Wake-Walker in regia per La finta giardiniera diretta da Fasolis Hanna-Elisabeth Müller “doppiata” da Julie Martin du Theil
Wolfgang Amadeus Mozart ha la febbre. E non solo perché alla prima de La finta giardiniera di lunedì 8 ottobre un’influenza ha impedito ad Hanna-Elisabeth Müller di cantare il ruolo di Sandrina. Ha la febbre perché la temperatura in orchestra sale grazie alla direzione quasi da delirio (detto in senso positivo) di Diego Fasolis: strumenti d’epoca per i musicisti dell’orchestra del Teatro alla Scala che hanno un suono caldo. E temperatura che sale anche in scena dove i bollori (dell’amore?) “costringono” più di un personaggio a spogliarsi, rimanendo – letteralmente – in mutande, siano i mutandoni della nonna indossati da Serpertta o i boxer tigrati e luccicanti del Podestà.
Li “costringe”, meglio dire, il regista Frederic Wake-Walker atteso a Milano alla prova del nove dopo una disastrosa regia de Le nozze di Figaro. Un altro Mozart. Più “semplice” da raccontare, però, quello de La finta giardiniera, senza un sottotesto fatto di implicazioni sociali o psicologiche come nell’opera tratta da Beaumarchais. Un’opera che Mozart scrive a 19 anni per Monaco di Baviera seguendo il gusto del 1775, ma mettendoci già del suo, nel graffio malinconico che imprime alla musica, ai personaggi e al racconto.
Un gioco scenico sull’amore dove vanno in scena caratteri più che personaggi. Scambi di persona e di amanti, donne credute morte, ma poi ritrovate in vita, forse pazze, gelosie e ripicche nel classico intrteccio da maschere da commedia dell’arte. Anche se nella partitura si intravedono giù in controluce gli approdi ai quali giungerà l’arte di Mozart. Sandrina è un personaggio non solo un ingranaggio di una macchina teatrale che diverte, ha un suo spessore drammatico che colora di malinconia la storia. La vede così Wake-Walker che questa volta (con una regia che arriva dal Festival di Glyndebourne del 2014) supera la prova realizzando un compitino tutto sommato facile. Lo fa senza particolari colpi di genio (forse qualche caduta di stile, tipo le già citate mutande tigrate), ma mettendo in campo elementi tipici e ben noti di certo teatro di regia come il mix tra antico e moderno, le luci stranianti con torce da cantiere in scena, la recitazione marcata, la spogliazione e la distruzione del palco e della scenografia.
Il classico gioco del teatro nel teatro che svela i meccanismi di vero e falso. Sottofondo dell’opera di Mozart dove nessuno è ciò che veramente è, dove tutti hanno un’altra identità. Spunto fragile per indagare sulla nostra società dell’immagine, cosa che giustamente il regista evita (o cerca di evitarte provando a leggere la situaizone di Sandrina come quella di una donna la cui mente è confusa dalla pazzia) per concentrarsi sul gioco teatrale. Che diverte il pubblico, che ride di gusto e applaude, incitato dal podio da Fasolis, che portandosi una mano all’orecchio fa intendere di non aver sentito abbastanza calore. Calore che lui mette nella sua direzione, prassi esecutiva filologica per un Mozart scattante e asciutto, come piace oggi. E che la Scala mette nel filone delle opere del Settecento eseguite su strumenti originali con l’ensemble barocco formato dai musicisti scaligeri: dopo due Händel ora tocca a Mozart.
E funziona. Grazie ad una compagnia di canto affiatata, quasi un ensemble stabile, come si usa in Germania, Svizzera, Francia: nomi che tornano nelle locandine di Nozze e di Fierrabras e soprattutto di Don Giovanni dove c’erano Anett Fritsch, Bernard Richter, Giulia Semenzato e Mattia Olivieri. E Hanna-Elisabeth Müller, influenzata alla prima, ma in scena grazie al playback: in proscenio Julie Martin du Theil, abito da sera nero e partitura sul leggio, ha cantato tutta la parte mentre la Müller sul palco dava corpo al personaggio di Sandrina (la regia lineare, ma complessa e millimetrica tra entrate e uscite, era difficile da impararte in poche ore).
Doppiaggio riuscito per la cantante arrivata da Ginevra (e con in repertorio già la parte di Sandrina, che in realtà è Violante) e entrata in perfetta sintonia con la lettura di Fasolis. Così come (chi più chi meno – sicuramente più Lucia Cirillo e la Semenzato, la Fritsch e Richter, questa vola meno Olivieri) tutta la squadra vocale. Scenicamente ineccepibile a iniziare dalla Müller. Anche con la febbre.
Nella foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala La finta giardiniera