Alla Scala le étoile ancora insieme nel balletto di MacMillan Tifo da stadio e peluches lanciati sul palco per il ballerino
Il nome di Roberto Bolle in locandina è garanzia di tutto esaurito al Teatro alla Scala. Nelle recite che lo vedono in scena. Ma anche traino per quelle dove a danzare sono i ballerini di casa. L’ultimo titolo che sta facendo il pieno al Piermarini è L’histoire de Manon, ennesima ripresa di un titolo amato e sempre presente nel repertorio del Corpo di ballo di Frédéric Olivieri. Ancora una volta con Bolle accanto a Svetlana Zakharova a vestire i panni di Manon e Des Grieux nella versione danzata, immaginata dal coreografo britannico Kenneth MacMillan, del romanzo di Prevost. Tutti esaurito che è un bel segno della voglia di danza.
Venti minuti di applausi alla prima, continue chiamate in proscenio e persino un orsacchiotto di peluche lanciato a Bolle da un palchetto (alla seconda replica a volare sul palco è stato un pinguino, sempre di peluche). Perché ogni volta che Bolle è in scena alla Scala si vedono scene da concerto rock. Capita anche con questa Manon. Repliche sino al 2 novembre, Bolle e Zakharova ancora protagonisti il 24 ottobre e poi Roberto sarà assente sino al prossimo autunno dal cartellone del balletto scaligero: estatmente tra un anno sarà ancora Onegin per poi tornare sul tavolo circolare del Bolero di Bejart, prima, però nulla. Almeno al Piermarini perché a giungo tornerà a Milano con OnDance, per la seconda edizione della festa della danza che la scorsa primavera ha fatto ballare tutta la città.
Intanto, ancora è Des Grieux per una Manon più intima e meditata, verrebbe da dire vedendo l’interpretazione che offrono i due protagonisti. Sono passati vent’anni da quando Bolle ha vestito per la prima volta i panni di Des Grieux: era il 1998 e accanto a lui c’era Marta Romagna, danzatrice con il quale Bolle ha raggiunto livelli di sintonia davvero intensi. Gli slanci giovanili che erano il marchio di fabbrica del Bolle di ieri nel caratterizzare il personaggio, oggi hanno lasciato spazio ad un’interpretazione più interiorizzata: se prima era il dolore per la perdita della donna amata ad avere il sopravvento, oggi quel dolore in scena è diverso, è raccontato da Bolle come una tappa necessaria nella maturazione dell’uomo Des Grieux. Nel quale lo spettatore si può rispecchiare, certo, forse non nella tragicità delle vicende vissute (quelle di Prevost, come tutte quelle romanzate, sono anche estreme), ma nella quotidianità delle prove che offre la vita.
La tecnica di Bolle, per nulla scalfita dal tempo, è al servizio della storia. Cesellata nel dettaglio diventa particolare imprescindibile del racconto. Così come avviene nell’interpretazione della Zakharova, Manon appassionata che lotta per non soccombere al destino che le riserva la morte. Una corsa verso il baratro che la ragazza dopo una prima resistenza quasi affronta a testa bassa, arrendendosi a quello che gli altrti vogliono da lei: il fratello, monsieur GM, madame. E non basterà l’amore di Des Grieux a redimerla e a salvarla dal viaggio all’inferno che è il suo breve e tragico passaggio in America.
Racconto palpitante grazie alla bacchetta raffinata di Felix Korobov che ha sul leggio la partitura struggente di Massenet.Sorprende da subito la lettura dettagliata del direttore, attenta ai particolari, a arccontare l’atmosfera, ma anche a sbalzare in musica caratteri e sentimenti dei personaggi.
Partitura resa musica viva dai ballerini scaligeri, capitanati da Nicola Del Freo, vigoroso Lescaut. Ci sono poi Martina Arduino,puntuale amante di Lescaut, Federico Fresi, impeccabile nei virtuosismi del capo dei mendicanti. Ci sono Mick Zeni, altero carceriere, e Alessandro Grillo, mellifluo monsieur GM. E c’è Gabriele Corrado, carisma e presenza scenica da primo ballerino, qui tra le file del corpo di ballo: senza di lui, senza la sicurezza e l’eleganza che mette in campo nel fare da partner alla Zakharova, l’adagio del secondo atto non sarebbe riuscito così bene.
Articolo pubblicato in parte su Avenire del 23 ottobre
Nelle foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala L’histoire de Manon