L’opera di Bellini diretta da Frizza torna dopo 60 anni a Milano Il caldo mette ko i protagonisti Sonya Yoncheva e Piero Pretti
Proposta. Il belcanto solo in inverno. Nei mesi freddi. Bellini e Donizetti in cartellone, allargando un po’ i confini, da ottobre a maggio. Non oltre, però. Proviamo a raccontarla con un mezzo sorriso. Perché il caldo, stando a quello che è capitato durante le prime repliche de Il pirata di Vincenzo Bellini al Teatro alla Scala, sembra essere nemico di un modo di cantare che implica una prestazione fisica non indifferente. Atletica, anche. E, si sa, quando ci sono le ondate di calore gli esperti sconsigliano di fare sport nelle ore più calde della giornata. Per evitare malori. Capitati, invece, sul palco del Piermarini.
Proviamo a metterli in fila. Alla prima il termometro fuori dal teatro segnava 36 gradi. Dentro le luci del palcoscenico, ma anche il clima surriscaldato dall’attesa perché il titolo di Bellini mancava da Milano dal 1958 quando lo cantò Maria Callas. Un grado in meno, eravamo sui 35, alla seconda quando, a metà serata, il sovrintendente Alexander Pereira si è presentato alla ribalta. «Sonya Yoncheva ha un calo di pressione, ma proverà comunque a cantare il secondo atto». Nemmeno il tempo di tornare dietro le quinte e Pereira deve uscire di nuovo. «Come non detto. Non ce la fa». Ecco allora la grande occasione di Roberta Mantegna, già pronta con il costume nero di Imogene dopo essere stata allertata dal teatro mentre era al bar a mangiare un panino. Spettacolo arrivato alla fine con un successo personale della Mantegna, che sarà ancora Imogene il 14 e il 19 luglio. Terza recita. Milano sotto una grandinata inaspettata, con il caldo accumulato durante il giorno che fa evaporare l’acqua e avvolge la città in un clima tropicale. Vittima, dopo il soprano, il tenore. Piero Pretti, però, ce la fa, canta seduto su una delle tante sedie disseminate sul palco mentre dietro le quinte è pronto ad entrare in scena per qualsiasi evenienza Giorgio Misseri, cover di Pretti nell’impervio ruolo di Gualtiero.
Questa la cronaca della navigazione difficile del Pirata, atteso alla prova del palcoscenico dai melomani. Da quelli davvero appassionati perché titolo di raro ascolto, soprattutto nella versione integrale, (quasi) senza tagli, scelta dal direttore d’orchestra Riccardo Frizza. Ma anche da quelli modello “tifosi della curva sud”, nostalgici di voci che non hanno mai ascoltato dal vivo e pronti a fischiare a prescindere. Fischi annunciati da tempo per il ritorno del titolo di Bellini alla Scala. Perché nessuno aveva mai osato riportare in scena uno dei cavalli di battaglia della Callas. Arrivati, puntualmente, alla prima. Non per la Yoncheva, come ci si aspettava. Sono arrivati, ingiustificati, per Frizza, protagonista di una lettura intensa, tutta al servizio della musica e delle voci come vuole questo tipo di repertorio. Ingenerosi per un seppur poco in forma Nicola Alaimo nei panni di Ernesto.
Inutile negare che il peso del confronto era nell’aria. Pereira ha portato avanti la scommessa. Vincendola a metà. Perché se è vero che con gli spettri del passato titoli come Pirata non si ascolterebbero più è anche vero che questo repertorio che è nel dna dell’Italia e della Scala occorre farlo al meglio. Programmandolo solo quando si ha una squadra ideale di interpreti. E quella schierata non sempre lo è parsa. Provando e riprovando. Le imbeccate del suggeritore al coro o i comandi del direttore di scena ai macchinisti avvertiti in sala dicono forse che allo spettacolo occorreva un maggiore rodaggio. Credendoci, forse, un po’ di più. Da parte di tutto il teatro. E costruendoci intorno un progetto solido e di impatto.
Lo spettacolo asettico di Emilio Sagi (coprodotto dalla Scala con il Teatro Real di Madrid e la San Francisco Opera) ha il privilegio di collocare l’azione in una scenografia che è una cassa acustica per le voci (la stanza tutta di specchi l’ha disegnata Daniel Bianco) e di essere semplice e lineare così da lasciare i cantanti concentrati sulla musica. Sconta, però, una certa genericità del racconto tanto che l’ambiente da incubo stralunato alla Tim Burton (coriste e comparse vestite dalla costumista Pepa Ojanguren sembrano cloni di Helena Bonham Carter in Sweeney Todd) potrebbe andare bene per altre decine di titoli lirici.
Peccato perché la partitura di Bellini, pur non dimenticando le radici, è ricca di idee, anche al limite dello sperimentale, che raccontano tutto il melodramma italiano che verrà. Nelle pagine de Il pirata c’è il passato rossiniano, quello di cui Bellini è figlio, ma c’è soprattutto il futuro, il Donizetti delle regine e persino il Verdi più maturo. Frizza dal podio le restituisce bene nel loro essere già e non ancora. Mettendo in evidenza i legami con il passato, senza però fare Bellini “alla maniera di…”, ma sottolineando con una concertazione limpida che già nell’opera datata 1827 c’è tutto il Bellini delle melodie e della drammaturgia musicale dei sentimenti di Norma e Sonnambula.
Tutto in questo Pirata. Che è sì una storia senza tempo e quindi drammaticamente vera in qualsiasi epoca – racconta di una donna maltrattata dal marito e pure dall’amante di un tempo che le rinfaccia di non aver saputo dire no a un matrimonio imposto, inevitabile la pazzia -, ma che per parlare al nostro oggi ha bisogno, accanto al lavoro musicale, di un lavoro registico sui cantanti.
Sonya Yoncheva – gli acuti ci sono, dosati e calibrati, la voce regge nonostante i fiati presi spesso – ha dalla sua un carisma scenico che calamita su di lei l’attenzione. Un carisma capace di far dimenticare anche qualche cedimento tecnico e qualche ammiccamento allo stile Callas. Un carisma che la Mantegna trova tutto nella voce, specie nella scena finale della pazzia di Imogene. Voce che hanno Piero Pretti e Nicola Alaimo. Uno alle prese con un ruolo tra i più impervi per un tenore e quasi sempre vincente sulle difficoltà della scrittura. L’altro che sembra in difesa nell’affrontare una parte non così impossibile e molto più limitata rispetto alla quantità di note che devono cantare Gualtiero e Imogene. Marina De Liso è Adele, Riccardo Fassi Goffredo, Francesco Pittari Itulbo, tutti incisivi nei loro interventi.
Nelle foto Brescia/Amisano Teatro alla Scala Il pirata