati, peraltro, dal cda. Ho cercato, dunque, una mediazione alla quale hanno detto sì sette consiglieri, due invece i contrari, Francesco Micheli e Philippe Daverio» ha raccontato Sala che ha spiegato poi che a breve si arriverà alla firma del contratto con Meyer mentre si cercherà di trovare una formula per il prolungamento del mandato a Pereira.
Dopo il cda del 18 giugno, in cui c’era stata convergenza sul nome di Meyer, ma noin sui tempi di avvicendamento, Sala ha lavorato di diplomazia, incontrando i consiglieri, Pereira e lo stesso Meyer. «L’ho visto tre volte, ha spessore e credito internazionale, mi è sembrato una persona di esperienza e capacità indubbie, una figura capace di combinare la capacità artistica con quella gestionale. La Scala ha bisogno di questo perché il teatro è alla vigilia di cambiamenti importanti, con un’organizzazione generale che va completamente ripensata a iniziare dalla direzione generale dove si sta concludendo il mandato di Maria Di Freda» ha spiegato Sala lasciando intendere che si cercherà di individuare la figura di un direttore artistico, ruolo rivestito sino ad oggi dal sovrintendente (Pereira e prima di lui Stephane Lissner). «La Scala con questa scelta ha espresso una volontà di cambiamento» ha detto chiaramente il sindaco, spiegando la scelta di non rinnovare di altri cinque anni il mandato all’attuale sovrintendente: «Si è puntato su una persona più giovane, un rinnovo di cinque anni avrebbe visto Pereira arrivare alla soglia dei 78 anni».
Questa dunque la scelta per provare ad uscire dallo stallo che si era creato negli ultimi mesi sulla questione del prossimo sovrintendente. Pereira, arrivato nel 2015 e sino all’ultimo appoggiato dai sindacati, era da subito entrato nell’occhio del ciclone per la vicenda degli allestimenti acquistati dal Festival di Salisburgo, rassegna che guidava prima di arrivare a Milano. Non solo, di recente il nodo dei fondi dell’Arabia Saudita con la promessa di ingresso nel cda a un esponente del governo di Riad, cosa non gradita ai consiglieri che gli avevano fatto restituire la prima tranche di fondi (dovevano essere 21 milioni) già arrivati nelle casse della Scala. Ma non sono stati questi due nodi a far saltare il banco. Il calo di consensi di Pereira è iniziato a novembre quando è arrivata sul tavolo del cda la questione dei biglietti invenduti: gli incassi della biglietteria nel 2018 sono passati da 39 a 35 milioni di euro, 2 milioni in meno degli obiettivi di budget, nonostante l’aumento delle recite; un trend che si è invertito nei primi mesi del 2019, ma che ha dato il via all’assalto finale alla poltrona di Pereira, al centro di una guerra interna che sembra essere sfuggita di mano. E che si è risolta con la «proposta di buon senso» di Sala.
Una soluzione che evita traumi ai vertici del teatro: in caso di un mancato rinnovo, seppur parziale, Pereira avrebbe potuto andarsene prima della scadenza del mandato e volare o in Cina, dove è stato in vista lampo anche in questi giorni, o al San Carlo di Napoli dove potrebbe realizzare il Progetto Barocco di Cecilia Bartoli che la Scala avrebbe dovuto coprodurre con il teatro partenopeo, progetto poi saltato quando il mezzosoprano romano ha deciso di cancellare i suoi impegni milanesi per solidarietà a Pereira. Quella della Bartoli non è stata l’unica dimostrazione di vicinanza a Pereira. I sindacati, che in questi cinque non hanno più minacciato né messo in atto scioperi – l’autonomia conquistata dalla Scala per i bilanci in pareggio ha portato a stipulare un contratto ad hoc per gli scaligeri –, ieri hanno presidiato il teatro con manifesti del film Sostiene Pereira con la faccia del sovrintendente al posto di quella di Mastroianni affissi dai Cub.
«Pereira l’ho trovato quando sono stato eletto sindaco, ci ho discusso, l’ho apprezzato nel suo lavoro, spesso l’ho difeso. Anche per questo gli ho chiesto di accompagnarmi sino alla scadenza del mio mandato» ha detto ancora il sindaco di Milano che ha chiarito come il cda abbia voluto fare ordine nelle priorità da affrontare. «Per prima cosa abbiamo risolto il nodo del sovrintendente. Ora ci occuperemo della direzione generale: Maria Di Freda, qui da tanti anni, sta andando in pensione e conto molto sulla sua collaborazione in questa fase delicata di passaggio e di ricerca di un suo successore» ha concluso Sala pochi minuti prima che in teatro risuonassero le note de I masnadieri di Verdi, opera (curiosamente in cartellone in questi giorni) che racconta (una poltrona per due?) la lotta tra due fratelli per il potere (e l’amore).
Chi è Dominique Meyer
L’8 agosto compirà 64 anni Dominique Meyer, nato nel 1955 a Thann, in Alsazia. Figlio di un diplomatico, si è formato tra Francia e Germania. Una carriera iniziata al ministero dell’Industria a Parigi e proseguita a quello della Cultura con Jack Lang. Poi il passaggio in teatro: direttore generale all’Opéra de Paris dal 1989 al 1990 (con l’inaugurazione dell’Opéra Bastille), dal 1994 al 1999 è stato all’Opera di Losanna per guidare poi sino al 2010 il Teatro degli Champs-Elysées nella capitale francese. In contemporanea, tra il 2001 e il 2007 è stato presidente del Balletto Preljocaj dopo essere stato tra il 1995 e il 1999 membro del consiglio del Ballet Béjart a Losanna. Riccardo Muti lo ha voluto come consulente artistico per il varo dell’Orchestra giovanile Luigi Cherubini. In parallelo la carriera universitaria con le cattedre di Economia a Parigi e Lione, sino al 2010, anno in cui è stato nominato direttore della Staatsoper di Vienna, incarico che scadrà nel 2020.
Articolo pubblicato su Avvenire del 28 giugno 2019