Luci al neon per il Barbiere svizzero

Diario rossiniano. 8

Carmelo Rifici racconta la sua regia del capolavoro di Rossini «Niente gag e risate per una musica che ha un sorriso amaro» Al Lac di Lugano la direzione “barocca” di Diego Fasolis

«Le luci. Per far vedere le ombre». Carmelo Rifici è convinto che Il barbiere di Sivigilia di Gioachino Rossini «non è una commedia di maschere, ma di caratteri e di relazioni, anche un po’ più cattiva di quello che pensiamo: si parla di denaro, di un uomo anziano che vuole sposare una ragazza giovane, di truffe… C’è un delirio di denaro e c’è un delirio d’amore». Luci e ombre della vita, dunque. Così lo racconta da questa sera, lunedì 3 settembre, sul palco del Lac di Lugano, centro culturale dedicato alle arti visive, alla musica e alle arti sceniche. Rrporio nella città svizzera Rifici, regista milanese classe 1973, cresciuto con Luca Ronconi (a Milano dirige la Scuola di teatro del Piccolo intitolata proprio al maestro), è direttore artistico di Luganoinscena. «L’opera lirica – racconta il regista – arriva per la prima volta al Lac». Diego Fasolis sul podio dei Barocchisti, Giorgio Caoduro protagonista nei panni di Figaro, Edgardo Rocha è il Conte d’Almaviva, Lucia Cirillo Rosina. «Per questo debutto abbiamo scelto il titolo più popolare di Rossini. Con Fasolis avevamo ragionato su un titolo barocco, la sua specialità, ma per iniziare abbiamo poi scelto Barbiere, anche per celebrare i centocinquant’anni della morte del compositore».

Come racconta, Carmelo Rifici, il Barbiere, capolavoro che tutti conoscono, anche solo per aver canticchiato almeno una volta «Figaro qua… Figaro là…»?

Tra luci ed ombre. Appunto. Luci che avranno un loro ruolo stilistico e narrativo importante: non serviranno solo ad illuminare, ma diventeranno anche scenografia con i neon che disegnano gli ambienti stilizzati dove antico e moderno si compenetrano. Anche per mettere in evidenza il contrasto tra una musica metafisica e un libretto ludico: una scenografia naturalistica non avrebbe restituito questa complessità. Il contenitore scenografico ideato da Guido Buganza è in grado di creare un vuoto che si riempie di luce, dà spazio al gioco, ma sa anche creare quelle zone d’ombra suggerite dalla musica».

Si riderà, dunque, a denti stretti in questo Barbiere?

Sono diventato insofferente a tutte le gag che si vedono sulla musica di Rossini. Può piacere al pubblico, non lo metto in dubbio, ma è un meccanismo che non rende giustizia al genio del compositore. Per questo le ho messe da parte anche perché la vera comicità è qualcosa di più raffinato e anche amaro rispetto alle grasse risate. La grandezza del Barbiere non sta nella sua bonaria comicità, ma nella consapevolezza che la comicità nasce dall’asprezza delle situazioni. Un’idea che va di pari passo con la lettura musicale di Fasolis che ha voluto un Barbiere su strumenti originali dell’epoca.

Suonerà allora in modo diverso dai Barbieri che siamo abituati ad ascoltare?

Avrà un colore barocco, secco e astratto. Fasolis mi ha portato all’interno del suo mondo musicale al quale ho cercato di dare una mia visione estetica. Questo mi ha suggestionato facendomi immaginare un allestimento asciutto, privo di quei fronzoli da commedia buffa che siamo abituati a vedere quando in scena c’è Il barbiere di Siviglia. Non ci sarà né il realismo né la comicità accentuata. Ma ci saranno personaggi che raccontano qualcosa di noi: Rosina e Figaro non sono romantici come invece lo è il Conte, lei sa bene quello che vuole e sa come ottenerlo e infatti lo otterrà.

Il Barbiere alla prima al Teatro Argentina di Roma fu un fiasco. Oggi è forse l’opera lirica più popolare di tutte.

Sfugge anche a catalogazioni. La sua peculiarità è quella di non essere definibile né come opera buffa tout court, né tantomeno come opera legata a un certo romanticismo di tendenza. È un’opera che trascende le definizioni. Noi faremo due versioni: quella teatrale si rifà all’edizione di Roma del 1816; incideremo poi la versione che Rossini, nello stesso anno, approntò per Bologna affidando a Rosina due nuove arie.

