16 dicembre 2019. Venticinque minuti di applausi per Placido Domingo che domenica 15 dicembre ha festeggiato i cinquant’anni dal suo debutto sul palco del Teatro alla Scala. Un Gala tutto all’insegna di Giuseppe Verdi con il tenore spagnolo che canta, come ormai da qualche anno, ruoli da baritono: Macbeth, Posa di Don Carlo, il Conte di Luna del Trovatore. Applausi per il musicista, classe 1941, dal suo apparire in scena, ripetuti e in crescendo durante tutto il corso della serata e protrattisi per ben venticinque minuti a fine concerto, anche quando orchestrali e coristi dell’Accademia del Teatro alla Scala erano già andati dietro le quinte. A palco vuoto e luci abbassate Domingo è tornato in scena con due rose in mano per regalare al pubblico uno dei suoi cavalli di battaglia l’aria No puede ser dalla zarzuela La tabernera del puerto di Pablo Sorozabal, cantata a cappella mentre in teatro in molti catturavano il momento con i telefoni cellulari.
Serata di memorie e nostalgie ripensando al 7 dicembre 1969 quando Domingo debuttava alla Scala con Ernani di Giuseppe Verdi diretto da Antonino Votto e accanto a Raina Kabaivanska, Piero Cappuccilli e Nikoai Ghiaurov. Domenica, insieme ai giovani orchestrali e coristi dell’Accademia (sul podio Evelino Pidò), le voci di Saioa Hernandez che è stata la Lady e Leonora del Trovatore per il duetto del quarto atto, ma anche un’intensa Valois nel Tu che le vanità dal Don Carlo, opera che ha visto Domingo fronteggiare Ferruccio Furlanetto, Filippo II, nell’drammatico duetto del primo atto. Puntuale Jorge De Leon come Macduff del Macbeth, tanto nella Paterna mano che nei concertati, compreso quello finale proposto come bis con il Mal per me che m’affidai scolpito da Domingo nell’emozione.
Orchestra in buca, cantanti sul palco davanti ad una sontuosa composizione floreale (pensata ad hoc per occultare il monitor sul quale scorrevano le parole dei brani in programma) ad accennare anche qualche gesto per dare ancora più drammaticità al canto. Cosa in cui Domingo eccelle, interprete di razza, capace di rendere teatrale ogni gesto, ogni parola, anche qualche dimenticanza del testo.