Diaro rossiniano. 3
Molte le iniziative che insieme al Rof celebrano il compositore da i concerti e Il viaggio a Reims con i giovani dell’Accademia sino alla mostra suddivisa tra la città natale, Urbino e Fano
Zitto, s’apre il balcone. Figaro intima il silenzio ad Almaviva, impaziente di vedere la sua Rosina. In effetti il balcone si apre. E inizia tutta l’avventura de Il barbiere di Siviglia. L’opera più opera di Gioachino Rossini. E forse anche della storia del melodramma. Perché, alzi la mano chi non ha mai canticchiato Figaro qua, Figaro là. Puntuale, a Pesaro, in questo 2018 che celebra i centocinquant’anni della morte del compositore, alle 19 si apre il balcone di Casa Rossini.
Pieno centro della cittadina marchigiana via Rossini (qui tutto è intitolato all’illustre concittadino, la via dello struscio e del passeggio. I turisti in sella alla bicicletta tornano dal mare lasciando nell’aria profumo di sale e crema solare. In quell’aria dove, è un attimo, si diffondono le note di Rossini. Ecco ridente in cielo canta Antonio Garés mentre il sole di mezz’agosto scende dolcemente. La cavatina del Conte d’Almaviva insieme a quella di Isabella ne L’italiana in Algeri, Ah cruda sorte, e all’aria di Sofia Ah donate il caro sposo da Il signor Bruschino. Le cantano Laura Verrecchia e Larisa Stefan.
Allievi, i tre giovani che si affacciano al balcone dal quale Rossini guardava passare i pesaresi, dell’Accademia rossiniana che, giusto trent’anni fa, si è inventato Alberto Zedda. Tassello imprescindibile del mosaico che oggi , attraverso il lavoro del Rof e della Fondazione Rossini che lavora alle edizioni critiche delle partiture, ricostruisce il volto musicale, certo, ma anche umano del compositore. Tenendone viva la memoria non, però, in modo museale. Lo percepisci, quasi verrebbe da dire lo respiri, camminando per le strade di Pesaro dove tutto (anche commercialmente ed economicamente parlando con gadget e prodotti di ogni tipo, dal telo mare alla confezione di pasta alla calamita per il frigo, marchiati #rossini150) parla del musicista.
Il Rossini pera festival, naturalmente, da trentanove anni impegnato nella valorizzazione e nella riscoperta del patrimonio musicale del compositore. L’Accademia rossiniana che scopre e sforna talenti che poi cantano Rossini sui migliori palcoscenici del mondo: nel 1989 l’intuizione di Alberto Zedda che, in uno scritto di qualche anno fa pubblicato ora in un volume celebrativo a cura del Rof, spiegava che l’idea dell’Accademia nacque «per diffondere il verbo rossiniano che gli studiosi della Fondazione venivano applicando agli spettacoli pesaresi contribuendo a diffondere, con lo spirito aperto dei ricercatori, l’immagine che del rossinismo avevano metabolizzato, lungi dalla pretesa che il loro credo dovesse diventare la sola fede praticabile».
Un approccio diventato, però, punto di riferimento imprescindibile. Negli anni l’Accademia ha sformato voci come quelle di Roberto Frontali, Daniela Barcellona, Sonia Prina, Paolo Bordogna, Luca Salsi, Nicola Alaimo, Saimir Pirgu, Maxim Mironov, Olga Peretyatko, Davinia Rodriguez, Marina Rebeka, Enea Scala e Mariangela Sicilia. E se nelle prime edizioni il “saggio finale” era un concerto di canto, dal 2001 i ragazzi sono protagonisti de Il viaggio a Reims che torna puntuale nella regia di Emilio Sagi, appuntamento fisso e richiestissimo del cartellone del Rof.
Di giorno i ragazzi dell’Accademia provano lo spettacolo sul palco del Teatro Rossini, alle 19 si danno il turno sul balcone e la sera spesso sono impegnati nei titoli in cartellone del Rof. E c’è chi torna qualche anno dopo da protagonista. Come Aya Wakizono, allieva nel 2014 e oggi Rosina del Barbiere, spettacolo di punta dell’edizione 2018.
Lo dice anche l’installazione, per dirla con un termine artistico, che a Casa Rossini ricrea la bottega di un barbiere. Al piano terra ci si fa un selfie seduti sulla sedia girevole in legno. In cantina si degustano vini. Ai piani superiori, tra ritratti e caricature del compositore, una piccola mostra permette di vedere gli autografi di due partiture, quella del Ricciardo e Zoraide, in cartellone quest’anno, e quella del Mosé in Egitto, opere scritte nello stesso anno, il 1818, dunque esattamente duecento ani fa, e per lo stesso teatro, il San Carlo di Napoli.
Grande mostra, invece, quella che coinvolge tre città: Pesaro, naturalmente, Urbino e Fano. Rossini 150 in programma sino al 18 novembre è un percorso nella musica e soprattutto nell’epoca di Rossini che vede a Pesaro (ai Musei civici curato dal Conservatorio e da Emanuele Aldrovandi) un’installazione multimediale e interattiva per immergersi nella biografia del musicista, a Urbino (a Palazzo Ducale curato da Vittorio Sgarbi) un focus sul neoclassicismo e nel romanticismo dell’epoca di Rossini attraverso i dipinti del pittore bolognese Pelagio Pelagi e a Fano (al Palazzo Malatestiano curato dalla Fondazione Rossini) un approfondimento sul teatro rossiniano con partiture e guida all’ascolto.
Ultime note ancora nell’aria che arrivano sino a palazzo Mosca dal balcone di Casa Rossini. le persiane si chiudono. Il pubblico applaude e riprende il cammino. Direzione Teatro Rossini. Sulla piazza è già arrivata Adina.
Nelle foto la mosrtra Rossini 150 a Pesaro, Urbino e Fano e Il viaggio a Reims dell’Accademia rossiniana