Cecilia Bartoli, con Rossini divento talent scout

Diario rossiniano. 6

Il popolare mezzosorpano celebra il compositore di Pesaro con un cofanetto che ragccoglie 30 anni di sue incisioni Decca e sponsorizzando cd di colleghi: si parte con Javier Camarena Atteso per novembre il nuovo disco dedicato a Vivaldi

Il segreto del suo successo, suo di Gioachino Rossini, è che «ha saputo raccontare la debolezza e al tempo stesso la forza degli affetti dell’uomo». Per questo le sue opere «non mancano mai dai cartelloni dei teatri di tutto il mondo». Cecilia Bartoli le canta dal giorno del suo debutto, «ormai più di trent’anni fa – sorride –. Non avevo ancora vent’anni quando ho interpretato per la prima volta Rosina ne Il barbiere di Siviglia» ricorda il mezzosoprano romano, classe 1966, che per celebrare i  centocinquant’anni della morte del musicista di Pesaro ha fatto aprire gli archivi della Decca per realizzare una Rossini edition, 15 cd e 6 dvd  (e un volume in collaborazione con la Fondazione Rossini) nei negozi dal 21 settembre che raccolgono tutte le sue incisioni rossiniane, «compresa la cantata Giovanna d’Arco che ho inciso con Riccardo Chailly nell’orchestrazione elaborata da Salvatore Sciarrino, ma mai pubblicata prima d’ora».

Qual è, signora Bartoli, il personaggio rossiniano al quale è più affezionata?

«Sicuramente Angelina, la protagonista de La cenerentola: una ragazza malinconica, ma con la voglia di riscattarsi, con una grande carica di ottimismo che può dire ancora molto al mondo di oggi. Ma ho amato tutti i ruoli rossiniani che ho interpretato: nel tempo sono arrivati Fiorilla de Il turo in Italia, Isabella de L’Italiana in Algeri, la Contessa Adele de Le comte Ory e soprattutto Desdemona dell’Otello alla quale Rossini, specie nel terzo atto, conferisce una forza straordinaria».

C’è qualche ruolo rossiniano che non ha ancora affrontato, ma che le piacerebbe portare in scena?

«Quando canto Italiana in Algeri, come in questi giorni al Festival di Salisburgo, vorrei vestire i panni di Mustafà. Un personaggio che mi affascina, così come Otello, ruolo tragico di una potenza impressionante».

In questi trent’anni di carriera Rossini non è mai mancato nella sua agenda.

«Perché la sua scrittura, se frequentata assiduamente, non può che fare bene alla voce in quanto richiede tecnica solida ed elasticità vocale. La Rossini edition, nella quale ci sono Barbiere e Cenerentola, Turco in Italia e Comte ory, ma anche diversi recital e lo Stabat Mater, rispecchia il mio percorso rossiniano e la mia crescita artistica».

Rossini anche nel primo album prodotto dalla Cecilia Bartoli music foundation, quello del tenore messicano Javier Camarena. Sulla copertina il sigillo “Mentored by Bartoli”. Da dove nasce l’idea?

«Con la mia fondazione voglio aiutare artisti nei quali credo e che non hanno avuto la fortuna mia e dei musicisti della mia generazione, quella di incidere permettendosi lunghe sessioni di registrazione precedute da prove: oggi tutto avviene più velocemente, si devono ottimizzare i tempi per contenere i costi. Gli artisti che produco incideranno con Decca, la mia casa discografica con la quale festeggio i trent’anni di collaborazione».

Il 5 ottobre il debutto con il cd Contrabandista di Camarena.

«Un lavoro dedicato a Rossini, ma soprattutto a Manuel Garcia, tenore e compositore: con Les musiciens du Prince diretti da Gianluca Capuano si ascolteranno brani inediti che raccontano uno stile e un modo di cantare tipico dell’Ottocento».

Intano anche lei è tornata in sala di incisione per un nuovo disco: il 16 novembre uscirà il Vivaldi album.

«Nel 1999 avevo già inciso un album con pagine del compositore veneziano perché è un autore che mi ha colpito sin dai tempi del Conservatorio. Ma se da studentessa ero impressionata dalla musica strumentale, una volta iniziata la carriera ho conosciuto la sua musica vocale ascoltando Marilyn Horne nell’Orlando furioso diretto da Claudio Scimone e sono rimasta colpita da come Vivaldi scrivesse per la voce nello stesso modo nel quale scriveva per il violino, con un virtuosismo estremo al limite della capacità umane. Il mio primo disco era incentrato proprio sulle pagine virtuosistiche».

Oggi, invece, cosa propone?

«Arie più malinconiche, meno virtuosistiche, con colori tenui e melodie lunghe ed estremamente affascinati: pagine che chi in questi anni ha riscoperto e inciso Vivaldi ha tralasciato. Provo a colmare un vuoto con l’ensemble Matheus diretto da Jean-Christophe Spinosi facendo ascoltare arie come Ah fuggi rapido, Leggi almeno, Se lento ancora il fulmine, pagine in apparenza semplici, in realtà molto complesse perché richiedono una maturità musicale che si acquisisce negli anni studiando e cantando».

Intervista pubblicata in gran parte su Avvenire del 17 agosto 2018

Nella foto di Silvia Lelli Cecilia Bartoli e Javier Camarena nella Cenerantola di Rossini a Salisburgo