Il cantante racconta la sua passione per il musicista di Pesaro di cui si celebrano i 150 anni dalla morte avvenuta a Parigi «Volevo fare cose pazze, ma Gioachino aveva già fatto tutto»
«Con il gruppo degli Elio e le storie tese abbiamo sempre voluto fare cose pazze. Per poi scoprire che Gioachino Rossini aveva già fatto tutto». Elio è il rossiniano che non ti aspetti. Perché il rock demenziale della band milanese sembra lontanissimo dal mondo del musicista di Pesaro che oggi tutto il mondo celebra con l’hastag #rossini150. Perché centocinquant’anni fa moriva l’autore de Il barbiere di Siviglia: era il 13 ottobre 1868 a Passy, comune del dipartimento della Senna annesso a Parigi. «Mi sono sempre ispirato a lui, alla sua comicità, alla capacità di leggere i fatti della vita con ironia e leggerezza» racconta il cantante convinto che «le partiture del musicista di Pesaro potrebbero essere, se raccontate nel modo giusto, l’antidoto alla fase avanzata di estinzione del pubblico che il mondo della musica classica sta vivendo».
In che modo, Elio, Rossini può salvare l’opera dall’estinzione?
«Mostrandolo per quello che è, un genio della musica che con il suo sillabato è stato il precursore del rap e del trap: a 37 anni aveva già finito di scrivere tutta la sua musica. L’Italia è il paese che si è inventato l’opera lirica, ma nonostante questo sono pochi i nostri concittadini che sanno citare un’aria di un’opera. Questa mancata conoscenza di Rossini, come di Verdi o Puccini, però, permette di presentare l’opera come se fosse un genere nuovo».
Intende ai giovani?
«Non solo. A loro dobbiamo spiegare che la lirica non è qualcosa per vecchi, ma dobbiamo anche spiegare a tutte le persone curiose che la musica classica vale la pena di essere conosciuta e ascoltata. Penso che un modo possibile sia quello di raccontare i grandi compositori come se fossero ancora vivi: spesso li vediamo solo come dei nomi, dei mezzibusti di un museo, non come persone che hanno vissuto, amato, sofferto e che da italiani hanno inventato qualcosa di eccezionale che ancora oggi viene ricordato. Rossini provo a raccontarlo così».
Nel suo spettacolo Figaro su, Figaro giu…!
«Con Francesco Micheli, autore dei testi, e il regista Gianmaria Aliverta ci siamo inventati questa rivisitazione de Il barbiere di Siviglia. Opera che ho già portato in tournée nella versione cameristica trascritta da Roberto Fabbriciani: si intitolava Figaro il barbiere. Tentativi pop di svecchiare questo mondo. Come Amadeus factory il talent classico che presento su Sky Classica. Non sono gli unici possibili, certo. Mi sembrano, però, efficaci. E mi fa piacere trovare nel mondo della musica classica sempre più persone che la pensano come me».
Dove nasce il suo amore per Rossini?
«In Conservatorio. La mia è una formazione classica anche se poi ho preso altre strade, dedicandomi ad altri tipi di musica. Con lo stesso approccio, però, ispirato a Rossini: quello dello scherzo, del piacere nel vedere gli altri divertirsi. Rossini è un genio in questo: ha questo approccio nelle opere buffe, ma anche nei suoi melodrammi seri i meccanismi compositivi sono gli stessi, le modalità ritornano creando un effetto straniante, portando nella tragedia un modo ironico di guardare alla vita e alla musica».
A proposito di Rossini lei è stato anche sul palco del tempio rossiniano per eccellenza, il Rof di Pesaro.
«Nel 1998 il compositore Azio Corghi mi ha scritturato per la sua Isabella, opera ispirata all’Italiana in Algeri che gli aveva commissionato proprio il Rossini opera festival. Rossini, poi, l’ho cantato anche con la band: abbiamo rifatto in versione rock il celeberrimo Largo al factotum. Una sera dopo un concerto uno spettatore è venuto in camerino entusiasta per il testo, chiedendomi: “Ma è tuo?”. Questo la dice lunga su quanto gli italiani conoscano l’opera, anche una popolarissima come il Barbiere».
Va all’opera?
«Vado, ma meno di ciò che vorrei».
Intervista pubblicata su Avvenire il 13 novembre 2018
Nella foto @Marta Massafra Elio in Figaro su… Figaro giù…! a Martina Franca