Come arriva l’opera al Lac, sigla che sta per Lugano arte e cultura?

Il Lac è stato pensato e realizzato per ospitare tutte le forme di spettacolo dal vivo e dunque anche per dare la possibilità alle due orchestre, quella della Svizzera italiana e i Barocchisti, di fare musica, opera compresa. Non era mai accaduto, però, in tre anni di attività. Ora completiamo l’offerta. Il nostro è un pubblico trasversale che viene da tutto il Ticino. Per quel che riguarda poi la musica e la danza intercettiamo anche un pubblico di confine, non solo dall’Italia, ma anche da altri cantoni svizzeri. Come direttore artistico ho molto da fare.

E i suoi progetti come regista?

Per quest’anno l’unica regia nuova è questa di Barbiere. E sono contento che sia un’opera lirica, genere che amo da sempre, ma che riesco a frequentare poco. Per la prosa sto lavorando a una riscrittura del Macbeth di Shakespeare così come è avvenuto con Ifigenia: sto collaborando con un gruppo di psicanalisti per indagare il rapporto tra sonno e sogno. Mi piacerebbe portare il pubblico all’interno dell’incubo di Lady Macbeth in uno spettacolo immersivo. Sempre di Shakespeare preparo un Re Lear con Franco Branciaroli al Ctb di Brescia. Per la stagione 2012/2022 ho in programma un progetto sulla Bibbia: per ora stiamo facendo incontri con studiosi e teologi per mettere sul tavolo temi e argomenti sui quali poi costruire una drammaturgia.

Un aspetto, quello della creazione di nuove drammaturgie, che caratterizza il suo lavoro negli ultimi anni.

Avverto sempre più la necessità di lavorare su drammaturgie che tendano a recuperare rapporti tra l’essere umano e campi di indagine che si occupano di ciò che è mistero: la psicanalisi, la Bibbia sono punti di partenza per un teatro che proponga una ricerca di senso su quello che ci succede intorno. Con Ifigenia è stato portare la pubblico un viaggio di conoscenza, un metodo di studio sul testo: doveva essere una sorta di laboratorio, ma è poi diventato uno spettacolo che gira da due anni perché il pubblico lo chiede. Penso che la nostra società stia attraversando una fase dove si va affermando un nuovo modello di uomo, che sta prendendo consapevolezza di nuovi strumenti di indagine e conoscenza per capire il passato e guardare al futuro.

Al Lac tra Rossini e la grande musica da Petrenko ai Wiener

Tre anni fa l’inaugurazione del Lac, Lugano arte e cultura, un  centro culturale che oggi, dopo la danza e la prosa, ospita anche l’opera lirica. Un’avventura che si inaugura con Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini. Diego Fasolis sul podio dei Barocchisti e del coro della Radiotelevisione svizzera. Quattro repliche sino al 9 settembre per una coproduzione tra Rsi, Lac, LuganoInScena e LuganoMusica. Regia di Carmelo Rifici, scene di Guido Buganza, costumi di Margherita Baldoni, luci di Alessandro Verazzi. Edgardo Rocha è il Conte d’Almaviva, Riccardo Novaro Bartolo, Lucia Cirillo Rosina, Giorgio Caoduro Figaro, Ugo Guagliardo Basilio, Alessandra Palomba Berta, Yiannis Vassilakis Fiorello, Matteo Bellotto un Ufficiale, Alfonso De Vreese Ambrogio.

Molte le proposte del Lac. Tra queste una ricchissima stagione musicale: tredici orchestre, oltre cinquanta artisti ospiti, quarantacinque appuntamenti per il cartellone 2018-2019 di LuganoMusica in programma al Lac dal 28 settembre al 20 giugno. Si parte venerdì 28 settembre con l’Orchestre de Paris diretta da Daniel Harding con Carolin Widmann al violino per il Concerto n.2 per violino e orchestra di Jörg Widmann. Tra gli appuntamenti da non perdere quello del 7 ottobre con la Bayerisches Staatsorchester diretta da Kirill Petrenko con il Concerto per violino e orchestra di Schönberg affidato a Patricia Kopatchinskaja e la Sinfonia n. 2 in re maggiore di Brahms. Arrivano poi i pianisti Maurizio Pollini e Daniil Trifonov, i Wiener philharmoniker e i Berliner. Tutti i programmi sul sito http://www.luganolac.ch

Nelle foto Il barbiere di Siviglia (M.Pasquali), il regista Carmelo Rifici e il Lac di Lugano